MODENA CITY RAMBLERS
Live in Castelfranco Di Sotto (PI), Stadio
7/6/2002


Castelfranco Di Sotto,stadio,ore 22.30:c'è grande attesa sotto il palco per questa prima data estiva dei Modena City Ramblers;il pubblico,che ha aspettato a lungo pazientemente,adesso li invoca a gran voce.Ho visto i Modena a Firenze in marzo,durante il tour "promozionale" di "Radio Rebelde",e attendo con una certa curiosità l'inizio di questo concerto,confidando in una variazione della scaletta.Non mi deluderanno.
Poco dopo le 22 e 30 salgono sul palco e attaccano subito con il combat rock martellante di "La Legge Giusta",sorretti nel ritornello dai cori dei fans;ma è solo col secondo brano,"Newroz",che i ragazzi iniziano a pogare e il concerto prende il via,andando avanti per quasi due ore di emozioni a raffica.I Modena City Ramblers confermano,ovviamente,l'intenzione di dismettere gli abiti di cantastorie irlandesi e di voler proseguire in futuro sulla strada tracciata dall'ultimo album,quindi:via la fisarmonica,meno chitarre acustiche,poco violino,più elettricità,un po' di tromba e molto ritmo in levare.Cisco ha voglia di parlare:scalda il pubblico,spiega i testi delle canzoni e si scusa in anticipo per eventuali errori.Dopo "Newroz" scherza sulle polemiche nate intorno all' "Inno di Mameli" ai mondiali di calcio e definisce "Bella Ciao" "il vero inno della Repubblica italiana" per poi lanciarsi nel folk-punk ad alta gradazione alcolica di "Grande Famiglia".

Vengono suonate,a differenza di Firenze,solo le canzoni migliori dell'ultimo album,mischiandole ai brani del vecchio repertorio che più si adattano al "nuovo stile",senza ovviamente tralasciare i "classici" e ripescando talvolta qualche pezzo da tempo fuori scaletta,come la ballata alla Shane McGowan "Canzone Dalla Fine Del Mondo"(4 anni dall'ultima volta!).
Con "Radio Tindouf" rendono omaggio alla resistenza del popolo saharawi:giusto qualche settimana fa sono stati (di nuovo) nel deserto a portare solidarietà a migliaia di rifugiati in cerca di un'identità riconosciuta.Qualcuno lancia sul palco la bandiera di un altro popolo calpestato e umiliato,quello palestinese;Cisco la mette sull'asta del microfono mentre canta "c'è una voce che chiama al di là del muro,c'è un vecchio uomo che canta e piange per le sue catene".Alcuni ragazzi tra il pubblico scandiscono lo slogan "Palestina Libera".
"Terra del Fuoco" si conferma anche dal vivo uno dei pezzi più ispirati e suggestivi di "Radio Rebelde",col suo ritmo ipnotico e le atmosfere delicate e malinconiche create dalla tromba.Con "La Banda Del Sogno Interrotto" i Ramblers ricordano che le cose in Sicilia non sono molto cambiate:"il governo ha sbloccato gli appalti e la mafia riapre i cantieri",alla luce della pioggia di denaro che accompagnerà le "Grandi Opere" nel Sud,suona davvero attuale.

Seguono alcuni pezzi reggae intrisi di sonorità gaeliche, come "Fuori Campo" e "Ghetto".L'esecuzione di quest'ultimo in particolare ha rappresentato uno dei momenti più intensi e coinvolgenti del concerto:le parole ("non è sempre vero che il gioco è dei furbi,non è scontato che sia così"), le chitarre rabbiose e le trame del flauto di Franco entrano dentro con una tale forza da lasciarmi a bocca aperta per tutta la durata della canzone.Cisco la dedica a quelli che non si accontentano e non smettono di sperare in un mondo migliore,e ricorda che Robben Island (citata sul finire del brano) è l'isola-carcere nella quale furono rinchiusi Nelson Mandela e gli altri leader del movimento nero ai tempi dei regimi minoritari bianchi in Sudafrica. La prigione è divenuta oggi un museo,per non dimenticare le segregazioni razziali dell' apartheid.

"Macondo Express",dal capolavoro "Terra e Libertà",paga il tributo ai Mano Negra,che ispirati dalle atmosfere magiche dello scrittore Gabriel Garcia Marquez,si tuffarono in un folle e avventuriero viaggio in Colombia,per portare la "feria" nei luoghi dimenticati da dio.Marquez e il continente desaparecido ritornano anche in "Cent'anni di Solitudine",suonata come sempre con grande entusiasmo e molto sentita dal pubblico. Ancora ritmi latini in "Carretera Austral",durante la quale,cullato dal suono del flauto,il pensiero corre inevitabilmente alle ferite non ancora guarite del Cile.Un non propio eccellente riff di Cisco ("mamma mia",commenta) introduce, tra le risate dei compagni,"Transamerika":grande movimento sotto il palco e pugni chiusi a salutare il comandante Guevara.

Tra pezzi nuovi ("Una Perfecta Excusa","Veleno") e vecchi brani immortali("Il Ballo di Aureliano","Clan Banlieu","In un giorno di pioggia","Al Dievel") si arriva ai bis,nei quali trovano spazio la patchanka celtica di "Figli dell'Officina",l'immancabile "Bella Ciao" e l'irresistibile "Etnica Danza".Quest'ultima perfettamente in tema con l'attualità politica italiana;mentre in Parlamento si approva la legge Bossi-Fini sull'immigrazione,i Ramblers ribadiscono ancora una volta da che parte stanno:"non farti incastrare continua a camminare,quando c'è la pula taglia l'angolo e scompari".E Cisco denuncia lo scandalo delle frontiere aperte alle merci e chiuse alle persone.Applausi.
Chiudono con l'invocata "Contessa" e augurano la buonanotte a tutti con "Ninnananna".

La cosa che colpisce di più nei concerti dei Ramblers è l'assoluta mancanza di barriere tra gli artisti e il pubblico:i Modena sul palco non si esibiscono,non sono delle rockstar,non vogliono essere degli idoli e i ragazzi infatti non li venerano,ma li considerano amici fraterni in un rapporto di assoluta parità.
Gli M.C.R. sono oggi uno dei rari esempi di come sia possibile raggiungere un discreto successo commerciale senza vendersi l'anima,senza rinunciare a un forte impegno politico e sociale.Hanno saputo far arrivare il loro messaggio ad un pubblico che non fosse solo ed esclusivamente quello dei centri sociali,riuscendo tuttavia a mantenere un sincero feeling underground e a tenersi lontani dai meccanismi dello star system.
Grazie ragazzi.


Paolo Falossi