THE CLASH: "IL SOGNO DEL ROCK LIBERO" di Alberto Campo
(tratto dal settimanale Diario del 4.4.2002) www.diario.it


"Venticinque anni fa esordivano i Clash. La band inglese che scavando nell'underground di Londra coniugava punk, ritmi latini ed ansie di ribellione."

Tre giovanotti presi di spalle, braccia in alto e mani contro il muro : come per una perquisizione poliziesca. Indossano giubbotti istoriati con scritte tracciate a vernice: "White Riot" quello a destra, "1977" quello a sinistra. E' l'immagine di copertina del primo 45 giri dei Clash. Storia di 25 anni fa, il tempo di una generazione. Uscì il 18/3/1977 ed anticipò di tre settimane la pubblicazione del loro primo album. Altra copertina a tinte forti : sul retro, una fotografia dei violentissimi scontri fra bobbies ed immigrati antillani, quasi 500 feriti ed una sessantina di arresti, a bilancio, che l'estate prima avevano chiuso tumultuosamente il tradizionale Carnival multietnico di Notting Hill Gate.
Insieme all'adiacente Ladbroke Grove, da anni quell'area era epicentro della boheme giovanile londinese: squat, musica, droghe e miscuglio razziale. Grembo antropologico e culturale per l'incubazione del punk. "Al Carnival c'eravamo io Joe e Bernie, che però è sparito dopo la prima carica della polizia…All'inizio cominciarono a volare bicchieri di carta e di plastica, poi bidoni della spazzatura, bottiglie e pietre. Dopo la carica, io e Joe facevamo avanti e indietro tirando mattoni contro le moto della polizia e abbiamo tentato anche di incendiare un'auto".


Clash come "scontro", appunto : "io" è Paul Simonon, il bassista, Joe è Strummer, il cantante, mentre Bernie fa di cognome Rhodes ed era il loro manager. All'appello manca giusto Mick Jones, il chitarrista : colui intorno al quale il gruppo aveva preso forma nel giro di pochi mesi.
Jones e Simonon provenivano da una banda chiamata London SS (provocatorie simbologie naziste furono una prerogativa del primissimo punk e generarono più di un equivoco), mentre Strummer, che all'anagrafe è John Mellor : nato ad Ankara, figlio di un ambasciatore di sua maestà, stava nei 101'ers. A metterli in contatto fu Bernie Rhodes, ex venditore di auto usate e portaborse di Malcom Mc Laren, il pigmalione dei Sex Pistols. E sempre lui scovò il posto dove farli provare : un magazzino dimesso dalle ferrovie britanniche a Camden, ridipinto dai nuovi inquilini, l'artista della compagnia era Sino mon, ma anche Jones e Strummer avevano in curriculum un diploma dell'Art School, con uno stile "selvaggio" alla Jackson Pollock. A Rhodes si deve infine l'idea di impiegare slogan insurrezionali "Rivolta Bianca", "Londra brucia", "Odio e guerra". Più per fare effetto che per convinzione, secondo le tattiche situazioniste sperimentate da McLaren. Ma se il messaggio dei Sex Pistols era nichilista ("No Future"), quello dei Clash esortava, ancorché in modo demagogico, al movimento. "Facciamo canzoni di protesta, canzoni folk con la chitarra elettrica" : parola di Strummer. Bob Dylan da barricata, ovvero, come diceva Woody Guthrie, "questa chitarra uccide i fascisti". Ciò non impedì allora ai Clash di firmare un contratto con la multinazionale Cbs in cambio di un anticipo di 100.000 sterline : di punto in bianco il punk era esploso e ogni casa discografica voleva il suo gruppo. "Eravamo all'oscuro di tutto, lasciavamo che fosse Bernie ad occuparsene", confessa Strummer, "che ne sapevamo noi di case discografiche e contratti?".
C'è da credergli : avevano vent'anni o poco più. E del resto, non sono le contraddizioni a far muovere il mondo ?


Sottoculture Riunite. Fino ai primi anni Novanta, quando cioè il gruppo non esisteva più da tempo, benché sbiadita, una cubitale scritta The Clash spiccava ancora su un muro all'incrocio fra Harrow Road e Westbourne Road, proprio sotto la sopraelevata Westway, appena più a ovest di Notting Hill e Ladbroke Grove. E qualcuno racconta di un graffito identico e altrettanto grande visto in periferia a Città del Messico. Che cosa ha permesso di colmare una distanza tanto grande, fra luoghi così diversi? Sta tutto qui il segreto dei Clash….Fattore determinante fu la loro capacità di assorbire e metabolizzare le sottoculture antillane che circolavano nei quartieri londinesi dove crebbe il punk. In primo luogo quella dei giamaicani rasta : "I più riconoscibili emarginati d'Inghilterra, che posti di fronte al pregiudizio rifiutavano l'integrazione nel sogno inglese", scrive Jon Savage nel suo capitale saggio sul punk "Il sogno inglese" (Arcana Editrice). Segregazioni a confronto . una razziale e l'altra estetica, subita la prima e cercata la seconda. Così i rasta, e in generale la comunità giamaicana di Londra, esercitarono a suon di reggae e tra vapori di ganja una sorta di sotterranea egemonia culturale su alcune frange del punk. E senz'altro sui Clash , che in White Riot inneggiavano ai neri "che non esitano a lanciare un mattone", inclusero nel primo album una propria versione del classico reggae Police and Thieves di Junior Murvin e infine fecero produrre al maestro giamaicano Lee Perry il 45 giri Complete Control. Sforzi premiati da un elegio in musica fatto pervenire loro addirittura da Bob Marley in persona, sulle note di Punky Reggae Party.


Il terzomondismo dei Clash ha radici in quei primi rozzi tentativi di comunicazione interrazziale. Sarebbe fiorito in seguito nel monumentale ed eclettico triplo album del 1980 "Sandinista!" : opera generalmente disprezzata dalla critica angloamericana e viceversa considerata fondamentale altrove, dall'Europa mediterranea all'America Latina. Prova ne sia la progenie cui ha dato origine, a cominciare, per dire del ramo più rigoglioso in termini di popolarità, dalla patchanka che ha fatto la fortuna di Manu Chao, prima con i Mano Negra e quindi da solo : capostipite di un fenomeno animato ora dai vari Macaco e Sergent Garcia. Ma dovessimo elencare tutti i possibili discendenti dei Clash, fra quanti ne emulano l'irruenza elettrica (il punk americano odierno, dai Rancid agli Offspring) o ripropongono con altrettanto fervore la simbiosi fra rock e politica (i bellicosi Rage Against The Machine), non finiremmo più.
Merita attenzione semmai l'evoluzione nostrana di quel contagio. La folla ai loro primi concerti italiani, nel giugno 1980: spettacoli gratuiti per sostenere la campagna elettorale del Pci in vista delle amministrative. Poi in mente poi i Gang, che ispirandosi ai Clash cominciarono a fare musica, o i primi Casino Royale, pionieri nello sperimentare l'ibrido fra punk e ritmi giamaicani che oggigiorno, al tempo di Meganoidi, Shandon e Persiana Jones, si è soliti chiamare skacore. In coda al recente esordio discografico di Giuliano Palma, ex cantante dei Casino Royale diventato solista, affiora una toccante trascrizione unplugged di Stay Free. E interrogato a proposito, l'interessato conferma " I Clash sono stati l'origine della specie".
Stay Free compare nel secondo album dei Clash, Give'em Enough Rope. Un lavoro controverso : registrato con il produttore mainstream Sandy Pearlman a San Francisco, nel 1978. Quasi smentendo se stessi, visto che nel disco precedente avevano cantato I'm so bored with the USA, "non ne posso più degli Stati Uniti. Una contraddizione che evidenzia il rapporto di amore/odio fra i punk londinesi e gli States, dov'erano stati formalizzati i codici musicali ed estetici del punk (Mc Laren aveva sbirciato le gesta di Patti Smith, Tom Verlaine, Richard Hell e Ramones , prima di varare l'operazione Sex Pistols, che, ironia della sorte, proprio oltreoceano naufragò all'inizio del 1978). Sentimenti ricambiati : l'esordio dei Clash non fu pubblicato all'epoca in Nordamerica (divenendo in compenso massimo best seller di importazione con oltre 100 mila copie vendute.
Give 'Em Enough Rope, pastorizzato da Pearlman, invece sì. Inoltre gli Stati Uniti si sono vendicati dei Clash applicando alla loro musica il principio filosofico dell'eterogenesi dei fini. Ossia : se Should I Stay Or Should I Go divenne nel 1991, cinque anni dopo la fine del gruppo, merce da hit parade, fu perché era nello spot di una marca di jeans, mentre contemporaneamente Rock The Casbah, composta in origine per irridere l'ayatollah Khomeini , che aveva bandito la musica pop in Iran, divenne suo malgrado inno di battaglia dell'aviazione statunitense impegnata a bombardare l'Iraq.


E Poi Finisce Tutto. Gli ultimi due brani citati stanno in "Combat Rock", successore assai più conciso ed ortodosso, nonostante un'apparizione di Allen Ginsberg in Ghetto Defendant, del debordante Sandinista!, nonché passo d'addio dei veri Clash. Fu Mick Jones ad andarsene, sbattendo la porta. Era il 1983: Strummer e Simonon non mollarono subito la presa. Reclutarono un trio di giovani musicisti, continuarono a fare concerti e nel 1985 pubblicarono anche un disco, Cut the Crap, in seguito da loro stessi disconosciuto. Poi la fine ufficiale, all'inizio del 1986 : notizia comunicata ai media da Strummer con un telegramma spedito dalla Spagna. Lo stesso Strummer si sarebbe dedicato più al cinema che alla musica, negli anni immediatamente seguenti : colonne sonore per i film dell'amico regista Alex Cox (Straight to Hell, come una canzone di combat rock, e Sid and Nancy, sul tragico declino dei Sex Pistols) e anche qualche particina da attore (in Walzer dello stesso Cox e Mistery Train di Jim Jarmush).
Dischi pochi, ma uno recentemente, persino dignitoso : Global A Go Go. Di più ha fatto Mick Jones con i Big Audio Dinamite, finchè una varicella degenerata in polmonite lo ha messo fuori gioco. Quanto a Sinomon, archiviato un mediocre tentativo di tornare in scena con gli Havana 3 AM, si è trasferito in California e ha ricominciato a dipingere, oltre a fare gang da Harley Davidson con gente come Mickey Rourke. Dei batteristi succedutisi in formazione, prima Terry Chimes e poi Nick Topper Headon, si sono perse le tracce. E nonostante lo faccian tutti, e a dispetto dei milioni di dollari offerti da impresari statunitensi, a tornare insieme per suonare i Clash, a differenza dei Sex Pistols, non ci pensano. "Perché gli anni sono passati e le cose sono cambiate / e io vado dove mi pare", recitano i versi di Stay Free.
La memoria resta viva, però. Eccome. Appena qualche settimana fa, dovendo premiare la migliore foto rock di tutti i tempi, una giuria internazionale di fotografi e giornalisti ha indicato quella scattata nel 1979 al Palladium di New York da Pennie Smith. Immortala Paul Sinomon che sfascia il suo strumento sul palco. E' la medesima che campeggia sulla copertina di London Calling, il terzo album dei Clash. Amato dai fans e lodato dalla critica, il periodico Rolling Stones lo elesse miglior disco degli anni Ottanta, bechè uscito nel dicembre 1979.


Un classico del rock, a tutti gli effetti . "La prima volta che andai a Berlino dopo l'uscita di London Calling, mi ritrovai a chiacchierare in un bar con uno skinheads sedicenne", rievoca Strummer, "diceva di essere scandalizzato e di non sopportarlo, perché piaceva persino a sua nonna".
Una delle sequenze più belle in Billy Elliot di Stephen Dal dry è quella in cui la polizia a cavallo carica i minatori in sciopero e dà la caccia al fratello del protagonista, massacrandolo a manganellate : ne scandisce l'escalation proprio il ritmo impetuoso di London Calling. Canzone più intonata non si poteva scegliere per onorare la sconfitta subita allora dai sindacati inglesi, che consolidò definitivamente il dominio politico di Margaret Thatcher, salita al potere il 1 maggio 1979. Il punk era stato presagio della nuova epoca in cui stava entrando la Gran Bretagna, e i Clash più di altri avevano simboleggiato le ragioni di chi era destinato a soccombere. "Prendi il controllo o prendi ordini ?", domandavano 25 anni fa in White Riot.