"Venticinque
anni fa esordivano i Clash. La band inglese che scavando nell'underground
di Londra coniugava punk, ritmi latini ed ansie di ribellione."
Tre
giovanotti presi di spalle, braccia in alto e mani contro il muro :
come per una perquisizione poliziesca. Indossano giubbotti istoriati
con scritte tracciate a vernice: "White Riot" quello a destra,
"1977" quello a sinistra. E' l'immagine di copertina del primo
45 giri dei Clash. Storia di 25 anni fa, il tempo di una generazione.
Uscì il 18/3/1977 ed anticipò di tre settimane la pubblicazione
del loro primo album. Altra copertina a tinte forti : sul retro, una
fotografia dei violentissimi scontri fra bobbies ed immigrati antillani,
quasi 500 feriti ed una sessantina di arresti, a bilancio, che l'estate
prima avevano chiuso tumultuosamente il tradizionale Carnival multietnico
di Notting Hill Gate.
Insieme all'adiacente Ladbroke Grove, da anni quell'area era epicentro
della boheme giovanile londinese: squat, musica, droghe e miscuglio
razziale. Grembo antropologico e culturale per l'incubazione del punk.
"Al Carnival c'eravamo io Joe e Bernie, che però è
sparito dopo la prima carica della polizia
All'inizio cominciarono
a volare bicchieri di carta e di plastica, poi bidoni della spazzatura,
bottiglie e pietre. Dopo la carica, io e Joe facevamo avanti e indietro
tirando mattoni contro le moto della polizia e abbiamo tentato anche
di incendiare un'auto".
Clash
come "scontro", appunto : "io" è Paul Simonon,
il bassista, Joe è Strummer, il cantante, mentre Bernie fa di
cognome Rhodes ed era il loro manager. All'appello manca giusto Mick
Jones, il chitarrista : colui intorno al quale il gruppo aveva preso
forma nel giro di pochi mesi.
Jones e Simonon provenivano da una banda chiamata London SS (provocatorie
simbologie naziste furono una prerogativa del primissimo punk e generarono
più di un equivoco), mentre Strummer, che all'anagrafe è
John Mellor : nato ad Ankara, figlio di un ambasciatore di sua maestà,
stava nei 101'ers. A metterli in contatto fu Bernie Rhodes, ex venditore
di auto usate e portaborse di Malcom Mc Laren, il pigmalione dei Sex
Pistols. E sempre lui scovò il posto dove farli provare : un
magazzino dimesso dalle ferrovie britanniche a Camden, ridipinto dai
nuovi inquilini, l'artista della compagnia era Sino mon, ma anche Jones
e Strummer avevano in curriculum un diploma dell'Art School, con uno
stile "selvaggio" alla Jackson Pollock. A Rhodes si deve infine
l'idea di impiegare slogan insurrezionali "Rivolta Bianca",
"Londra brucia", "Odio e guerra". Più per
fare effetto che per convinzione, secondo le tattiche situazioniste
sperimentate da McLaren. Ma se il messaggio dei Sex Pistols era nichilista
("No Future"), quello dei Clash esortava, ancorché
in modo demagogico, al movimento. "Facciamo canzoni di protesta,
canzoni folk con la chitarra elettrica" : parola di Strummer. Bob
Dylan da barricata, ovvero, come diceva Woody Guthrie, "questa
chitarra uccide i fascisti". Ciò non impedì allora
ai Clash di firmare un contratto con la multinazionale Cbs in cambio
di un anticipo di 100.000 sterline : di punto in bianco il punk era
esploso e ogni casa discografica voleva il suo gruppo. "Eravamo
all'oscuro di tutto, lasciavamo che fosse Bernie ad occuparsene",
confessa Strummer, "che ne sapevamo noi di case discografiche e
contratti?".
C'è da credergli : avevano vent'anni o poco più. E del
resto, non sono le contraddizioni a far muovere il mondo ?
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Sottoculture
Riunite. Fino ai primi anni Novanta, quando cioè il gruppo
non esisteva più da tempo, benché sbiadita, una cubitale
scritta The Clash spiccava ancora su un muro all'incrocio fra Harrow
Road e Westbourne Road, proprio sotto la sopraelevata Westway, appena
più a ovest di Notting Hill e Ladbroke Grove. E qualcuno racconta
di un graffito identico e altrettanto grande visto in periferia a Città
del Messico. Che cosa ha permesso di colmare una distanza tanto grande,
fra luoghi così diversi? Sta tutto qui il segreto dei Clash
.Fattore
determinante fu la loro capacità di assorbire e metabolizzare
le sottoculture antillane che circolavano nei quartieri londinesi dove
crebbe il punk. In primo luogo quella dei giamaicani rasta : "I
più riconoscibili emarginati d'Inghilterra, che posti di fronte
al pregiudizio rifiutavano l'integrazione nel sogno inglese", scrive
Jon Savage nel suo capitale saggio sul punk "Il sogno inglese"
(Arcana Editrice). Segregazioni a confronto . una razziale e l'altra
estetica, subita la prima e cercata la seconda. Così i rasta,
e in generale la comunità giamaicana di Londra, esercitarono
a suon di reggae e tra vapori di ganja una sorta di sotterranea egemonia
culturale su alcune frange del punk. E senz'altro sui Clash , che in
White Riot inneggiavano ai neri "che non esitano a lanciare un
mattone", inclusero nel primo album una propria versione del classico
reggae Police and Thieves di Junior Murvin e infine fecero produrre
al maestro giamaicano Lee Perry il 45 giri Complete Control. Sforzi
premiati da un elegio in musica fatto pervenire loro addirittura da
Bob Marley in persona, sulle note di Punky Reggae Party.
Il
terzomondismo dei Clash ha radici in quei primi rozzi tentativi di comunicazione
interrazziale. Sarebbe fiorito in seguito nel monumentale ed eclettico
triplo album del 1980 "Sandinista!" : opera generalmente disprezzata
dalla critica angloamericana e viceversa considerata fondamentale altrove,
dall'Europa mediterranea all'America Latina. Prova ne sia la progenie
cui ha dato origine, a cominciare, per dire del ramo più rigoglioso
in termini di popolarità, dalla patchanka che ha fatto la fortuna
di Manu Chao, prima con i Mano Negra e quindi da solo : capostipite
di un fenomeno animato ora dai vari Macaco e Sergent Garcia. Ma dovessimo
elencare tutti i possibili discendenti dei Clash, fra quanti ne emulano
l'irruenza elettrica (il punk americano odierno, dai Rancid agli Offspring)
o ripropongono con altrettanto fervore la simbiosi fra rock e politica
(i bellicosi Rage Against The Machine), non finiremmo più.
Merita attenzione semmai l'evoluzione nostrana di quel contagio. La
folla ai loro primi concerti italiani, nel giugno 1980: spettacoli gratuiti
per sostenere la campagna elettorale del Pci in vista delle amministrative.
Poi in mente poi i Gang, che ispirandosi ai Clash cominciarono a fare
musica, o i primi Casino Royale, pionieri nello sperimentare l'ibrido
fra punk e ritmi giamaicani che oggigiorno, al tempo di Meganoidi, Shandon
e Persiana Jones, si è soliti chiamare skacore. In coda al recente
esordio discografico di Giuliano Palma, ex cantante dei Casino Royale
diventato solista, affiora una toccante trascrizione unplugged di Stay
Free. E interrogato a proposito, l'interessato conferma " I Clash
sono stati l'origine della specie".
Stay Free compare nel secondo album dei Clash, Give'em Enough Rope.
Un lavoro controverso : registrato con il produttore mainstream Sandy
Pearlman a San Francisco, nel 1978. Quasi smentendo se stessi, visto
che nel disco precedente avevano cantato I'm so bored with the USA,
"non ne posso più degli Stati Uniti. Una contraddizione
che evidenzia il rapporto di amore/odio fra i punk londinesi e gli States,
dov'erano stati formalizzati i codici musicali ed estetici del punk
(Mc Laren aveva sbirciato le gesta di Patti Smith, Tom Verlaine, Richard
Hell e Ramones , prima di varare l'operazione Sex Pistols, che, ironia
della sorte, proprio oltreoceano naufragò all'inizio del 1978).
Sentimenti ricambiati : l'esordio dei Clash non fu pubblicato all'epoca
in Nordamerica (divenendo in compenso massimo best seller di importazione
con oltre 100 mila copie vendute.
Give 'Em Enough Rope, pastorizzato da Pearlman, invece sì. Inoltre
gli Stati Uniti si sono vendicati dei Clash applicando alla loro musica
il principio filosofico dell'eterogenesi dei fini. Ossia : se Should
I Stay Or Should I Go divenne nel 1991, cinque anni dopo la fine del
gruppo, merce da hit parade, fu perché era nello spot di una
marca di jeans, mentre contemporaneamente Rock The Casbah, composta
in origine per irridere l'ayatollah Khomeini , che aveva bandito la
musica pop in Iran, divenne suo malgrado inno di battaglia dell'aviazione
statunitense impegnata a bombardare l'Iraq.
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E
Poi Finisce Tutto. Gli ultimi due brani citati stanno in "Combat
Rock", successore assai più conciso ed ortodosso, nonostante
un'apparizione di Allen Ginsberg in Ghetto Defendant, del debordante
Sandinista!, nonché passo d'addio dei veri Clash. Fu Mick Jones
ad andarsene, sbattendo la porta. Era il 1983: Strummer e Simonon non
mollarono subito la presa. Reclutarono un trio di giovani musicisti,
continuarono a fare concerti e nel 1985 pubblicarono anche un disco,
Cut the Crap, in seguito da loro stessi disconosciuto. Poi la fine ufficiale,
all'inizio del 1986 : notizia comunicata ai media da Strummer con un
telegramma spedito dalla Spagna. Lo stesso Strummer si sarebbe dedicato
più al cinema che alla musica, negli anni immediatamente seguenti
: colonne sonore per i film dell'amico regista Alex Cox (Straight to
Hell, come una canzone di combat rock, e Sid and Nancy, sul tragico
declino dei Sex Pistols) e anche qualche particina da attore (in Walzer
dello stesso Cox e Mistery Train di Jim Jarmush).
Dischi pochi, ma uno recentemente, persino dignitoso : Global A Go Go.
Di più ha fatto Mick Jones con i Big Audio Dinamite, finchè
una varicella degenerata in polmonite lo ha messo fuori gioco. Quanto
a Sinomon, archiviato un mediocre tentativo di tornare in scena con
gli Havana 3 AM, si è trasferito in California e ha ricominciato
a dipingere, oltre a fare gang da Harley Davidson con gente come Mickey
Rourke. Dei batteristi succedutisi in formazione, prima Terry Chimes
e poi Nick Topper Headon, si sono perse le tracce. E nonostante lo faccian
tutti, e a dispetto dei milioni di dollari offerti da impresari statunitensi,
a tornare insieme per suonare i Clash, a differenza dei Sex Pistols,
non ci pensano. "Perché gli anni sono passati e le cose
sono cambiate / e io vado dove mi pare", recitano i versi di Stay
Free.
La memoria resta viva, però. Eccome. Appena qualche settimana
fa, dovendo premiare la migliore foto rock di tutti i tempi, una giuria
internazionale di fotografi e giornalisti ha indicato quella scattata
nel 1979 al Palladium di New York da Pennie Smith. Immortala Paul Sinomon
che sfascia il suo strumento sul palco. E' la medesima che campeggia
sulla copertina di London Calling, il terzo album dei Clash. Amato dai
fans e lodato dalla critica, il periodico Rolling Stones lo elesse miglior
disco degli anni Ottanta, bechè uscito nel dicembre 1979.
Un
classico del rock, a tutti gli effetti . "La prima volta che andai
a Berlino dopo l'uscita di London Calling, mi ritrovai a chiacchierare
in un bar con uno skinheads sedicenne", rievoca Strummer, "diceva
di essere scandalizzato e di non sopportarlo, perché piaceva
persino a sua nonna".
Una delle sequenze più belle in Billy Elliot di Stephen Dal dry
è quella in cui la polizia a cavallo carica i minatori in sciopero
e dà la caccia al fratello del protagonista, massacrandolo a
manganellate : ne scandisce l'escalation proprio il ritmo impetuoso
di London Calling. Canzone più intonata non si poteva scegliere
per onorare la sconfitta subita allora dai sindacati inglesi, che consolidò
definitivamente il dominio politico di Margaret Thatcher, salita al
potere il 1 maggio 1979. Il punk era stato presagio della nuova epoca
in cui stava entrando la Gran Bretagna, e i Clash più di altri
avevano simboleggiato le ragioni di chi era destinato a soccombere.
"Prendi il controllo o prendi ordini ?", domandavano 25 anni
fa in White Riot.