Il 
          passato: la voce dei Clash 
          Il presente: un nuovo grandissimo album
          Il futuro: un tour mondiale con gli amici Mescaleros
          L’ex punk si racconta a ruota libera in un’intervista tutta 
          da leggere.
          
          Hallo Gianni, sono Joe Strummer e per la prossima mezz’ora ti 
          chiamerò Johnny Be Good. Perché? Non lo so, ma oggi mi 
          gira così.
          Seduto in un pub milanese, davanti ad un boccale di birra, l’ex 
          leader dei Clash fissa il cielo grigio. Sul tavolo spicca la cover del 
          cd che segna il suo ritorno in pista dopo un lungo periodo di silenzio. 
          “Per anni ho avuto i riflettori puntati addosso. Così ho 
          deciso di starmene in disparte a vedere quello che succedeva. Nessun 
          artista è per sempre. La gente si stanca a vedere sempre le stesse 
          facce”. 
          
          Rock Art and The X Ray Style è davvero un album a 360 
          gradi. Rock, dub, hip hop, salsa, rockabilly e percussioni a volontà.
          ”Merito della magia che si è creata con i Mescaleros. La 
          cosa più importante è non creare barriere ed entrare a 
          fondo in ogni genere di musica. Non voglio rimanere a bordo campo. A 
          me piace giocare. E giocare con i Mescaleros è un vero piacere. 
          Se non fossero amici ci saremmo già presi a pugni decine di volte. 
          Non puoi viaggiare per venti ore su un tour bus con persone che non 
          sopporti”.
          Il live dei Clash e il documentario sulla band, Westway To The World, 
          presentato
          a Londra, sembrano l’anticamera di una reunion della band. Cosa 
          c’è di vero? ”Accettare le centinaia di offerte che 
          mi sono arrivate vorrebbe dire di essere morto artisticamente. Io invece 
          mi sento vivo e vegeto. Non sopporto i musicisti che si compiacciono 
          del loro passato. Sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma non voglio 
          venir meno al mio motto: non essere mai soft con te stesso e costruisci 
          il futuro senza guardare indietro. I Clash sono stati grandi perché 
          alla fine degli anni 70 hanno dato voce alla rabbia di molti ragazzi. 
          Fin da giovane ho sempre pensato che per non essere schiacciato dagli 
          abusi dei potenti, bisogna trovare un megafono dove urlare. Beh, i Clash 
          erano un megafono molto potente”. 
          
          Parliamo dello show di settembre al punk festival di Bologna. 
          Moltissimi ragazzini conoscevano a memoria i vecchi hit dei Clash, come 
          London Calling.
          ”Meno male. Non sempre è facile suonare prima degli Offspring. 
          La sera prima, in Germania, un gruppo di punk-bambini ci ha preso a 
          sassate. Per loro il punk lo hanno inventato i Green Day e gli Offspring. 
          Se me lo avessero chiesto avrei potuto spiegargli qualcosa sulla vera 
          storia del punk”. 
          
          Nello stesso concerto hai dedicato Rock the Casbah all’ex 
          batterista dei Clash, Topper Headon.
          ”Sta combattendo la sua battaglia più difficile: liberarsi 
          dalla droga. Io continuo ad incoraggiarlo. Spero proprio che riesca 
          a farcela. Gli ho anche telefonato due giorni fa”. 
          
          In Techno D Day rispunta la tua anima di ribelle che non si 
          piega.
          ”Parlo di una rissa scoppiata tra la polizia ed i partecipanti 
          a un raduno techno in Inghilterra. Alle nostre autorità non piace 
          quel tipo di divertimento. Io invece credo che la gente abbia il diritto 
          di essere selvaggia e di uscire a festeggiare. Evidentemente il Governo 
          inglese la pensa diversamente. E dire che ci eravamo fidati dei laburisti 
          di Tony Blair. La verità è che in Inghilterra non esistono 
          più categorie come destra e sinistra. L’unico motore che 
          fa girare il paese sono i fottuti interessi del mercato”.
          
          Veniamo al nuovo potentissimo singolo, Yalla Yalla”
          La parola YALLA non significa niente, ma suonava bene. Questa canzone 
          è un momento liberatorio, un urlo contro tutti quelli che vogliono 
          restringere le libertà altrui. E’ un nuovo modo per dire 
          no a qualsiasi forma di repressione. Quando la suoniamo dal vivo i ragazzi 
          si divertono moltissimo.