L'anno
precedente, a Bologna, in occasione del concerto gratuito che i Clash avevano
tenuto in piazza Maggiore, forse uno dei più intensi a cui abbia
assistito nella doppia veste di spettatore e critico, parlare con loro non
era stato possibile, quindi l'anno scorso, allo stadio comunale di Firenze,
attendere per parlare, sentire cosa pensano di quel mondo che così
bene interpretano nei loro pezzi, era giocoforza. L'attesa, consumata tra
rasciugare il copioso sudore frutto di tre ore di lotte sotto il palco,
e l'andare su e giù dinanzi alla porta dello spogliatoio che li ospitava,
è durata più di trenta minuti; poi, alla fine, dopo aver superato
le ire del road-manager Rasta che ne protegge la privacy, il grande gesto,
l'apertura della porta verde. Questo che segue è il resoconto dettagliato
di un colloquio con tré mèmbri dei Clash, un colloquio in
cui Jones, Simonon e Strummer. stravolti dalla violenza messa nell'esecuzione
dei loro pezzi, hanno saputo dire molto di loro stessi e della loro visione
del mondo e della musica. Nel colloquio, avvenuto il 29 maggio 1981, vi
sono accenni ad avvenimenti già accaduti quando questo volume uscirà:
non ho voluto alterare nulla di quanto detto. Vieni avanti, Fidel "
fa Mick Jones, seduto nell'angolo più lontano dell'enorme camerone
e Fidel, che poi sarei io, per via della folta barba, sì fa avanti.
Il vestito che indossa è un bel gessato anni cinquanta, le bretelle
sono di un bei rosso vivo, non si intonano con il pallore del suo volto;
gli occhi spiritati, scrutano lo stanzone e chi gli sta dinanzi con ingordigia.
Un joint, spento -tenterà di riaccenderlo varie volte durante la
conversazione - gli pende dalla mano destra mentre la sinistra mantiene
in bilico una fetta di pane casareccio con tanto burro sopra. Sorride, come
fa raramente sul palco.
La
prima domanda, a lui che è inglese e che milita nel più
politicizzato dei gruppi, viene spontanea e riguarda il conflitto che
oppone l'Inghilterra ai militanti cattolici del Nord Irlanda, conflitto
che insanguina il Paese da anni: cosa ne pensa?
Mick
Jones
E una vergogna. Penso che le truppe del mio Paese dovrebbero ritirarsi.
Sarebbe ora, una volta per tutte, che intervenisse I'ONU a cercare di
risolvere la faccenda. E' una guerra sordida, che uccide in silenzio,
di cui raramente si parla. Se ne è parlato perché sono morti
i militanti dell IRA ed anche questa credo sia una vergogna. Il mondo
non dovrebbe scoprire adesso la questione irlandese, dovrebbe esseme sempre
cosciente così come lo è stato, e lo è tuttora, per
altri conflitti in altre parti del mondo.
Voi, i Clash, siete conosciuti, amati ed odiati come un gruppo che vuoi
fare e fa politica con la musica che propone. Siete anche tra i pochissimi
che lo ammettono nel vastissimo panorama del rock; mi sai dire, spiegare
una volta per tutte il perché?
"Perchè, amico, la politica è la vita, l'essenza stessa
dell'esistenza di ogni essere umano e senza politica non esisterebbe neanche
il rock. Non fare quella faccia quando dico una cosa del genere, ricordati
che il rock è nato dal blues e che il blues è la musica
che i neri facevano per mantenere vive certe loro tradizioni. Quando i
bianchi se ne impossessarono ci furono tanti, molti, troppi che ne dimenticarono
le origini e pochi altri invece che le hanno perpetuate. Vedi, io personalmente,
Mick Jones, e scrivilo pure, penso che sia dovere di ognuno interessarsi
di politica, soprattutto se si ha una dimensione pubblica come noi ".
Che vuoi dire? Puoi spiegarti meglio?
"Ai Clash sono in tanti a guardare e quindi sarebbe bello per il
sistema che noi stessimo loro a cantare filastrocche senza senso come
fanno tanti nostri illustri colleghi. Ed invece noi, i Clash, io, Mick
Jones, e Joe, Paul, Topper, siamo lì con le nostre immagini forti,
e vogliamo che sia sempre così, perché il pubblico che ci
segue possa recepire quello che vogliamo dire; nella nostra posizione
è molto importante avere un seguito e a chi ti segue non puoi dire
stupidaggini e poi comportarti in tutt'altro modo. Non sarebbe serio e
neppure giusto, non ti pare? "
Qual'è la tua origine sociale?
"Sono nato in un quartiere molto popolare di Londra, Clapham South.
Sono nato il 26 giugno del 1955. Sono uno della classe operaia, mio padre
faceva il tassista, mia madre ad un certo punto - avrò avuto sette,
otto anni - non l'ho più vista, era andata in America, e quindi
sono andato a stare da mia nonna. Poi ho vissuto anni a Brixton, l'unico
quartiere di una città inglese dove esista un penitenziario, una
sacca di miseria nella grande Londra, una sacca di miseria che ha sempre
dato fastidio. Un ghetto per neri o bianchi poveri. Lì a Brixton
per farti avanti nella vita, per non morire schiacciato dall'indigenza,
hai solo quattro possibilità: o tiri di box o giochi al pallone
o suoni o diventi un criminale. Io ho scelto di suonare, mi è andata
bene ma ti assicuro che la rabbia del ghettizzato mi è rimasta
ancora dentro, me la sento pesare addosso e non credo che me la scrollerò
tanto facilmente anche perché non voglio dimenticare.
Vieni da Brixton, sei nato a Clapham South, due quartieri " caldi
": mi puoi dire cosa è accaduto veramente tra la polizia ed
i negri del quartiere? Sulla stampa italiana si è parlato di scontri
razziali, di violenze inaudite: quale è la tua versione dei fatti?
"Ma quali negri! Non dar retta alla stampa, dai retta a me, il giornalista
a volte è al servizio del Sistema, è un servo. Tra polizia,
negri e bianchi se vogliamo essere precisi. La polizia è stata
attaccata da entrambi i gruppi razziali stanchi di subire violenze. Non
ti puoi muovere che subito i poliziotti ti sono addosso e ti picchiano.
Brixton è un ghetto, per bianchi e negri, come ti ho detto prima.
Non si trova lavoro, si è costretti a vegetare, se vai in un posto
e chiedi di lavorare appena sanno che vieni da lì ti guardano storto,
come se li volessi fregare. I giovani hanno diritto di lavorare. Adesso
come nel 1977 quando nacque il punk. Ancor di più oggi abbiamo
diritto a lavorare vista la politica della Thatcher ".
Che opinione hai della Thatcher?
" II minimo che possa dire è che sta sbagliando tutto, in
Inghilterra come in Irlanda. Non mi sta bene per niente ".
Mettiamo un attimo da parte la politica, anzi, non parliamone più,
e cerchiamo di fare qualche domanda riguardo al tuo campo specifico, in
cui operi, la musica. Che ne pensi della nuova scena musicale che si è
andata affermando Io scorso inverno? Parlo, per intenderci meglio, di
gruppi come i Classic Nouveaux, Spandau Ballet, Duran Duran, Visage, Depeche
Mode?
" Non mi hanno mai interessato e tuttora non mi interessano. Non
li riesco a capire. Che cosa vogliono? Che cosa si propongono? Di cambiare
il mondo con qualche piega ed un po' di trucco. Per me, personalmente,
nella vita c'è qualcosa di più importante del vestirsi da
dandy. Vuoi proprio sapere come la penso sudi loro e su tutto il loro
cosiddetto movimento? Sono dei fascisti, anche abbastanza stupidi ".
Non ti sembra un po' forte come giudizio? Sono fascisti solo perché
si vestono diversamente da tè? Non ti sembra, senza offesa, tuo
l'atteggiamento fascista nei loro confronti? Non pensi che ognuno si possa
e debba vestire come gli pare?
" Mi spiego meglio visto che non hai capito. Per me, come ti dicevo
prima, nella vita c'è qualcosa di più importante di un vestito
e quindi vedere che loro passano il tempo ad abbigliarsi mi da l'idea
che lo facciano per sviare le menti di chi li segue da altre faccende
più impellenti, e non solo politiche. Il mio atteggiamento fascista?
Non credo: forse un po' rancoroso. Niente di più, credo ".
Che ne pensi della critica musicale?
"Se noi, come molti critici dicono, siamo soltanto degli imbecilli
buoni a nulla, beh, loro sono certamente peggio di noi. Fanno le critiche
ai dischi soltanto se le case discografìche assicurano loro qualche
centimetro di pubblicità in più... Pensa un po' a cosa siamo
ridotti ".
Sapevo già della tua posizione sulla critica musicale e ti ringrazio
della puntualizzazione. Delle case discografìche che mi dici?
" Non mi stanno bene- nessuna. Neanche la mia. Fanno il loro mestiere,
che è poi quello di sfruttare gli artisti, i musicisti. Non si
impegnano mai per cercare nuovi talenti; sai quanti bravi musicisti sono
finiti nel silenzio per l'ignoranza dei dirigenti delle case disco-grafiche?
Milioni. E questo per me è uno scandalo, uno dei tanti del mondo
della musica d'oggi ".
Dopo la tournée italiana che progetti avete? Siete stati contenti
dell'accoglienza che avete ricevuto qui da noi?
" Contentissimi. L'Italia è un Paese in cui si respira aria
diversa, in cui si sentono, si vivono sulla pelle i conflitti sociali
e questo a noi piace; forse ora capisco meglio perché molte rockstar
non vogliono esibirsi qui da voi, il pubblico è così caloroso,
a molti metterebbe quasi paura. Progetti dicevi- Tra poco, alla fine dell'estate,
una serie di conceni a New York. Non mi chiedere perché solo a
New York perché m'arrabbio. La nostra casa discografica non ci
ha aiutati e quindi noi forse affitteremo un piccolo teatro, di non più
di cinquemila posti, e ci esibiremo là per una settimana di seguito.
Vedremo la reazione del pubblico. Ah, si, poi forse io e Joe comporremo
la colonna sonora del nuovo film di Martin Scorsese con Robert de Niro
come protagonista. Immigrants si dovrebbe chiamare la pellicola, ma ancora
non è stato deciso definitivamente. Scorsese vorrebbe che facessimo
anche una parte, staremo a vedere- Personalmente non mi sento tanto attore,
vedremo che ne dirà Joe tra un po' ".
Sai niente altro sul film?
" Mah, è la storia drammatica di una delle tante lotte tra
poveri che ricorrono spesso. E ambientata agli inizi del secolo, a New
York, e narra le lotte sanguinose tra i primi immigranti irlandesi, italiani,
polacchi. Una storia come tante altre, che la storiografia ufficiale ha
sfiorato e che mai nessuno, salvo qualche scrittore, ha mai trattato fedelmente
".
Posso farti una domanda personale, che forse ti apparirà stupida?
" Certo, perché no? ".
Se
non fossi diventato il Mick Jones che suona la chitarra solista del gruppo
dei Clash, se non fossi il compositore di tanti brani celebri insieme
a Joe e Paul che cosa avresti voluto essere?
" Mick Jones, prima studente d'arte e poi pittore: Potrà sembrarti
una battuta ma io hu studiato sul serio pittura. Alla Chelsea School of
Arts. Dipingevo niente male. Dipingere mi piace molto anche oggi. Mi rilassa.
Anche Paul dipinge ma lui ha tutto un altro stile dal mio, lui dipinge
anche sui muri, è molto realista ".
E tu invece che dipingevi? Che dipingi quando vuoi rilassarti?
" Mi riuscivano molto bene i nudi di donna ed ancora adesso; non
scherzo, sai? ".
Spesso chi sente un gruppo di rock pensa che a suonare sia gente senza
cultura, che non ha mai preso un libro in mano. Tu sei stato, sei un buon
lettore? Provi piacere con un libro in mano? Quali libri ti hanno formato
di più?
" Mi piace leggere, mi è sempre piaciuto. Quando cresci solo,
che c'è di meglio di un buon libro per dimenticare certe tristezze?
Sì, provo piacere a stare con un libro in mano ma con il poco tempo
che ho a disposizione ormai è un piacere che assaporo sempre con
maggiori difficoltà. Quali libri mi hanno formato? Sicuramente
quelli di Christopher Isherwood e di Jean Cocteau di cui ho letto tutto
quello che c'era da leggere. E poi i libri di storia, soprattutto quelli
che trattano della guerra civile spagnola, l'interesse che ebbero gli
intellettuali inglesi come Spender e Auden per quel conflitto. Ho amato
molto Omaggio alla Catalogna di George Orwell, uno degli autori preferiti
di Joe. Mi piace anche Lorca, Garcia Lorca, quello ammazzato dai franchisti,
il poeta. Davvero grande. Graham Greene. E altri autori inglesi contemporanei
tipo lan McEwan, uno giovane che sa scrivere in un modo stupendo, che
ti sa coinvolgere con le sue storie freddamente metropolitane, uno che
ha sicuramente esperienze in comune con me e con molti della mia generazione
".
Voi
come gruppo siete nati con il punk: puoi dirmi cosa è stato, darmene
una definizione, se vuoi darmela, dirmi come è andata a finire?
"
E vero, siamo nati con il punk ma siamo riusciti ad evolverci perché
la nostra musica, quello che vogliamo dire, non era circoscritto. E stato
un caso, o forse no, che siamo esplosi nel 1977- Cosa è stato il
punk? E stato un fenomeno che ha rivoluzionato la musica e certo costume
ormai stagnante da anni, un movimento che ha spaziato via tanti preconcetti
ma che è morto per i nuovi preconcetti che si era creato. Il punk
è morto, quello spirito di rivolta che lo pungolava, lo stimolava
è completamente rientrato. I tempi ormai sono cambiati e quelli
che cercano di farlo resuscitare sinceramente mi fanno un po' pena .
Torniamo
al cinema: come è andato il vostro film Rude Boy?
"
In Inghilterra male, lo hanno accolto in modo pessimo forse perché
è una storia in cui moltissimi giovani si sono riconosciuti. Ma
non ci diamo per vinti, anche perché sappiamo che non esiste solo
la critica inglese, ma che nel mondo sono in parecchi a seguirci ed apprezzare
quel che facciamo ".
Sempre a proposito di film ho letto che stareste per farne un altro: puoi
dirmi qualcosa di più?
"
E un progetto in stato avanzato. Lo gireremo, se ce " la faremo,
a New York. Si intitolerà The Magnifìcent Seven Days In
New York. li titolo lo abbiamo preso da un brano del nostro ultimo album,
Sandinista. Non sappiamo esattamente cosa sarà ma speriamo che
sia ancora più interessante di quanto non lo fosse Rude Boy che
a noi continua a piacere ".
Mick, perché in Inghilterra non vi amano?
"
Chi dice che in Inghilterra non ci amano? Il pubblico ci ama e ci segue,
è l'establishment che ci odia, non ci sopporta. L'establishment,
che vuoi dire anche stampa specializzata e mezzi di comunicazione di massa
in generale, con la TV in prima fila. Una risposta alla tua domanda io
ce l'ho, da anni, da quando hanno visto che avevamo successo. Diciamo
troppe verità, è questo che da tremendamente fastidio, e
dire la verità non sta bene. Ma noi ce ne fottiamo. Si, scrivilo;
i Clash se ne fottono. I Clash sono sì un gruppo musicale, ma sono
anche quattro persone che hanno le loro idee in testa e che queste idee
le vogliono esprimere. Suoniamo ma vogliamo fare anche altre cose. E questo,
credi a me, da fastidio quasi quanto il fatto che cantiamo. Te l'ho detto
prima però, noi ce ne fottiamo ".
L'ultima
domanda per chi, come il sottoscritto, vi ama in modo maniacale: mi vuoi
dire esattamente come andò il famoso incontro tra te e Joe Strummer,
l'incontro che poi ci ha dato i Clash nella splendida versione in cui
li abbiamo conosciuti, prima tramite gli album e poi dal vivo?
" Ancora... Mi sono stufato di raccontare questa storia. Ho cominciato
a suonare con i London SS, poi li ho lasciati, Paul nel frattempo si era
comprato un basso, lo avevo spinto io, formammo qualche gruppo di brevissima
durata - mi ricordo che ci chiamammo Heartdrops, Phones, Mirrors, Outsiders
e Psychotic Negatives - quando un giorno, tutte le sere andavamo a sentire
musica e così avevamo anche sentito in azione Joe ma non mi era
piaciuto il gruppo, passeggiando insieme a Glen Matlock (che allora suonava
con i Sex Pistois) e Paul per Golbome Road e incontrammo Joe. Nessun insulto,
dai retta a me: gli dissi solo che non mi piaceva il suo gruppo ma che
pensavo che lui fosse grande. Lui poi fu folgorato dalla musica di Johnny
e dei suoi, lasciò i 101'ers, contattò il nostro manager
Bernie Rhodes, ci incontrammo e la storia è fatta. Sei contento
adesso? ".
So
che sei stanco ma vorrei farti l'ultimissima domanda: quando eri più
giovane eri sempre così arrabbiato? In cosa credevi? Quando hai
cominciato a suonare?
"Tre
sono, amico. Tre domande e mi avevi detto di farne una sola. Quando avevo
sedici anni pensavo di avere solo due possibilità per migliorare
la mia vita: il football e la musica. Il rock. Scelsi il rock anche se
con un pallone al piede non ero male. Perché? Il rock non mi limitava.
Ed era più eccitante del dare due calci ad una palla. Andai al
mio primo concerto rock che avevo dodici anni. Un concerto gratis, ad
Hyde Park, con i Nice, i Traffic di Steve Winwood, ah si, i Pretty Things,
quelli di Pretty Flamengo. La prima chitarra che mi comprai fu una Hofner
di seconda mano, la pagai sedici sterline e credo proprio che mi truffarono.
Vuoi sapere che fine fece? La vendetti a uno dei Sex Pistola, non mi chiedere
chi perché non te lo dirò mai, per trenta sterline ".
Si mette a ridere, capisco che è stanco, altri vogliono parlare
con lui, gli lascio indirizzo e numero di telefono; mi abbraccia. "
Ciao Fidel, sono stanco ". Ciao Mick.
Joe
Strummer
Vestito
di scuro, lo sguardo ancora lucido per l'energia lasciata sul palco, la
voce roca per le troppe sigarette, Joe Strummer, ma in realtà si
chiama Mellor, sta seduto lontano dagli altri membri del gruppo, a sbollire
la rabbia perpetua che lo rode dentro, gongolandosi forse per il magnifico
spettacolo che con i tre compagni ha appena finito di dare. Avvicinarsi
e attendere un gruppo di fans che lo stanno assediando con un inglese
che ha dell'orrendo, mettersi accovacciato ai suoi piedi con il collega
Massimo Buda, clashologo di fama mondiale: non è facile ma alla
fine l'impresa riesce. È lui il leader indiscusso del gruppo, è
lui che scrive le splendide parole delle canzoni che li hanno resi famosi,
è lui che sulla chitarra ha lo stemma del movimento di liberazione
del Nicaragua, è soprattutto lui quello che ha voltato le spalle
alla borghesia e ora con la chitarra a tracolla la attacca senza risparmiarle
critiche feroci e che lasciano il segno.
Joe, posso farti qualche domanda? Sono un giornalista romano, è
la seconda volta che vedo un vostro concerto e vorrei poterne sapere di
più su di tè e sul tuo gruppo.
" C'è poco da sapere. Noi siamo un gruppo molto poco organizzato,
lo siamo stati sin dagli inizi, quando provavamo a Chalk Farm. Noi mica
siamo come i Jam, dove c'è papa Weller, il padre di Paul Weller,
cervello del trio, che pensa a tutto. Trovo quel modo di lavorare quasi
inumano, trovo inumano il modo in cui si mettono seriamente al lavoro
e balzano al numero uno ogni volta che gli va. Sono contento di essere
come sono, di suonare in un gruppo come i Clash. Siamo molto caratteriali,
passiamo per periodi di grandi depressioni, ed allora non ci va di fare
nulla e non facciamo proprio niente, ed altri momenti in cui, invece,
vogliamo fare un sacco di cose e ci divertiamo da matti. Adesso siamo
in un brutto periodo, ogni volta che ci alziamo ci rimettiamo in piedi
alla bell'e meglio ed andiamo avanti, abbiamo un tour europeo e non possiamo
comportarci male con chi ci segue ".
In
momenti come questo non ti è mai venuto in mente di piantarla di
suonare?
" Eccome. E così facile decidere di piantarla, mandi tutto
a quel paese: ma dopo che fai? Ho visto molti amici che lo hanno fatto
e poi sono rimasti in attesa di tornare sulla scena con qualcosa di potente
che non è mai avvenuto. E un segnale di allarme cui noi facciamo
attenzione ".
E quando siete stanchi, come in questo momento, come fate a pensare a
quello che dovete registrare?
"Non ci sono problemi, registriamo quello che vogliamo e quando vogliamo
noi. E niente più. Non diamo molta attenzione a come registriamo,
certo stiamo attenti a non fare errori ma non siamo di quelli che si impegnano
eccessivamente in studio. Ci interessano le cose che vogliamo dire e poi,
quando il disco è uscito e senti che la gente lo ascolta, lo canta,
gli piace, ci rendiamo conto di aver fatto un buon lavoro. Pensiamo che
questa sia la migliore, e la più onesta, maniera di lavorare. O
forse non ne abbiamo trovato una migliore ".
Che cosa pensi della scena musicale attuale? Nel mondo si assiste ad una
rinascita del genere heavy-metal, che ne pensi? E del punk dei giorni
nostri cosa puoi dire?
"La nuova ondata di musicisti che hanno intrapreso nuovamente l'heavy-metal
penso sia ormai arrivata ad un vicolo cieco da cui sarà difficile
che possa uscire. Non credo che le cose che fanno oggi possano durare
a lungo. E la riprova di quel che dico è che se metti sul piatto
un 33 giri di dieci anni fa del genere ti accorgi di quante idee ci fossero
allora e quante poche siano oggi. IÌ punk? Noi ci siamo evoluti
da quello che eravamo qualche anno fa, penso che anche altre bands ci
stiano provando. Hanno diritto di fare la musica che fanno perché
forse non hanno altro da proporre; ma credo che da qui a cinque anni non
suoneranno più la stessa musica."
Siete conosciuti e vendete dischi in tutto il mondo, siete anche ricchi?
"No. Ed è tutta colpa nostra. Quando cominciammo eravamo molto
sul naif, non pensavamo al lato finanziario ma ora stiamo più attenti.
Stiamo cercando di vederci più chiaro, sempre più, e stiamo
migliorando sempre più. A soldi stiamo meglio dell'anno scorso,
te lo posso assicurare. Prima con i soldi, chi li aveva o se li era guadagnati,
si comprava subito una bella casa, investiva e non se ne parlava più.
Noi non vogliamo seguire quella strada. Quando faremo i soldi, scrivilo
pure, qualche milione di sterline, spero che li useremo per creare un
mucchio di opportunità per noi e per gli altri. E questa quella
che io chiamo una funzione giusta del denaro. Dicono che il denaro è
energia? Ebbene, allora questa energia facciamola circolare, no? ".
The
Clash, Give 'em Enough Rope, London Calling possono essere definiti soprattutto
degli album punk. Sandinista no: perché? Che cosa avete voluto
dire con questo ultimo lp ?
" Abbiamo soltanto cercato di cancellare il punk, per essere onesti,
cercando di distruggere la linea che si andava istituzionalizzando e quindi
lo stava facendo morire. Con Sandinista abbiamo cercato di suonare la
più inaccettabile musica per punks che abbiamo potuto ".
Parliamo di te, di Joe Strummer come individuo: chi sei? Non vieni dalla
classe operaia: come ti sei trovato con i tuoi compagni?
"
Bene, ho scelto io di fare questa vita. No, non sono nato povero, non
ho sofferto quello che hanno sofferto Mick e Paul. Mio padre nacque in
India, rimase orfano a otto anni, venne messo in collegio e, siccome era
molto bravo, si guadagnò una borsa di studio per l'università
e per tutta la vita è rimasto orgoglioso del fatto che si era fatto
da se, anche se si laureò a Lucknow. Venne a Londra, come tanti
altri nelle sue condizioni, entrò nella carriera statale e, gradino
dopo gradino, diventò un diplomatico. E qui è cominciata
la mia vera fortuna. Era veramente molto felice di quello che aveva fatto
sino ad allora e voleva fare sì che io seguissi la sua carriera.
Ma a nove anni dovetti lasciare la famiglia perché loro furono
trasferiti, non mi ricordo più dove, e io venni messo in collegio.
Da allora vidi per anni i miei genitori una sola volta l'anno dato che
il governo pagava affinchè loro si spostassero da dove diavolo
erano per venirmi a trovare; venni lasciato completamente solo, insieme
a tanti altri ragazzi nelle mie condizioni. E poi la storia per entrare
in quella dannata scuola... ".
Che vuoi dire?
" Cominciai a fare esami su esami per entrare nelle scuole più
prestigiose, ma sbagliai tutti gli esami così alla fine entrai
in una in cui era entrato già mio fratello maggiore... ".
Che fa, come te, il musicista o che altro?
" E morto. Si è ammazzato nel 1971. Aveva un anno più
di me. Era nazista, apparteneva al National Front. Si interessava di scienze
occulte, andava sempre in giro con teschi e segni misteriosi. Non gli
piaceva parlare, non lo faceva mai con nessuno, e ho sempre pensato che
il suicidio fosse l'unica strada che gli era rimasta. Sai come è
morto? Vuoi saperlo? Fai il giornalista, ti interessano anche i particolari
macabri? Non negare, non me ne frega niente. Si imbottì di aspirine
e chissà quante altre pasticche e così combinato si lasciò
morire in un cespuglio di Regent's Park ".
Secondo te, quale è la cosa più importante per una persona?
"
Posso ripondere per me stesso. La libertà personale. Voglio il
diritto di scelta. Naturalmenle, però, questo diritto non deve
infastidire lo stesso diritto degli altri. Ognuno deve avere il proprio
diritto di scelta, giusto no? Credo nella democrazia, non sono per il
comunismo totalitario. Odio il modo in cui i Russi fanno certe cose, quei
maledetti carri armati dovunque. Ma, attenzione, questo non significa
che ora debbo essere un capitalista. Capitalismo: chiudere la porta, sbatterla
in taccia a chiunque ".
E allora, della classe operaia che tanto spesso riecheggia nei tuoi testi
che ne facciamo adesso? La rinneghi?
" Io vengo dalla media borghesìa, sono differente da gente
come Johnny Rotten che adesso si trascina stanco, grasso ed ubriaco per
New York. Lui ha avuto l'esperienza dello scarico di responsabilità
della società adulta capitalista nei confronti dei giovani. E quando
i giovani si ribellano si parla di vandalismo, subito. È forse
per questo che l'anarchia non mi è mai piaciuta, avevo capito che
era una fase per cui dovevamo passare per una sorta di processo di purificazione
per poi raggiungere qualcosa di più decente ".
Quest'estate in Inghilterra, in molte città, ci sono stati scontri
tra polizia e giovani di colore e non, scontri tra membri delle comunità
di colore e neofascisti, rivolte: sei ancora per le rivolte, come quando
scrivevi " White Riot? "
Naturalmente. Perché non c'è altro modo di cambiare le cose,
certe cose. La Thatcher vive su un altro pianeta e noi siamo riusciti
ad eleggerla nostra leader ".
Cosa ne sai di quegli scontri? Qui da noi se ne sono scritte tante che
abbiamo capito poco e niente...
"Solita
domanda voi giornalisti? Suonavo con il mio gruppo, i 101'ers, blues-rock,
quando un giorno nel 1976 vidi in azione i Sex Pistols. Capii subito che
dovevo abbandonare la musica che avevo fatto fino ad allora perché
non mi avrebbe mai permesso di dire le cose che avevo in mente di dire.
Dissi ai miei compagni di allora che li lasciavo - loro arrivarono addirittura
a mandarmi delle lettere anonime - ma quando incontrai per strada Mick
e Paul capii che con loro avrei potuto creare quello che pensavo, sarebbe
potuto divenire un buon gruppo. Sinora è andato tutto bene, anche
se questo non significa che tutto va bene tra noi. Io litigo spesso con
Mick, ci sono dei momenti molto brutti tra di noi ma quello che ci lega
sono certe affinità di vedute che credo difficilmente scompariranno
".
Prima di suonare che facevi? Cosa pensavi che avresti fatto da grande?
"Studiavo alla scuola d'arte come Mick e Paul. Volevo diventare un
artista. Meno male che non se ne è fatto niente. Che noia. Mi aveva
completamente stancato. Ho passato due anni a fare le cose che hanno fatto
tanti giovani della mia generazione, sono del 1952:droghe, alcool, dissipazione,
lavori saltuari, nessuna prospettiva di un avvenire migliore. Poi cominciai
a guadagnarmi qualche penny tenendo il cappello a uno che suonava nella
metropolitana, misi da parte due sterline, mi comprai un ukulele e poi...
Ma non mi stancare, leggitela sui giornali la mia storia. Sono diventato
un fottuto personaggio pubblico. Sono stanco, lasciami in pace ".
L'intervista a Joe Strummer finisce qui, tronca in tante sue parti; ma
credo che quel che Joe ha detto possa contribuire in modo fattivo a mostrarcelo,
e come .uomo e come personaggio. Quanto dichiarò in quella sera
di maggio potrà certo illuminare chi segue il gruppo sul passato,
il presente ed il futuro dei Clash.
Paul Simonon
Di
Paul Simonon si sapeva che parlava poco, un carattere chiuso inasprito
da tanti problemi familiari che lo avevano reso ancora più taciturno;
ma, sarà stata la festosa atmosfera dei trentamila giovani che
lo avevano osannato sin da quando era salito sul palco, sarà stata
la bella giornata che Firenze aveva voluto regalare loro, fatto sta che
il pensieroso bassista si è rivelato un interlocutore di sicure
e precise parole, non un grande parlatore ma certo uno che sa il fatto
suo. Lui, al contrario degli altri mèmbri del gruppo, non ha mai
seguito molto la moda, è il destino di quelli grossi come lui,
indossa blue jeans, una camicetta nera, l'immancabile giubbotto nero,
ha una " scoppoletta " in testa e, accanto, gli fa gli occhi
dolci la ragazza - non ho avuto il coraggio di chiederle il nome, i bicipiti
di Simonon non me lo hanno consigliato: così manteniamo questa
deprecabile lacuna per nozionisti - una splendida fanciulla di colore
che sta a sentire e che da lui ha imparato, sembra, il gusto di tenere
la bocca chiusa.
Prima ho parlato con Mick, poi con Joe, ora tocca a te, Paul: ti sei mai
sentito diminuito per questo ruolo subalterno a cui sembra sei destinato
nell'economia del gruppo? In fondo sei uno dei fondatori, sei un grandissimo
bassista, e lo hai dimostrato ancora una volta stasera, hai scritto pezzi,
pochi, veramente notevoli...
" Nessuna diminuzione. Rispetto al mio ruolo; devo fare il bassista
e quindi faccio il bassista. Questo non vuoi dire che se ho qualche cosa
da dire non la possa dire, ci mancherebbe altro. Siamo un gruppo democratico,
ognuno può e deve dire la sua anche se poi sono Mick e Joe che
compongono quasi tutto il materiale e noi, io e Topper, appariamo solo
come semplici manovali. Ma poi che male c'è ad essere solo manovali?
"
Come ti sei trovato coinvolto nell'avventura Clash?
" Conoscevo Mick, abitavamo tutti e due a Brixton, siamo tutti e
due frutto di famiglie che non esistono più, ci siamo presi subito
in simpatia, anche se io sono un carattere più chiuso di Mick che
è il più estroverso di noi. Mick mi reclutò quando
ancora ero un fan scatenato di David Bowie - del periodo Ziggy Stardust
and The spiders of Mars - e studiavo arte al Byam Shaw Art College vicino
ad Holland Park. Mi volle ascoltare e dopo dieci minuti ero lì
che cantavo un pezzo di Jonathan Richman, non mi chiedere quale perché
non me lo ricordo più. Mick mi spinse a comprarmi un basso usato
e provare a suonare; io gli diedi ascolto e ricordo ancora che le prime
volte che suonavo, mentre facevo pratica e poi le prime volte in pubblico,
mi ero dipinto sull'asta della chitarra i punti su cui sarebbero duvute
appoggiarsi le dita ".
Allora è vero quel che si dice, che non eri capace di suonare?
" E vero sì, così come è vero che ora molte
cose sono cambiate. Ho dovuto lavorare molto pesantemente per raggiungere
i risultati di oggi, per farti dire che suono benissimo (non credo, penso
di essere bravo ma non eccelso) ".
Sei modesto. Come sei arrivato a suonare così?
"Lo vuoi proprio sapere? Ascoltando tanti pezzi reggae e cercando
di eseguirli il meglio che mi era possibile. I primi mesi fu un vero tormento,
non ne azzeccavo uno, poi col passare del tempo le cose sono cambiate
ed ora eccomi qua a prendermi le tue lodi ".
Da cosa deriva il fatto che i Clash sono stati, con i Police, il gruppo
bianco che più si è ispirato al reggae?
" Penso che tutto derivi dal tatto che sia io che Mick siamo sempre
vissuti a contatto con gente di colore, con moltissimi giamaicani. Io
per guadagnarmi da vivere il sabato lavoravo ad un banco del mercato di
Portobello, ora da poco mi sono comprato una casetta, due stanze più
servizi nella zona, e da quelle parti, Portobello Road, LadBroke Grove,
Notting Hill Gate, la musica che si ascolta di più è il
reggae. I miei vicini di casa, una famiglia di colore, non fanno che tenere
sempre la radio accesa e sintonizzata su stazioni che trasmettono reggae,
tanto che io non accendo più ne radio ne giradischi; anche perché
non ne ho il tempo, quando sto a casa mi voglio riposare e dedicarmi ai
miei hobbies ".
Sono indiscreto se ti chiedo quali sono?
" Niente affatto. Dipingo e leggo. Soprattutto dipingo; nella mia
nuova casa mi sono dipinto una intera parete, come feci al nostro primo
studio in Chalk Farm che strano, ora che ci penso anche Mick e Joe dipingono,
almeno hanno studiato arte. A Mick piaceva molto, mentre Joe odiava i
pennelli e le matite ".
Cosa ha significato per tè il successo?
"La possibilità di avere una casa tutta mia, smettere di vivere
in case occupate come ho fatto con mio fratello Nick (che per un periodo
stava per diventare il nostro batterista quando per la prima volta se
ne andò Terry Chimes). Professionalmente, quando entri in classifica
vuoi dire che la gente ti segue, così non ti preoccupi molto del
futuro, il che ti permette di vivere la musica che hai in mente di fare
nel migliore dei modi. Prendi Sandinista: dopo London Calling la gente
pensava che avremmo sformato un album come quello ed invece noi abbiamo
stravolto le previsioni. Il bello è che il materiale che c'è
in Sandinista è così vario che ora siamo in grado di fare
quello che ci pare e nessuno avrà più idea di cosa potremmo
proporre in futuro ".
Con
i tuoi silenzi, sei quello che meno compare del gruppo, sei il testimone
ideale che potrebbe rispondere alla domanda che non ho potuto fare sinora...
" Che domanda? ".
E vero che spesso tra Mick e Joe scoppiano liti furibonde?
" Beh, sai ognuno di noi ha il suo carattere. Mick e Joe poi sono
formidabili, sono straordinari come compagni, ma a volte le loro personalità
entrano in collisione ed allora sono guai. Capita molto raramente, ma
quando capita succede di tutto. Succede anche nei migliori gruppi, pensa
un po' alle liti che si diceva ci fossero tra Paul McCartney e John Lennon
o tra Mick Jagger e Keith Richard. L'ultima clamorosa lite Mick e Joe
l'hanno avuta durante una data della nostra tournée inglese per
chi dovesse cantare "White Riot": nei camerini sono volate bottiglie
ed altre cose ma poi è tornata la pace, come sempre. ".
" White Riot " è un pezzo che vi ha causato problemi:
perché?
" Non devo stare io a spiegacelo, rileggiti il testo, riascoltala
fino alla noia e poi capirai. Mi ricorderò sempre che ad Amburgo,
in Germania Occidentale, prima del concerto venimmo a sapere che c'erano
gruppi di giovani punks che non intendevano farcela suonare. Alcuni di
loro chiesero di venirci ad esporre le ragioni della loro richiesta, li
stemmo a sentire ma poi sul palco la suonammo; bene, ci fu un idiota che
cominciò ad insultare Joe che ad un certo momento non lo ha sopportato
più e gli ha dato la chitarra in testa. È finita che ci
siamo ritrovati io e lui in platea a discutere furiosamente. Alla fine
del concerto la polizia voleva arrestare Joe, così abbiamo dovuto
lasciare Amburgo di corsa se non volevamo ripetere la storia dei Beatles
all'Indra Club.
Come
gruppo avete fatto un film e tu sembra abbia lavorato nel cinema anche
solo: puoi dirmi qualcosa di più?
"Ho fatto l'attore, l'hai detto. Durante il primo tour americano
ho lavorato nel film All Washed Up diretto da Lou Adier. Sono andato a
girarlo in Canada, a Vancouver, perché si paga di meno che negli
USA. Con me c'erano anche Steve Jones e Paul Cook, ex Sex Pistols. E stata
una esperienza interessante. Recitare è decisamente una cosa che
mi piace molto. So che tutti dicono questo ma nei fatti se fai parte di
un gruppo ti è più facile, hai più opportunità
per apparire in un film. Mi ha veramente divertito, e spero proprio di
ricevere qualche altra proposta. Non so se alla fine avrà successo
o meno, so solo che rifarei volentieri l'esperienza ".
La trama puoi accennarmela?
" Se ti interessa... Tratta di un gruppo inglese che viene fatto
arrivare negli Stati Uniti per suonare e poi sorgono delle difficoltà.
Tutto si risolverà dopo non poche avventure. L'unica cosa che non
mi è piaciuta è stata Vancouver, l'ho trovata una città
un po' noiosa ".
Una domanda personale a cui puoi anche non rispondere: la tua condizione,
ed anche di Mick, di figli cresciuti senza la figura materna, senza la
famiglia tradizionale, pensi abbia influito sulla vostra musica?
"Certamente, perché negarlo? Forse è stato uno dei
nostri patrimoni più cospicui, quello che ci ha permesso di attirare
poi su di noi l'attenzione di tanti che hanno sofferto le nostre stesse
vicissitudini. Sin da piccolissimo ho vissuto con mio padre e mio fratello,
studiando e facendo diversi lavori, tutti umili però. Mi sono diplomato
in inglese ed arte, anche se ho avuto degli insegnanti che è meglio
dimenticare. Pensa ci insegnava inglese, un anno, un pakistano che non
riusciva neanche a farsi capire. Era già abbastanza per mantenere
il livello culturale del quartiere, Brixton, in cui ero andato a vivere.
Comunque mi vendicavo perché con i compagni di classe andavo a
tirare mattoni alle vetrate delle case dei ricchi, a quelle finestre dalle
quali si vedevano queste allegre famigliole riunite per prendersi beate
il te' ".
Come vanno i rapporti tra i Clash e la casa discografica con cui lavorate?
" Pessimi. La battaglia continua ed ora si sta arricchendo di un
nuovo capitolo. Noi abbiamo un contratto per cinque dischi, sinora ne
abbiamo fatti sette, due lp, un doppio e Sandinista, che è triplo;
ma per loro noi abbiamo fatto solo quattro album così aspettano
il quinto che faremo uscire, se ci andrà, il prossimo anno. E ti
posso assicurare che sarà completamente diverso dai precedenti,
stanne certo ".
Vuoi guadagnare?
" Certo. Fare i soldi è importante perché poi puoi
usarli come ti pare. Non come i Rolling Stones, però, compri una
villa e ti piazzi a vedere la TV e poi ogni tanto ti fai un bei tour di
qualche mese, ti riempi di soldi e poi se ne riparla dopo qualche mese.
Senza mai dare nulla indietro non è guadagnare onestamente, credo.
Noi possiamo investire i nostri guadagni per fare qualcosa di buono per
quelli della nostra età. Joe vorrebbe aprire una radio, è
il suo sogno, ma penso che resterà tale ".
Ti piaceva disegnare, sai anche farlo bene: perché hai scelto il
rock per esprimerti?
" È il modo più immediato che hai per importi e dire
quel che vuoi dire: nella nostra posizione possiamo ispirare la gente.
E attualmente è assai importante perché non ci sono altri
grandi mezzi di comunicazione così efficaci, salvo, è ovvio,
cinema, TV e giornali. Il rock è un ottimo media. Ha un grande
impatto in ogni strato sociale, e soprattutto tra i giovani, quelli che
contano per noi, e se uno lavora con serietà può far sì
che la gente capisca la situazione in cui vive e le brutture che uno gli
canta e che altrimenti tenderebbe ad ignorare. Se ci muoveremo bene potremo
avere sempre una vastissima eco ".
Mettiamo un po' da parte l'arte, e per arte intendo la musica che suoni,
il cinema che vorresti continuare a fare ed i disegni che non smetti di
fare: Paul Simonon, semplice ragazzo inglese senza prospettive di successo
artistico, cosa avrebbe voluto fare?
" II guidatore di autotreni; sarà che mio padre fa il tassista
ma le auto mi sono sempre piaciute, ne ho dipinte moltissime. Si, il guidatore
di autocarri. Viaggi sempre, vieni a contatto, anche se marginalmente,
con tante realtà diverse, e puoi startene in solitudine con te
stesso. Viaggiare nella notte- Che bello. Mah, chissà che quando
smetterò con i Clash non mi metta davvero a fare l'autotrasportatore;
le braccia per tenere saldamente un manubrio di quel genere le ho, quindi...
".
Sorride, e stavolta, lo ha fatto spesso durante la conversazione, il suo
voltarsi verso la ragazza che lo accompagna sembra definitivo. Meglio
non abusare oltre, il tempo di una stretta di mano, la promessa di farsi
sentire a casa o al giornale se passa per Roma, ed anche la conversazione
con Paul Simonon è cosa fatta.
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