"Joe Strummer : The Future is Unwritten"
Torino Film Festival, Novembre 2007
Articolo di Alessandro Zangarini

“THE FUTURE IS UNWRITTEN”
BY JULIAN TEMPLE
(Quel rissoso, irascibile, carissimo… Joe Strummer)

Assisto alla proiezione del film nell’ultimo giorno del Festival del Cinema di Torino e lo faccio quasi come se andassi a trovare un vecchio amico che non vedo da qualche tempo.
Il “buco nel cuore” che ci ha lasciato il buon Joe (la citazione arriva da Paul Simonon) è per me molto vivo, pur a distanza di cinque anni esatti dalla sua scomparsa.
Come spiegare? Mi manca proprio una parte della mia stessa vita, una fase di evoluzione personale che realmente mi aveva fatto svoltare verso un mondo diverso, più di nicchia se vogliamo, ma più consapevole e sensato.
Ancora oggi, vedendo per esempio foto inedite di Joe, ho un sussulto emotivo per via delle sue espressioni, il suo (non) stile, lo sguardo profondo e ironico, in sintesi il suo essere Joe Strummer.

Per questo ed altri motivi voglio vedere come viene ritratto il cantante dei Clash dal regista di “The great r’n’roll Swindle”.
Per cominciare Joe non viene posto su un piedistallo bensì ritratto con tutti i suoi bravi difetti dalle persone che più lo amano, tanto da non far apparire il tutto come mera celebrazione. Temple è bravissimo ad assemblare gioie e dolori, successo e cadute nella polvere, qualità e punti deboli; tutto ciò è racchiuso nei cinquant’anni di vita dello Strimpellatore, tutti passati con il piede sempre pigiato sull’acceleratore, se mi passate la metafora.
Le immagini dell’infanzia sono tenerissime ed è curioso vedere John Mellor da bambino, con “quelle” orecchie a punta e “quello” sguardo già presente.
Gli amici di sempre, da Don Letts a Topper, lo ricordano con estrema delicatezza e affetto, anche quando - come già detto – gli danno addosso per certi suoi aspetti indubbiamente criticabili, lasciandoci intendere che, comunque, si parla di una grande persona.
Le situazioni di vita sono le più disparate, ma tutte ricollegabili ad una verità di fondo: uno dei padri del punk inglese è stato sostanzialmente un hippy!!!!
Il suo approccio alle cose è stato sempre “free”, proprio come il periodo dei figli dei fiori, epoca comunque da lui esplorata e vissuta in prima persona.
Poco importa se a partire dal suo ingresso nei Clash, ha per un po’ rinnegato il suo passato e fatto finta di non conoscere le persone che frequentava con i 101’ers.
Inoltre con “1977” sputa metaforicamente su Elvis, Beatles e Stones… Figuriamoci, il cibo di cui si è sempre nutrito!

La figura è questa, spesso controversa, volubile, testarda, collerica… beh certo, anche meravigliosa nel suo insieme.
Mi commuovo in modo particolare quando si vede una fan giapponese che lo abbraccia (il periodo è dei Mescaleros) e lo stringe forte a sé, poi si stacca e lo guarda, quasi a dire “ma sei proprio tu??!!” e lo riabbraccia di nuovo.
Quando ho avuto occasione di incontrarlo lo avrei fatto anche io ma avevo paura mi dicesse “Fuck off, fuckin’ cunt!”, frase che avrei comunque apprezzato, detta da lui!!!
A Julian Temple dico grazie. Ha fatto qualcosa di importante per i giovanissimi che non hanno avuto modo di vivere Joe e i Clash e nel contempo ha fatto qualcosa di importante per noi più vecchi, fortunatissimi per averlo potuto apprezzare in vita.
Il film si chiude con una riflessione profonda, sensibile, strummeriana, dove Joe conclude così: “senza la gente noi non siamo nulla”.
Si accendono le luci, mi asciugo gli occhi, vado a casa. Alla prossima, Joe.


Torino, 23 dicembre 2007
Alessandro Zangarini