"SANDINISTA : THE CLASH SOCIAL FORUM"
Analisi di un capolavoro



1 - ROOTS



L'espressione "Clash Social Forum" è mutuata da Stefano Robecchi ( brillante giornalista di Radio Popolare di Milano) e mi pare essere un modo sintetico ed efficace per affrontare una serie di considerazioni e riflessioni attorno a quello che personalmente ritengo essere il vero capolavoro dei Clash : "Sandinista!"
Il "Clash Social Forum" parte da due culture marginali come la comunità caraibica londinese ed i punk provenienti dalla working class inglese e, mantenendo per entrambe specificità ed identità, le unisce sotto l'egida di comuni obbiettivi e comuni rivendicazioni culturali , sociali e politiche. "Two Sevens Clash", cantava la reggae band Culture nel 1977, "White Riot, I wanna riot , a riot of my own", urlavano i Clash nello stesso periodo.
Esperienze e forze sociali di diversa estrazione che si uniscono e lottano insieme per il raggiungimento di specifici punti di un programma unitario: questo è il social-forum , come nel caso dell'attuale movimento no-global .
Questa unità di intenti fra le due culture sopracitate (peraltro già affrontata da RadioClash in "Punk meets reggae") è il seme dal quale nasce e germoglia in fretta il fiore di "Sandinista!", un lavoro che esce quattro anni dopo (ma normalmente dovrebbero essere quaranta!) il punk rabbioso di "The Clash".

E' chiaro che è lì, a Londra, nella zona Camden-Brixton (dove per esperienza diretta so che il reggae esce dalle finestre dei casermoni a qualsiasi ora) , che troviamo i presupposti della svolta Clash. Una svolta che matura nella testa e nel cuore di Joe, Mick, Paul e Topper.



2 - IL DISCO

In realtà "Sandinista!" va oltre tutte queste considerazioni . Con questo disco i Clash, è proprio il caso di dirlo, hanno rivoluzionato ogni stereotipo musicale, hanno distrutto le regole precostituite con la loro "attitudine" punk (una operazione del genere, ma meno forte e decisa, l'avevano fatta nello stesso anno i Talking Heads con Remain in Light).
"I punk vogliono sicurezza e con noi non la trovano", sentenziavano i nostri.

Come capita qualche volta ai capolavori, un'opera così complessa e radicale ha faticato ad imporsi nella sua pienezza. In England venne attaccata dalla critica in modo quasi unanime, negli States andò meglio.
Chi scrive era rimasto completamente spiazzato (errori di gioventù) dal funk in direzione rap di "The Magnificent Seven". Un bel testo d'accordo…ma i Clash in discoteca proprio no, questo no. Il punk vero era quello degli anarchici duri e puri Crass, non la musica dei Clash. Le mie "convinzioni" cominciarono a vacillare seriamente quando vidi i Clash dal vivo al Vigorelli di Milano (1981), per poi svanire completamente l'anno dopo.
Non avevo capito, non ero riuscito a cogliere l'attimo che invece i Clash avevano naturalmente colto. Successivamente sono riuscito a far convivere nei miei ascolti gruppi punk come Exploited, Gbh e Discharge insieme ai Clash di "Sandinista". Altra lezione imparata.

Il triplo "Sandinista" sfrutta perfettamente una vena compositiva che era in quel momento inesauribile, aprendosi al mondo. Non solo a quello musicale, ma anche a quello sociale e politico. La sua musica suona totale, un sound cosmopolita, madre di tutte le "patchanka" di questo mondo. Un disco seminale, ancora attualissimo, ad oltre 20 anni dalla sua uscita. Un lavoro pieno di spunti, di creatività, dal quale attingere a piene mani (moltissimi gruppi hanno attinto copiosamente da "Sandinista!" alcuni di questi li ritroverete nella pagina "Contaminazioni")
Non sappiamo se i Clash, in quel momento di esplosione creativa, si siano resi conto della grandezza del loro progetto. Ma noi oggi possiamo tranquillamente affermare che "Sandinista !" rientra a pieno titolo fra gli album fondamentali della musica rock. Un disco imperdibile, terzomondista e multiculturale , da ascoltare e riascoltare, che ha aperto un vero e proprio "canale" nella comunicazione musicale attraverso l'attrazione al rock dei bianchi di tutta la black music (soul, funk, reggae, dub, jazz) e di altri generi sicuramente non convenzionali come il valzer.
Una totale libertà espressiva sparata in faccia alla multinazionale Cbs, un triplo imposto ad un prezzo di poco superiore ad un album singolo.

Trentasei brani per suonare di tutto : l'impatto rap della già citata "The Magnificent Seven", gli accattivanti cori femminili di "Hitsville Uk", il superdub di "Junco Partner" (suonata anche dai 101'ers nel 1976), il funk di "Ivan Meets G.I. Joe", il classico rock'n'roll (tanto gradito a Strummer) di "The Leader", la splendida ed amaramente dolce "Something about England", il valzer (anche se ribelle) di "Rebel Waltz", lo swing brillante di "Look Here", ed una serie di reggae e dub imponenti come "The Crooked Beat", "One More Time" (fantastica), "One More Dub". Ormai l'acquisizione dei fondamenti della musica reggae era completata, anche grazie a Mickey Dread, dj giamaicano, produttore, tecnico di studio, musicista, che aveva consentito ai Clash di acquisire musicalmente un'anima reggae.
I "vecchi" Clash si riaffacciano attraverso il rock grintoso di "Somebody Got Murdered", e poi in "Up in Heaven", ma è un attimo. Riprende la corsa con il rap violento di "Lightning Strikes", segue la bellissima e profondamente nera "Corner Soul", poi la festa antillana di "Let's Go Crazy", ed ancora il capolavoro nel capolavoro "If Music Could Talk" (firmato da Dread), dub elegante e magnificamente suonato, di nuovo tradizione nera (un gospel) in "The Sound of Sinners". La quarta facciata si apre con la grintosa e veramente bella "Police on My Back" (di Eddie Grant), segue il rockabilly di "Midnight Log", poi vengono piazzati tre pezzi fantastici : "The Equaliser" - "The Call Up" - "Washington Bullets" dove reggae, dub, ritmi caraibici vengono eseguiti dai Clash con grande personalità. Il jazz-soul di "Broadway"chiude la facciata, ma prima che il brano finisca ecco una versione di "The Guns of Brixton" cantata da una bambina, la figlia di Mickey Gallagher, tastierista e membro dei Blockheads di Ian Dury.
Il violino di Tymon Dogg ci invita all'ascolto di "Lose This Skin" (da lui scritta) seguita dal masterpiece "Charlie Don't Surf ", poi il primo pezzo strumentale dei Clash, "Mensforth Hill", a seguire la volutamente stralunata "Junkie Slip" (dove si affronta il tema della droga), ed ancora l'ottimo dub di "Kingston Advice", la sognante "The Street Parade", l'elegante funky-pop di "Version City" , il dub accattivante di "Living in Fame"(cantata da Dread) , i caraibi con effetti elettronici di "Silicone on Sapphire"(riprende il tema di Washington Bullets), ancora puro dub in "Version Pardner" con la voce di Strummer in gran forma, la versione "ballata" di "Career Opportunities" e per finire il dolcissimo dub di "Shepherds Delight" che chiude un lavoro veramente magnifico. Perfetto.


3 - IF MUSIC COULD TALK

"Se la musica potesse parlare"…dicevano i Clash.
Il tentativo di andare oltre i "suoni" generati dalla musica, facendo diventare la musica stessa "parola" e veicolo di comunicazione diretta. Un tentativo di elevare il rock a qualche cosa di più, molto di più, di un momento di occupazione del tempo libero.
Con "Sandinista" il rock si erge veramente a fenomeno di "Cultura" con la C maiuscola. Un rock legato indissolubilmente alla società con i suoi risvolti politici. Non tutti sono d'accordo con questa visione del ruolo della musica rock all'interno della società, anzi.
Ma questo è stato uno dei principali obbiettivi dei Clash, che personalmente condivido pienamente.
I Clash hanno sposato la causa Sandinista in Nicaragua in modo militante e fattivo (inviando soldi ), ed hanno stretto alleanze con i giamaicani loro vicini di ghetto. Scelte precise ed importanti che hanno sfatato l'immagine autolesionista del punk-rock, nel quale i Clash avevano svolto un ruolo costruttivo e propositivo. Ma la parola, quella dei testi, riveste comunque un ruolo fondamentale in "Sandinista".
Al suo interno troviamo molte delle cose più belle scritte da Joe Strummer. L'attacco ad America-Russia-Cina è totale in "Washington Bullets", la critica allo stile di vita occidentale è puntuale in "The Magnificent Seven", il grido alto di "The Call Up" contro la coscrizione dei giovani russi in partenza per l'Afghanistan, la condanna della vita senza speranza del ghetto in "One More Time", il disastro e la disgregazione sociale inglese descritto in "Up in Heaven", la condanna di un sistema culturale ed economico imposto in "The Equaliser".
Non mi dilungherò oltre nell'esame degli scritti di "Sandinista!".
La cosa migliore da fare per apprezzare la profondità e la bellezza di questi testi, è quella di leggerli nella pagina "I Testi."




4 - LA MUSICA ROCK? ROBA DA ADOLESCENTI

Se la musica, come dicevano i Clash, deve poter andare "oltre", vengono spontanee alcune considerazioni "locali" su questo tema.
In Italia si pensa sempre che interessarsi di musica rock sia roba da ragazzini, di mode e di dischi comprati e venduti. Non c'è da stupirsi. In Italia il rock (e la musica in genere) non viene neppure considerato cultura (l'iva sui dischi è infatti pari al 20% e non al 4% come i per prodotti "culturali" come i libri), nessun governo ha mai affrontato seriamente la questione, attraverso riforme, agevolazioni ed incentivi, campagne di marketing.
Nonostante tutto, dal basso, qualcosa si è mosso (penso al fenomeno delle "Posse").
Sono nati artisti che sono intellettuali raffinati ed innovativi.
Produttori per l'appunto di musica e cultura. E quando si parla di cultura e di modo di agire e pensare che investe la tua vita, non c'è carta d'identità che tenga.
E non c'è niente di inutile o ridicolo nel considerare la musica parte importante della nostra esistenza, sia 15 che a 85 anni.
Joe Strummer amava ripetere : "I Clash sono stati una voce forte. Se hanno cambiato la vita di una sola persona hanno raggiunto il loro scopo" C'è qualcuno di voi che si sente toccato direttamente da queste parole?
Io credo che i Clash abbiano realmente raggiunto il loro scopo.
Oggi Joe ribadisce "La mia carriera ancora non è finita : ha soltanto preso altri sentieri, un altro ritmo".
Ha ragione lui. Abbiamo ragione noi.
Lasciate che la musica accompagni sempre la vostra vita. Stay Free.

Mauro Zaccuri