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L'8
Aprile 1977 esce "The Clash" , il primo, solido mattone, della
casa a diversi piani che i Clash costruiranno nel corso della loro assolutamente
unica carriera. Guardato a distanza di tempo, "The Clash"
appare un disco intenso, rabbioso, genuino che cela una sorta di doppia
personalità. Un disco "bifronte", per usare un'espressione
utilizzata per descrivere la politica italiana di inizi 900.
Un lavoro che guarda con decisione alla formula punk dei due minuti
e dei quattro accordi sparati in faccia agli ascoltatori e che , contemporaneamente,
volge i propri interessi verso soluzioni musicali più mature
e costruite ; oltre la rabbia e verso la consapevolezza.
Peraltro "The Clash" , che può essere considerato fra
i più maturi album di esordio prodotti dalle punk band inglesi
della prima ora , associa alla forza della musica l'impatto dei testi.
Crudi, veritieri, espressione di una coscienza sociale inusuale per
i gruppi di quel periodo, giovani e meno giovani.
Scriveva, sbilanciandosi alla grande, Tony Parson sul NME " I Clash
hanno scritto con estremo realismo la vita inglese di tutti i giorni.
La gioventù inglese deve rispecchiarsi in questo disco. The Clash
è come uno specchio che riflette tutto, anche la merda, della
società inglese, e dice la verità.
Secondo me è il più grande disco di rock'n'roll mai realizzato".
In questo positivo e fondamentale processo di affermazione della propria
identità (artistica e politica) la figura di Joe Strummer gioca,
almeno a mio parere, un ruolo determinante. Nel periodo "buskers"
pre 101'ers e pre Clash, Joe fece alcuni incontri con persone che gli
consentirono di maturare una coscienza politica che egli riversò
nella musica quando incontrò il punk-rock.
Insomma i Clash suonavano e parlavano in modo "diverso" sin
dagli esordi. Anche l'immagine della copertina di "The Clash"
era diversa. In particolare il retro della cover raffigura una carica
di polizia tratta dagli scontri avvenuti durante il carnevale giamaicano
del 1976 a Notting Hill, ed al quale parteciparono anche Strummer e
Simonon. E' il tentativo di sconfiggere la frustrazione ed il nichilismo
attraverso la lotta e la reazione, anche fisica. Tutto ciò si
esprimerà in "White Riot" effimero sogno di "rivolta
bianca" che infiammerà i cuori di tutti noi. Ascoltate l'intensità
di White Riot. Troverete la disperata ricerca di identità e la
voglia di muoversi in prima persona che i Clash hanno cercato di rappresentare.
"Il nero ha un casino di problemi, ma non ci pensa due volte a
tirare un mattone
I bianchi vanno a scuola, dove ti insegnano a fare il duro
E tutti fanno quello che gli dicono, e nessuno vuole finire in galera
Rivolta bianca, voglio la rivolta, rivolta bianca, una rivolta in me
stesso
Tutto il potere è nelle mani di chi è abbastanza ricco
per comprarlo
E intanto noi camminiamo per le strade, troppo sciocchi per metterlo
alla prova
E tutti fanno quello che gli si ordina, e nessuno vuole finire in galera
Rivolta bianca, voglio la rivolta, rivolta bianca, una rivolta in me
stesso " (White Riot)
Registrato
allo Studio 3 della CBS in sole due settimane (nel corso delle registrazioni
viene suonata anche una punk-version di "Dancing Shoes", tra
i primi classici di Bob Marley) , e nonostante una qualità dell'incisione
non eccelsa, "The Clash" balza al numero 12 delle classifiche
inglesi, vendendo più di 100.000 copie (in America la Columbia
pubblicherà il disco solo nel 1979 con una scaletta completamente
diversa , vedi discografia ).
Nel disco troviamo il punk, il rock'n'roll più sporco e slabbrato,
ed un primo, ma grandioso, tributo alla musica reggae con la cover di
"Police & Thieves" di Junior Murvin.
E' la furiosa Janie Jones che apre le danze, seguita da "Remote
Control" l'urlo punk (ma la costruzione del brano ha già
uno spessore notevole) contro la repressione; poi "I'm so bored
with the Usa" con lo stupendo attacco di chitarra che introduce
la critica alla società americana . Detto di "White Riot"
(e dopo aver consigliato la visione della versione live contenuta nel
film Rude Boy-1980 con Jimmy Pursey degli Sham 69 alla voce ), passiamo
al ruvido rock'n'roll di "Hate and War" dove la voce roca
di Strummer sul finale in crescendo distrugge il mito anni '60 del "love
and peace", a seguire la ricerca d'identità attraverso il
punk di "What's my name" (firmato anche dal chitarrista Keith
Levine, poi nei P.I.L.), ancora "Deny" con l'espressa difficoltà
di relazionarsi con falsi comportamenti , mentre il finale della prima
side è occupato da "London's Burning" un piccolo capolavoro,
marziale ed irresistibile dove il reggae si insinua fra le pieghe punk.
La seconda facciata si apre con un classico : "Career Opportunities"
pura rabbia scaricata contro un mondo del lavoro che annulla la personalità,
segue "Cheat" incitamento ad aggirare le regole, poi "Protex
Blue" e "48 Hours" un bisogno emozionale da bruciare
in fretta. Chiudono il disco le stupende trame della già citata
"Police and Thieves" , dove la chitarra in levare di Jones
fornisce un assaggio del suo talento di arrangiatore e compositore,
e la spontaneità cruda e passionale di "Garageland",
uno dei migliori pezzi di "The Clash" (c'è spazio anche
per l'armonica), un brano dedicato a tutte le band che sudano e ci provano,
in mezzo ad un mucchio di difficoltà: tecniche ed umane. Lasciateli
parlare dicono i Clash, lasciate che ci deridano. Noi siamo i migliori,
i migliori ragazzi di questo mondo, urliamo dalle cantine tutta la notte
e salviamo la nostra identità.
Al
termine delle registrazioni lascerà il gruppo Terry Chimes, troppo
lontano dal "modo d'essere" della band (di li a breve arriverà
Topper Headon), mentre la coppia Jones-Strummer, che firma quasi tutti
i brani, si impone per la fortissima personalità.
Chiudiamo con una frase sibillina di Pete Silverton di Sounds :"Credo
che i Clash debbano a buon diritto sedersi al tavolo dei Beatles e degli
Stones. Se non ti piace "The Clash" non ti piace il R'n'R".
Lo stesso Sounds circa un anno prima, in occasione del debutto live
dei Clash al Black Swan di Sheffield (4/7/1976), aveva così recensito
l'esibizione : "Caotica, senza capo ne coda; con un bassista che
non ha la più pallida idea di come si suona uno strumento".
Such is life
.
Mauro
Zaccuri