GANG - "LE RADICI E LE ALI DEL ROCK ITALIANO"
Nel 1991 esce il fondamentale "Le Radici e le Ali".
I Gang mettono il loro marchio sul nuovo rock della penisola.



Dai Clash a De Andrè : riflessioni su "Le Radici e le Ali" il "London Calling" dei Gang.

Ingratitudine. Forse questo è il miglior termine per definire il mancato successo "popolare" che i Gang avrebbero meritato. Certamente i Gang hanno venduto abbastanza bene con alcuni loro album, hanno conquistato un pubblico fedele che li segue con una passione che si tributa solo ai gruppi che bucano il cuore, ma siamo lontani dall'auspicata "visibilità nazionale" che i fratelli Severini avrebbero dovuto conquistare grazie all'importanza della loro musica, dei loro testi, del loro essere fondamentali "apripista".
Probabilmente la cosa non farà loro perdere il sonno, ma certo l'amarezza nel verificare quanta superficialità, cecità e pochezza esistano nel mercato discografico italiano deve aver lasciato il segno. Anche se, a dire il vero, sia in concerto che con l'ultimo "Controverso" la band marchigiana ha dimostrato di essere tornata in buona forma.


Con "Le Radici e le Ali" i Gang impressero una svolta veramente determinante al rock italiano. Allontanate le pesanti influenze Clash dei primi due album (Tribe's Union 1984 - Barricada Rumble Beat 1987 ) che conserviamo comunque nel cuore, già da "Reds" del 1989 si intravedono cambiamenti significativi. Dal punto di vista compositivo fanno capolino, mantenendo nei contenuti la stessa rabbia e la stessa tensione sociale dei lavori precedenti, il folk, le ballate rock ed il r'n'b.
Nel 1991 esce per l'appunto "Le Radici e le Ali" (Cgd) e , per la prima volta nella storia dei Gang, si canta in italiano e per di più con testi politicizzati e taglienti. Un passaggio fondamentale insieme alla riscoperta della musica popolare, quella della migliore tradizione nazionale , un'esigenza ormai non più prorogabile per i Severini, entrati in contatto stretto con la realtà sociale italiana, con la gente (università, centri sociali) che esigeva un cambiamento espressivo radicale.

Ed a questo punto permettetemi un ragionamento che tende a legare le esperienze delle due band sopracitate: i Gang pur essendosi allontanati dall'immagine di cloni italiani dei Clash ne hanno in fondo seguito l'evoluzione artistica. I Clash , abbandonato il punk, con "London Calling"(1980) si avvicinarono alla radice del rock'n'roll e si lasciarono contaminare dalla musica giamaicana che "sentivano" nella pelle grazie alla presenza nel Regno Unito di una forte comunità caraibica. I Gang invece si diressero con "Le Radici e le Ali" (1991) verso la migliore tradizione della musica d'autore italiana, impegnata socialmente e contaminata dal folk e dalla musica popolare. Riscoperta delle radici da una parte e dall'altra. Fondamentali entrambi i gruppi, ovviamente con le rispettive valenze artistiche e di penetrazione commerciale.

Dal disco dei marchigiani , al quale parteciparono artisti e personaggi di grande livello come : Antonio Salis (fisarmonica) - Mauro Pagani - Massimo Bubola - David Riondino (testi) , uscirono pezzi veramente importanti come : "Socialdemocrazia" (un vero anthem italiano) , "Bandito senza Tempo", "Johnny lo zingaro", "La lotta continua", "Le Radici e le Ali", "Ombre Rosse" e "Oltre" suonata insieme ad una intera banda.


Nel solco tracciato da "Le Radici e le Ali", cioè da quella espressione artistica che unisce testi impegnati a musica della tradizione italiana rivisitata con l'attitudine punk-new wave anni 80, sono cresciuti gruppi che sono ancora oggi ai massimi livelli in Italia : Modena City Ramblers, Mau Mau , Yo Yo Mundi . Questi gruppi devono molto ai Gang. Alla loro capacità di andare oltre, di saltare il fossato, di rischiare. I Gang aprirono letteralmente un'altra via al rock italiano : quella (da noi amata) del combat rock , che si staccava dalla linea Litfiba ( e Diaframma prima). Per questo non smetteremo mai di tessere le lodi dei fratelli Severini e dei musicisti che con loro hanno suonato nel corso degli anni. Per questo non smetteremo mai di seguire il loro percorso artistico, i loro concerti (prossimo appuntamento per ciò che ci riguarda a Rho (MI) il 15 settembre), le loro iniziative (Rock contro Berlusconi).
Bravi musicisti e grandi persone , i Gang saranno forse in credito con la fortuna, ma pensiamo di poter dire con tranquillità che sono assolutamente a posto con la loro coscienza.
Andate a cercare "Le Radici e Le Ali" nel vostro negozio di dischi (magari lo trovate in "special price"), farete un bel regalo a voi stessi e, contemporaneamente, ad una grande band.

Mauro Zaccuri


Sul Web :

http://www.thegang.tv
http://www.the-gang.it


Seguono due recensioni dell'epoca (1991) relative a "Le Radici e le Ali": la prima a cura del sempre illuminante Alberto Campo tratta da Rockerilla. La seconda di Max Stefani dal Mucchio Selvaggio.

"Le Radici e Le Ali" - di A.Campo - Rockerilla - Maggio 1991

E' ancora il tempo della "musica ribelle"? Ce lo domandiamo ripensando alla versione della celebre canzone fornita dai Gang nell'antologia "Union" e notando come sovente, nei solchi de "Le radici e le ali", la voce di Marino "Red" Severini riecheggi il timbro di quella del cantautore milanese. "La musica ribelle che ti entra nelle ossa e ti vibra nella pelle"…souvenir d'altri tempi : il Movimento in piazza, le radio libere, i raduni in cui si conciliavano musica e politica. Non c'è dubbio : lo scenario è cambiato. E dunque c'è ancora posto per una "musica ribelle"? E in caso affermativo, qual' è ? Come deve essere questa musica? Provano a rispondere al quesito i Gang, combat rockers per antonomasia della scena nazionale, che prossimi ai festeggiamenti per il decennale d'attività hanno preso la decisione più difficile eppure auspicabile : cantare in italiano.

Rassicurati da un contorno d'ospiti di tutto riguardo (Massimo Bubola e Davide Riondino per i testi , Mauro Pagani e Antonello Salis per le musiche, tra gli altri), hanno realizzato l'album di gran lunga più importante e ambizioso della propria carriera, addirittura tale da non poter essere paragonato ai precedenti. Quest'ultima considerazione vale in modo relativo per l'aspetto squisitamente musicale, poiché ritroviamo qui il tema conduttore accennato in Barricada Rumble Beat" e sviluppato in "Reds", ossia la contaminazione del rock'n'roll con umori di musiche popolari d'assortita estrazione. Il nocciolo della questione, ovviamente, concerne il grado di comunicazione, non certo lo stile : il fatto di "cantarla all'italiana" lo accresce in misura esponenziale e finisce per mutare la natura stessa delle musiche (da rielaborazione, per quanto originale, di modelli d'importazione a creazione di un possibile prototipo di rock italiano diverso da quello di Litfiba e CCPP, unici precedenti esempi autenticamente significativi in materia).

Ciò naturalmente non può non enfatizzare la dichiarata identità politica del gruppo marchigiano : "Le Radici e le Ali" non dà adito ad equivoci, i titoli di alcune sue canzoni ("Socialdemocrazia", "La Lotta Continua", "Ombre Rosse") parlano da soli. Slancio internazionale ("Chico Mendez", "Sud"), ammirazione per gli outsiders ("Bandito senza Tempo", "Johnny lo zingaro") ed esortazione alla lotta ("Oltre", "Socialdemocrazia" ed evidentemente "La lotta continua") costituiscono la salda ossatura "filosofica" del disco. Non è tutto oro ciò che luccica, peraltro : cantare in italiano impedisce di mascherare le proprie debolezze. Così, a volte, il linguaggio scivola nella retorica e la musica lo segue per inerzia (ennesima citazione per "La lotta continua"), ma va bene così : preferiamo sempre e comunque chi eccede rischiando a chi invece sta prudentemente acquattato. Certo è piuttosto in alcuni brani ("Oltre" con la sua fanfara felliniana , il latineggiante rock di "Ombre Rosse", lo spedito andamento folk di "Chicco il dinosauro") che s'intuisce quanto sia promettente il futuro spalancatosi ora dinnanzi ai Gang. La metamorfosi è compiuta, anche se "Le Radici e le Ali" porta ancora impressi su di sé i segni profondi della transizione: ciò che conta è che, grazie a loro, il rock italiano è adesso più forte.


"Le Radici e Le Ali" - di Max Stefani - Mucchio Selvaggio - Aprile 1991

Può anche darsi che questo disco venderà diecimila copie e che qualcuno, magari gli stessi fratelli Severini, si riterrà soddisfatto. Non vendono dopotutto trentamila copie i grandi come Neil Young o Bob Dylan ? Io non lo sarei, però, perché "Le Radici e le Ali" è un disco per chi ancora non si arrende, per chi ha ancora il fegato d'incazzarsi e di lottare contro la stupidità dilagante, contro Sanremo, contro il rampantismo socialista. E diecimila copie allora mi sembrano poche o è tutta qui la truppa degli irriducibili ? Non comprare questo disco vuol dire aver rinunciato al proprio spirito, vuol dire tradire questi due ragazzi che da un paesino delle Marche ci buttano in faccia i nostri peccati ed i nostri scheletri ben nascosti nell'armadio di famiglia.

"Le Radici e le Ali" è uno dei dischi più belli che ho ascoltato negli ultimi anni, il fatto che venga da un gruppo italiano non può che rendermi orgoglioso anche se non ho mai fatto professione di nazionalismo sfegatato. E' un disco difficile, estremamente politicizzato che rende merito alla band per averlo fatto ed alla CGD che gliel'ha lasciato fare in completa libertà. E' anche un punto di arrivo e di partenza per i Gang che giungono al canto in italiano dopo essere caduti in un cul de sac che non lasciava speranze. Gruppo culto, amato da tutti i rockisti italiani, capaci di dischi coraggiosi e di canzoni ormai evergreen del rock italiano, doveva compiere questo passo decisivo per la sua evoluzione e per la sua sopravvivenza. L'italiano li rende estremamente più violenti e diretti. Qui non ci sono mezze misure. Non si può non partecipare ai loro testi e c'è da scommettere che canzoni come "Lotta Continua" o "Socialdemocrazia" verranno canticchiate a qualsiasi manifestazione di protesta.

E' certo che, per fare riferimento ad un recente dibattito su queste pagine, chi vota DC avrà notevoli difficoltà nell'ascoltarli. Lasciato perdere Paul Roland e scelto un produttore italiano (Oderso Rubini), i Gang hanno arricchito la loro base rock di citazioni della musica popolare italiana e di voci che fungono da legame fra i vari momenti del disco. A mio parere ci sono quattro brani bellissimi. "Bandito senza Tempo" è una ballata che ci sembra di conoscere da sempre. Antonello Ricci suona la chitarra battente ed il flauto. Savino Lattanzio la slide. La "Lotta Continua" inizia con il grido Ecce Bombo del film di Nanni Moretti ed è veramente dedicata a chi ancora non si arrende. Probabile che sarà uno dei motivi che più avrà successo nei concerti dal vivo. "Le Radici e le Ali" è introdotta dalle voci di Che Guevara, Mandela e Arafat. E' una ballata rivoluzionaria scritta insieme a David Riondino. C'è una atmosfera equadorena per via di un flauto suonato dal musicista cileno Fernando Riyuelme. "Sud", con la voce iniziale di Curcio, è un pezzo messicaneggiante che se lo sentisse Buster Poindexter lo inserirebbe subito nel suo repertorio (magari con dei testi più leggerini). Bellissime le parole "noi le spalle contro il muro, traditi da promesse di libertà, noi occhi pieni di futuro, sui marciapiedi di questa città". A questi quattro brani bisogna aggiungere "Socialdemocrazia" (un riff che ti ritrovi a cantarlo nel bagno come un fesso qualsiasi), "Chico Mendes" (anche qui Riondino su un omelia del gesuita Padre Turoldo), Johnny lo zingaro (su un ritmo reggae in levare, il violino di Mauro Pagani e l'atmosfera di De Andrè), "Chicco il Dinosauro" (un motivetto veloce da festa paesana con Andrea Mei alla fisarmonica ed il violino/banjo di Savino)…Un gradino più sotto "Oltre" (una specie di Polka), "Ombre Rosse" (con la voce iniziale di Nanni Ballestrini) e "Che Dare".

Come avrete capito "Le Radici e le Ali" è un viaggio nel Sud del mondo, nelle difficoltà di esserne parte. E' un disco rock come pochi se ne sono visti da queste parti. La coscienza mi impone di vedere anche i difetti. Sono lievi. Forse un po' troppo riverbero ed un suono leggermente impastato. Un Greg Calbi o un Tom Pannunzio avrebbero tirato fuori un suono più secco e tagliente, ma in Italia non abbiamo produttori e fonici abituati al rock. Grande disco ! Qui ci sono Magnum Les Paul che sparano canzoni che fanno male.
Grazie di esistere !