Mauro
mi aveva chiesto di scrivere qualcosa su zio Joe, avevo risposto che lo
avrei fatto, ma non ci riuscivo, come non riuscivo a rimettere quei dischi
nel piatto, quei cd nel lettore. Poi ho letto lo scritto di Marino: con
lui e Sandro qualche settimana fa ci siamo trovati in provincia di Reggio
Emilia a parlare di De André e, naturalmente, di Strummer, quasi
fosse inevitabile arruolare Fabrizio alla ricerca di una white riot e
Joe sulla cattiva strada, perché c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada.
Poi ho letto lo scritto di Marino, dicevo, e mi sono messo a scrivere
di corsa, non so bene neanche cosa, non l'ho riletto, scusatemi, se mai
mi leggerete. Ma è vero che piazza Maggiore ha cambiato la mia
vita, quella dei Gang, quella dei combat rockers che nonostante tutto
resistono ancora perché quando il gioco si fa duro...
Poi ho letto Marino e ho cominciato a ballare un pogo interiore e ho rimesso
su il vinile dei Clash, volevo sentirlo graffiato dove sapevo, dove l'avevo
consumato trasmettendolo nelle radio carbonare, missandolo per le sbarbine
in calore di quelle ormai mitiche cantine travestite da discoteche rock.
Ho letto e ho scritto, ho cantato quasi doppiando quella voce che sapeva
di ruggine e di vita, che confessava di aver vissuto, e lottato, e perduto,
e ricominciato a vivere, a lottare.. I fought the law, law won.
Ho letto Marino e mi sono accorto che nello scrivere il "coccodrillo"
di zio Joe m'ero chiesto come avrei fatto a spiegare a mio figlio Marcos,
subcomandante della selva partenopea, perché mi sentivo così
a terra quel giorno. Perché quello non era un "coccodrillo",
le lacrime da professionista versate al desk del mio giornale, ma un pezzo
della mia vita che se ne andava, un bel pezzo, dal 100 Club a quella visita
del mohicano Strummer al Museo archeologico di Napoli: girava in scooter,
aveva scelto degli scugnizzi per guida, voleva capire quella città
così ribelle, così anarchica. Li aveva scelti sulla cattiva
strada, perché c'è amore un po' per tutti e un po' tutti
hanno un amore sulla cattiva strada. E perché sulla cattiva strada
nessuno ti condanna se cerchi ancora una white riot, se urli: non nel
mio nome, se trovi Janie Jones più eccitante delle Veline al silicone,
se piangi perché un fottutissimo punk rocker se n'è andato
presto, troppo presto.
Marino ha sorriso a Clara, due anni, due mesi e quattordici giorni, io
ho preso Marcos, che aveva quattro anni nel Duemila e ho urlato: this
is radio clash. Poi ho ballato con lui, ricordando quella scritta apparsa
su un muro di Napoli: "Hasta la victoria siempre, ma pure nu pareggio
è dignitoso".
Stay tuned, radio clash suona ancora yahaha
* Federico Vacalebre è giornalista del Mattino ed autore del libro
"Clash" (Gamma Libri - 1983)
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