JOE STRUMMER 21/8/1952 - 22/12/2002 "Walking it like he talked it" |
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Il
ricordo di Manu Chao
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"Il
mio primo incontro con Joe Strummer è avvenuto nel sogno di una donna
giapponese. Lo so che sembra incredibile, ma è una storia vera. Tutto
ebbe inizio ai tempi della Mano Negra, quando la Virgin mandò il
nostro materiale a tutte le sue filiali del mondo e dal Giappone risposero
che era difficile, quasi impossibile, pensare di pubblicare il disco di
un gruppo francese. Ma chiesero ugualmente di essere invitati a vederci
suonare dal vivo. Così una sera, a Orléans, alla fine del
nostro concerto si presentò una donna simpatica e distinta: Miko,
presidente della Virgin giapponese, che ci fece i complimenti per lo show,
rimanendo per un po' a parlare con noi. "Qualche tempo dopo, l'album della Mano Negra venne effettivamente pubblicato in Giappone e ci venne offerta la possibilità di andare a fare qualche concerto laggiù. Un autentico evento per noi, che a Tokyo incontrammo di nuovo Miko. Una sera uscimmo a cena con lei e le chiedemmo cosa ci fosse dietro il nostro piccolo e inaspettato successo nel suo paese.Lei rispose che aveva lavorato notte e giorno per riuscire a ottenere quel risultato e quando la interrogammo su quale fosse il motivo di tanto entusiasmo sai cosa ci disse? Quella notte a Orléans, dopo il nostro concerto, le era apparso in sogno Joe Strummer raccomandandole di fare tutto ciò che poteva per noi, perché pensava che fossimo un gran bel gruppo... Una storia incredibile, come del resto tutta la vicenda di Miko, che era stata una grandissima fan dei Clash, al punto di seguirli ovunque, dopo averli visti la prima volta in concerto in Giappone. Abbandonò il suo paese e si trasferì in Inghilterra, andando in tour con loro in tutto il mondo, ma soprattutto diventò amica di Strummer. Quando la band si sciolse, anni dopo, lei fece un'altra scelta radicale di vita e tornò a casa. I giapponesi sono fatti così: a noi possono sembrare drammatiche queste decisioni di cambiare vita con tanta determinazione, ma per loro è naturale. Insomma, Miko iniziò a lavorare nella discografia, fino a diventare presidente della Virgin giapponese. Il resto è la storia che ti ho raccontato, con il nostro disco che arriva dalla Francia, il viaggio a Orléans per vederci suonare, Strummer che le appare in sogno quella stessa notte. Per noi, gia entusiasti di tutto quello che aveva fatto, sapere che fosse 'in missione per conto di Joe' fu una cosa speciale e preziosa. "Credo che i Clash siano stati fondamentali per la musica di questi ultimi vent'anni, hanno avuto un'influenza enorme sulla Mano Negra. Soprattutto per il loro modo di concepire la musica e nel modo di rapportarsi al business, senza sputtanarsi. La mia carriera musicale in fondo non è poi così distante dalla loro storia: i Clash firmarono e lavorarono per una multinazionale, ma riuscirono a continuare a meritarsi il rispetto della gente per le loro scelte: hanno dimostrato che è possibile per una band, ottenere un grande successo e mantenere la propria integrità. Poi la loro era un'alchimia speciale: Jones e Strummer erano così diversi eppure insieme riuscirono a fare grandi cose. In qualche modo si può dire lo stesso della Mano Negra: c'erano molte differenze tra noi, ma l'alchimia c'era e funzionava. Quando le cose stanno così scatta qualcosa di speciale che però non può andare avanti in eterno, sono i cicli della vita. Valgono per i Clash come per la Mano Negra, nelle coppie oppure tra amici. Quando è finita, è finita. Ma i Clash sono stati davvero una rivelazione quando li vidi suonare per la prima volta, credo fosse il 1980 e posso dire che Strummer è stato il mio maestro. Ricordo ancora la prima volta in cui mi capitò di incontrarlo di persona, al Festival di Nancy: erano i primi tempi della Mano Negra e ci fu offerta la possibilità di aprire il concerto di una delle ultime formazioni con cui giravano i Clash. Un'emozione speciale per noi: fin dal nostro arrivo, nel pomeriggio, ci guardavamo intorno continuamente sperando di incontrare Strummer. Durante le prove, mi sono girato e l'ho visto: Joe era salito sul palco e si era messo a suonare le percussioni insieme a Garbancito! Finito il sound check iniziammo a fargli mille domande, ricordo ancora la gentilezza con cui rispondeva a tutti. Gli chiedemmo di cantare con noi I Fought the Law, che a quel tempo era un pezzo forte del nostro repertorio, ma ci spiegò che non gli piaceva salire sul palco prima del suo concerto. Insomma quando toccò a noi fu un grande show, ma alla fine la nostra preoccupazione era soprattutto quella di trovare un posto per vedere da vicino Joe e gli altri in azione. Manco il tempo di uscire dal camerino e il loro manager ci fermò, dicendoci che non avremmo potuto stare nè sopra, nè dietro al palco. Non ci fu nemmeno il tempo per incazzarci: il concerto stava per iniziare e ci precipitammo a vederlo in mezzo al pubblico. Ma dopo un po', quando Strummer cominciò I Fought the Law fu come se ci avessero dato un segnale: Daniel, il trombonista della Mano Negra e io ci lanciammo verso il palco e riuscimmo a salire. Non ci pensai due volte, presi il microfono e iniziai a cantare, ma dopo poche decine di secondi arrivarono quelli della security a sbatterci giù. Senza tanti complimenti. Alla fine della serata ci ritrovammo nel nostro camerino a scambiarci impressioni e commenti, quando all'improvviso si presentò Strummer, che voleva complimentarsi per la nostra esibizione e scusarsi per l'intervento del servizio d'ordine. Qualcuno di noi gli rispose con una battuta: Dear Joe, tonite we fought the law, and the law was...you!. Lui ci fissò per un momento, poi iniziò a sbattere platealmente la testa contro la porta del camerino e ridendo ci disse: 'Ok ragazzi, avete ragione, per scusarmi ancora vi chiedo di aprire anche il nostro concerto di domani, a Parigi'. Non ci volevamo credere: avremmo suonato prima dei Clash all'Elisèe Montmartre.Davanti alla nostra gente! Quella fu una serata indimenticabile: Strummer ci dedicò I Fought the Law, questa volta invitandoci sul palco e senza security. Da allora c'è sempre stata una relazione speciale con lui. Ogni volta che suonavamo a Londra arrivava qualcuno a portarci i saluti di Joe, perfino Mick Jones si mostrò gentile con noi, forse per effetto di quella predilezione nei nostri confronti dimostrata da Strummer. L'ultima volta che ho incontrato Joe è stato nell'estate del 2002 al Fuji Rock, il festival più importante del Giappone. Lui era lì, ma non suonava: campeggiava insieme a un gruppo di ragazzi inglesi. Stavano nelle tende in un angolo del parco, vicino al fiume da dove prendevano l'acqua perché bagni a disposizione non ne avevano. Una cosa tosta, all'inglese insomma. E pensare che uno come Strummer avrebbe potuto starsene al bar di qualche hotel sorseggiando un Martini. Invece no, aveva questo progetto di gestione dello spazio ecologico all'interno del campeggio, dove organizzava feste e spettacoli ogni notte, appena finivano i concerti sui palchi principali. Così, scesi dal palco con gli altri di Radio Bemba siamo andati lì a bere e a suonare: alla nostra maniera, B-Roy e Madjid in prima fila, come al solito. Si stava bene e abbiamo praticamente trascorso il resto di quella notte in quel posto. E' stata l'occasione per scoprire altre somiglianze tra me e Strummer: c'era molta gente in quello spettacolo sgangherato: giocolieri, mangiafuoco, anche dei tipi che si esibivano sulle moto. Una specie di circo, insomma. Potevi vedere la soddisfazione di Joe nei suoi occhi attenti a verificare che tutto funzionasse: sceglieva la musica, andava in giro a seguire ogni cosa, era evidente la passione con cui stava dietro le quinte, lasciando che gli altri fossero protagonisti. Questa storia lo coinvolgeva tantissimo, al punto che non aveva avuto il tempo di venire a vedere il nostro concerto. Vedi, quel campeggio era una storia super-indipendente, ma il fatto che lui fosse lì a dedicare tempo ed energie per far star bene gli altri mi ha mostrato un altro aspetto del suo personaggio. L'ho amato e apprezzato ancora di più, se possibile. Quando ero un adolescente Strummer mi ha dato la voce per cantare ed è stato un modello importante per iniziare a far musica. Quella notte al Fuji Rock ho pensato che anch'io un giorno mi potrò dedicare a qualcosa del genere, quando magari non andrò più in giro a suonare su un palco. E ancora una volta, ho imparato qualcosa da lui... Grazie Joe."
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