Castelfranco Di Sotto,stadio,ore 22.30:c'è grande attesa sotto
il palco per questa prima data estiva dei Modena City Ramblers;il pubblico,che
ha aspettato a lungo pazientemente,adesso li invoca a gran voce.Ho visto
i Modena a Firenze in marzo,durante il tour "promozionale"
di "Radio Rebelde",e attendo con una certa curiosità
l'inizio di questo concerto,confidando in una variazione della scaletta.Non
mi deluderanno.
Poco dopo le 22 e 30 salgono sul palco e attaccano subito con il combat
rock martellante di "La Legge Giusta",sorretti nel ritornello
dai cori dei fans;ma è solo col secondo brano,"Newroz",che
i ragazzi iniziano a pogare e il concerto prende il via,andando avanti
per quasi due ore di emozioni a raffica.I Modena City Ramblers confermano,ovviamente,l'intenzione
di dismettere gli abiti di cantastorie irlandesi e di voler proseguire
in futuro sulla strada tracciata dall'ultimo album,quindi:via la fisarmonica,meno
chitarre acustiche,poco violino,più elettricità,un po'
di tromba e molto ritmo in levare.Cisco ha voglia di parlare:scalda
il pubblico,spiega i testi delle canzoni e si scusa in anticipo per
eventuali errori.Dopo "Newroz" scherza sulle polemiche nate
intorno all' "Inno di Mameli" ai mondiali di calcio e definisce
"Bella Ciao" "il vero inno della Repubblica italiana"
per poi lanciarsi nel folk-punk ad alta gradazione alcolica di "Grande
Famiglia".
Vengono suonate,a differenza di Firenze,solo le canzoni migliori dell'ultimo
album,mischiandole ai brani del vecchio repertorio che più si
adattano al "nuovo stile",senza ovviamente tralasciare i "classici"
e ripescando talvolta qualche pezzo da tempo fuori scaletta,come la
ballata alla Shane McGowan "Canzone Dalla Fine Del Mondo"(4
anni dall'ultima volta!).
Con "Radio Tindouf" rendono omaggio alla resistenza del popolo
saharawi:giusto qualche settimana fa sono stati (di nuovo) nel deserto
a portare solidarietà a migliaia di rifugiati in cerca di un'identità
riconosciuta.Qualcuno lancia sul palco la bandiera di un altro popolo
calpestato e umiliato,quello palestinese;Cisco la mette sull'asta del
microfono mentre canta "c'è una voce che chiama al di là
del muro,c'è un vecchio uomo che canta e piange per le sue catene".Alcuni
ragazzi tra il pubblico scandiscono lo slogan "Palestina Libera".
"Terra del Fuoco" si conferma anche dal vivo uno dei pezzi
più ispirati e suggestivi di "Radio Rebelde",col suo
ritmo ipnotico e le atmosfere delicate e malinconiche create dalla tromba.Con
"La Banda Del Sogno Interrotto" i Ramblers ricordano che le
cose in Sicilia non sono molto cambiate:"il governo ha sbloccato
gli appalti e la mafia riapre i cantieri",alla luce della pioggia
di denaro che accompagnerà le "Grandi Opere" nel Sud,suona
davvero attuale.
Seguono alcuni pezzi reggae intrisi di sonorità gaeliche, come
"Fuori Campo" e "Ghetto".L'esecuzione di quest'ultimo
in particolare ha rappresentato uno dei momenti più intensi e
coinvolgenti del concerto:le parole ("non è sempre vero
che il gioco è dei furbi,non è scontato che sia così"),
le chitarre rabbiose e le trame del flauto di Franco entrano dentro
con una tale forza da lasciarmi a bocca aperta per tutta la durata della
canzone.Cisco la dedica a quelli che non si accontentano e non smettono
di sperare in un mondo migliore,e ricorda che Robben Island (citata
sul finire del brano) è l'isola-carcere nella quale furono rinchiusi
Nelson Mandela e gli altri leader del movimento nero ai tempi dei regimi
minoritari bianchi in Sudafrica. La prigione è divenuta oggi
un museo,per non dimenticare le segregazioni razziali dell' apartheid.
"Macondo Express",dal capolavoro "Terra e Libertà",paga
il tributo ai Mano Negra,che ispirati dalle atmosfere magiche dello
scrittore Gabriel Garcia Marquez,si tuffarono in un folle e avventuriero
viaggio in Colombia,per portare la "feria" nei luoghi dimenticati
da dio.Marquez e il continente desaparecido ritornano anche in "Cent'anni
di Solitudine",suonata come sempre con grande entusiasmo e molto
sentita dal pubblico. Ancora ritmi latini in "Carretera Austral",durante
la quale,cullato dal suono del flauto,il pensiero corre inevitabilmente
alle ferite non ancora guarite del Cile.Un non propio eccellente riff
di Cisco ("mamma mia",commenta) introduce, tra le risate dei
compagni,"Transamerika":grande movimento sotto il palco e
pugni chiusi a salutare il comandante Guevara.
Tra pezzi nuovi ("Una Perfecta Excusa","Veleno")
e vecchi brani immortali("Il Ballo di Aureliano","Clan
Banlieu","In un giorno di pioggia","Al Dievel")
si arriva ai bis,nei quali trovano spazio la patchanka celtica di "Figli
dell'Officina",l'immancabile "Bella Ciao" e l'irresistibile
"Etnica Danza".Quest'ultima perfettamente in tema con l'attualità
politica italiana;mentre in Parlamento si approva la legge Bossi-Fini
sull'immigrazione,i Ramblers ribadiscono ancora una volta da che parte
stanno:"non farti incastrare continua a camminare,quando c'è
la pula taglia l'angolo e scompari".E Cisco denuncia lo scandalo
delle frontiere aperte alle merci e chiuse alle persone.Applausi.
Chiudono con l'invocata "Contessa" e augurano la buonanotte
a tutti con "Ninnananna".
La cosa che colpisce di più nei concerti dei Ramblers è
l'assoluta mancanza di barriere tra gli artisti e il pubblico:i Modena
sul palco non si esibiscono,non sono delle rockstar,non vogliono essere
degli idoli e i ragazzi infatti non li venerano,ma li considerano amici
fraterni in un rapporto di assoluta parità.
Gli M.C.R. sono oggi uno dei rari esempi di come sia possibile raggiungere
un discreto successo commerciale senza vendersi l'anima,senza rinunciare
a un forte impegno politico e sociale.Hanno saputo far arrivare il loro
messaggio ad un pubblico che non fosse solo ed esclusivamente quello
dei centri sociali,riuscendo tuttavia a mantenere un sincero feeling
underground e a tenersi lontani dai meccanismi dello star system.
Grazie ragazzi.
Paolo Falossi