LA SAETTA ROMPE IL CERCHIO:
IL FENOMENO DELLE POSSE IN ITALIA





Un cerchio attraversato da una saetta : ecco il simbolo dei centri sociali di terza generazione (1990). Un simbolo comune a diverse esperienze sparse in Europa (Germania, Olanda, Francia, Spagna) dove il cerchio rappresenta il tessuto urbano, la città alienante e chiusa, mentre la saetta significa voglia di agire, vitalità, anticonformismo capace di rompere il cerchio, la gabbia. In sintesi : "rompere il cerchio , distruggere la gabbia, creare ed organizzare la nostra rabbia".

Una esperienza, quella dei centri sociali di terza generazione , che è riuscita a creare un fondamentale connubio , nei suoi anni migliori dal 1990 al 1995 , fra politica e musica.
Una stagione breve ma fortemente incisiva quella delle "Posse" italiane, una dimensione socio-culturale di cui andare finalmente fieri. Si diceva dei centri sociali di terza generazione.
Ma prima cosa esisteva ? Quali sono state le basi sulle quali sono cresciute le "Posse" ? Proviamo brevemente a tracciare qualche linea guida.




LA PRIMA GENERAZIONE


Intorno al 1976 entra in crisi in modo irreversibile il ruolo della fabbrica come luogo di aggregazione della classe operaia.
La cassa integrazione, i licenziamenti, il lavoro sommerso o precario creano a sinistra i presupposti per il progressivo sfaldamento del tessuto sociale di riferimento.
Una parte dei lavoratori (preoccupati per l'oggi) e degli studenti (preoccupati per il futuro) , cercano di concentrare il dissenso all'interno del territorio urbano attraverso l'occupazione di vecchie fabbriche dismesse.

Nascono così i primi Centri Sociali Occupati Autogestiti (C.S.O.A.) : ad esempio a Milano troviamo il Leoncavallo, il CSOA di Via Correggio (poi Virus), il Fabbrikone. Chi li frequenta sono lavoratori, associazioni, studenti, militanti di partiti che tornano al lavoro duro di "quartiere".
Nei Centri Sociali, che aprono solo per qualche giorno a settimana, si fa politica ma non quella delle segreterie. Ci sono quindi sportelli per consulenze legali e fiscali, spazi per bambini, piccole librerie, attività ricreative, il bar, l'organizzazione di eventi ed assemblee. L'organizzazione dei Centri Sociali è per certi versi simile a quella delle vecchie Case del Popolo.
Intorno ed all'interno di questi nuovi luoghi di socializzazione ed integrazione vivono frange più dure come quella degli autonomi, che "sfondano" ai concerti rock e creano tafferugli e disordini (basta ricordare che a Milano per alcuni anni non si tennero concerti rock di livello internazionale).

E poi c'è la musica, magari quella fatta dagli amici per gli amici.
Musica totalmente separata dai meccanismi dell'industria discografica classica.
Il punk che sta per esplodere in Inghilterra comincia a portare qualche "alito di vento", una lieve e quasi impercettibile ondata di novità, di liberazione dagli schemi precostituiti del mondo ingessato del pop-rock.




LA SECONDA GENERAZIONE


Il solco profondo lasciato dall'esperienza precedente, genera , nei primi anni 80, una nuova serie di centri sociali certamente meno "classicamente politici" rispetto ai primi , ma contraddistinti da caratteri specificamente controculturali e giovanili.
I frequentatori dei C.S.O.A. di seconda generazione sono principalmente giovani, una buona parte dei quali punx. La musica (punk, ma non solo) diventa ancora più centrale nelle modalità di gestione di questi centri di aggregazione.
A Milano (con il Virus di Via Correggio - un centro veramente tosto dove nascono ottime punk-band) ma anche a Pisa, Torino, Bologna si sviluppano questo genere di iniziative.

La cosiddetta "sottocultura" che emerge fra i giovani gestori e frequentatori dei centri sociali riflette stili di vita trasgressivi e ribelli. La loro ferma opposizione alla "mercificazione" della società e la volontà di distruggere le convenzioni legate alla tradizione comunista ortodossa, li porta a compiere scelte radicali in termini di gestione degli spazi sociali che si sono conquistati. I gruppi che suonano in questi luoghi sono autoprodotti nella quasi totalità dei casi . E' la stagione rigogliosa delle fanzines provenienti dal circuito alternativo. I produttori di musica sono gli stessi consumatori.
Il rapporto band - pubblico è praticamente capovolto.
Le band suonano e scrivono di cose che fanno parte integrante della loro vita quotidiana, ed in questo la simbiosi con la "loro gente" è pressoché totale.( L'utilizzo sempre più massiccio della lingua italiana al posto dell'inglese, ha certamente contribuito a sviluppare questo tipo di rapporto.)
I centri sociali sono spesso dotati di sale prova , e l'attività musicale viene vissuta finalmente come un mezzo fondamentale di comunicazione fra i giovani. La musica diventa sempre più un formidabile strumento di socializzazione e di affermazione politica, con il quale rivendicare la propria differenza. Ma la musica diventa anche un mezzo importante di lotta contro un flagello chiamato eroina. Per sottrarsi alla minaccia esterna delle droghe pesanti, la musica, suonata direttamente e non solo fruita, diventava uno strumento fondamentale. Molte punk-bands nate in quel momento dicevano spesso "se non avessi avuto la musica sarei diventato un tossico".

Nell'essere indubbiamente marginale la stagione dei centri sociali di seconda generazione introdurrà un fortissimo rinnovamento della scena giovanile ed alternativa italiana.
La sua separazione dal resto della società, pur essendo da un certo punto di vista un limite, sarà per qualche anno un territorio protetto ed uno "stile di vita" contro una società esterna vissuta come nemica nel suo insieme.
Ci furono in quel periodo anche tentativi (1985/86) di coniugare la sottocultura punx con un modo di vedere il centro sociale più classicamente politico (vedi Helter Skelter di Milano) ma si dovranno attendere gli anni finali del 1980 per vedere qualche frutto di questa difficile mutazione.

I Centri Sociali cominciano ad essere aperti tutti giorni ed a fornire una programmazione musicale, teatrale, culturale costante e precisa. In piena concorrenza con quella, che arriva "sparsa alla meta", di amministrazioni comunali e delle multinazionali discografiche e del divertimento.
E' in questo panorama che nasce la breve ma incisiva stagione delle "Posse", del rap e dell'hip-hop italiano. Una miscela che cerca di collegare il desiderio di "chiusura totale" verso la società, alla legittima necessità di uscire, di farsi sentire, di prendere posizione.
Equilibrio difficile e pericoloso, che rappresenta ancora oggi un nodo complesso di difficile governabilità.
Un equilibrio reso ancora più arduo da raggiungere quando saranno le major discografiche (che sentono odore di gran business) a proporre contratti ai nuovi, promettenti, gruppi che usciranno dalla nuova stagione dei centri sociali.


LA TERZA GENERAZIONE: LE POSSE


Nei primi anni '90 tutto comincia viaggiare molto velocemente.
Nascono molti nuovi centri sociali a Roma, Napoli, Milano.
Qualche nome : Officina 99 a Napoli, il Filo Rosso a Cosenza, l'Asilo Politico di Salerno, il Corto Circuito di Roma, il Zapata di Genova, il Pergola Tribe ed il San Antonio Rock Squat di Milano. Politica, musica e cultura si mixano come mai prima d'ora.
Il movimento studentesco della "Pantera" fornisce un grande impulso a tutta la scena, soprattutto a quella romana.

I C.S.O.A. diventano più aperti, frequentati anche da gente "normale" che non si interessa alla politica ma, ad esempio, solo alla musica. Andare al centro sociale anche per vedere un solo concerto, solidarizzare, senza far parte dei collettivi di gestione dello stesso.
Così i frequentatori dei centri aumentano a dismisura , incrementando le potenzialità economiche degli stessi, che ormai, per la qualità dell'offerta culturale messa a disposizione a basso costo, sono veri e propri punti di riferimento nelle grandi città.
Le nuove situazioni musicali, quelle in cui tutti possono interagire, trasmettono un messaggio certamente positivo, perché diventano trasmissione di concetti importanti, potenti : "alla parola verrà dato il potere". Il "messaggio" contenuto nelle canzoni è sempre più determinante, essenziale. Intanto anche il livello qualitativo della musica proposta dai nuovi gruppi aumenta fortemente, ed i concerti nei C.S.O.A. non saranno più completamente gratuiti : ci sono costi fissi da sostenere e la dignità stessa del lavoro dei gruppi esige che gli stessi vengano, giustamente, pagati.

Ancora la musica quindi. Essa diventa sempre più l'arma privilegiata per ricomporre tutti quei soggetti che la società ha diviso, separato e allontanato, bloccandone una qualsiasi forma di comunicazione . Musica suddivisa in diversi filoni, con il cantato in italiano che diventa fondamentale.



Frankie Hi-NGR


99 Posse

Neffa

HIP HOP

Nei C.S.OA. si suona rock, punk, reggae, ska, raggamuffin ma è la cultura hip-hop che segna decisamente gli anni 90.
Una cultura nata fra i neri americani che raggiungeva la ribalta oltre vent'anni fa con "Rapper's Delight" della Sugarhill Gang.
I giovani afro-americani senza soldi non si potevano certo permettere le costose discoteche in voga in quel periodo. Quindi per potersi riunire e ballare sfruttavano i clubs o i parchi all'aperto dove qualche improvvisato disc-jockey provvedeva a sistemare due giradischi ed un paio di cassette audio e cominciava a "rappare", cioè a parlare sopra la musica ritmicamente.
Nasce così la musica rap, che molti cominciano a chiamare hip hop, un fenomeno che comprende tutte le forme di espressione artistica.

La forza esplosiva dell'hip hop somiglia per certi versi a quello che fu il punk nei tardi anni 70 : distruzione di regole precostituite.
Anche in questo caso si avvicinano alla musica , e la producono, soggetti che non sono veri e propri musicisti, ma che hanno qualcosa da dire sia dal punto di vista artistico che dei contenuti.
Una cultura di strada, dove il DJ , attraverso la tecnica del cut up, prende la musica che già esiste, la taglia e la cuce. Il DJ come musicista anomalo che "suona" dischi e giradischi , ecco la novità. Ma hip hop , come si è detto, non è solo musica, ma anche parola, musica, movimento, immagine : stile di vita molto più che semplice oggetto di consumo.
Uno stile che è riuscito a penetrare molto nel costume giovanile contemporaneo.

L'appannarsi del fascino trasgressivo del rock ha reso possibile la diffusione inesorabile del suono proveniente dai ghetti neri di New York, che coinvolge anche giovani bianchi con attitudine punk come nel caso del clamoroso successo dei Beastie Boys con il loro "Licensed to Ill". Una parte importante dell'hip hop, che conferisce dignità politica al fenomeno, è il forte contenuto politico e sociale dei testi di alcuni gruppi come i Public Enemy (le "pantere nere" dell'hip hop).
E poi la "Zulu Nation" del pioniere Afrika Bambaataa che vuole "trasformare l'energia negativa delle guerre fra clan in energia positiva tramite la nuova cultura di strada, l'hip hop".
Poi ancora artisti fondamentali come i Gang Starr (che sanciscono il matrimonio fra jazz e rap con lo storico "Jazzmatazz" del 1993), Grandmaster Flash , De La Soul , Run Dmc e nomi più controversi come Wu Tang Clan, Ice Cube, Tupac Shakur, Ice T.
In Inghilterra da citare certamente i Marxman (dalla chiara impostazione comunista) ed in Francia Mc Solaar (senegalese d'origine e proveniente dalle banlieu parigina dove i casseurs fanno esplodere la loro rabbia).

Ed in Italia? Fu il messaggio più politico dell'hip-hop a condizionare i primi passi di questa musica in Italia. Attraverso la nascita delle Posse, il rap viene adottato come vera e propria arma politica nei centri sociali, che sono stati fondamentali per la diffusione del rap rimato in italiano. Oltre alla preponderante "sezione musicale", l'hip hop italico sarà anche composto da writers e breakers di alto livello.
La scena musicale è invece dominata da gruppi politicizzati (anche se in qualche caso attenti allo stile oltre che ai contenuti) provenienti dai centri sociali di tutta Italia: 99 Posse da Napoli, Assalti Frontali da Roma, Sangue Misto (nascono dalle ceneri dell'Isola Posse All Stars) da Bologna, Sud Sound System dal Salento, Lou X dall'Abruzzo, Lion Horse Posse da Milano.

La lingua italiana si impone con brani come "Salario Garantito" dei 99 Posse e "Fight da Faida" del torinese Frankie Hi-NGR che nel testo dice: "Potere che soggioga, potere della droga, potere di uno Stato che di tutto se ne frega : strage di Bologna, Ustica, Gladio, cumuli di scheletri ammassati in un armadio. Odio , il tuo seme germoglia nella terra fecondato dal sangue della guerra e la camorra, indomita, ricca e strafottente, continua ad uccidere la gente".
L'efficacia dei testi migliora sempre di più e cresce anche il consenso di un pubblico che va oltre l'audience dei centri sociali. Alcuni gruppi firmano contratti con le major (99 Posse, Assalti Frontali, Frankie), altri artisti si dirigono verso percorsi musicali di più ampio respiro come nel caso di Neffa (ex Sangue Misto) ed Almamegretta.
Ritorna, come sempre, il grande dilemma : come tener fede ai propri ideali pur muovendosi nel "sistema" tanto avversato?. Il tema è vecchio e ritrito (ricordate i Clash ed il loro contratto con la CBS del gennaio 1977 ?).
Il tentativo di risolvere la questione è quello di affrontare la battaglia "nel ventre della bestia", cioè dentro il mercato, ma non per arrendersi bensì per rilanciare la posta in gioco, per moltiplicare conflitti capaci di produrre "sovversivi", soggetti coscienti dell'importanza della battaglia comunicativa in corso fra dominanti e dominati.
Quindi lotte per avere bassi prezzi di vendita dei CD, massima autonomia artistica ed espressiva, utilizzo di canali alternativi ( sempre centri sociali, internet..) per diffondere le proprie convinzioni ed unirle ad altri.
Certo anche nel caso dell'hip hop italico (che certamente non ha sfondato nel mercato discografico, ma si è ritagliato uno spazio importante e quasi insperato nello stesso) ci sono esempi di gruppi più commerciali ed individualisti (Articolo 31, Sottotono) ma complessivamente il movimento ha rappresentato quella fascia di mondo giovanile più sensibile e solidale che è approdata recentemente nel movimento anti-globalizzazione.

Un fenomeno quello delle Posse italiane che, pur conservando le proprie radici negli States, è riuscito a staccarsi dal cordone ombelicale dell'hip hop afro-americano, affermandosi autonomamente grazie alle proprie capacità espressive.
Un movimento di cui essere, sinceramente, orgogliosi.


Mauro Zaccuri

Articoli di riferimento :
- Primo Moroni "Musiche contro : la canzone di protesta in Italia"
- Elisa Cutullè "Centri Sociali come posto di ricerca dell'identità"

Sul Web :
www.focolaio.it
(un sito molto curato sui 99 posse e sulle loro iniziative)
www.ecn.org/
(un sito sulle attività dei centri sociali ed altre associazioni collegate)
www.leoncavallo.org
(il sito del Centro Sociale Leoncavallo di Milano)