Mi
fanno ridere quelli che, all'arrivo di una celebrità del passato,
vanno per vedere "l'effetto che fa". Nel caso di Johnny Marr,
la maggior parte della gente presente ad Hiroshima questa sera rientra
nel novero ( a proposito, io sono qui proprio per sentire la sua mitica
chitarra suonare! ).
La band è forte, oltre che di "mano di fata", di un
ex Kula Shaker al basso, un americano (?) alla chitarra e tastiere (uno
strumento alla volta, beninteso!) e del figlio d'arte Zack Starr, il
quale si spera suoni appena meglio di suo padre!!!
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Non ho avuto modo di ascoltare la loro prima fatica discografica, uscita
non da molto e ho voluto "rischiare": beh, il risultato mi
pare buono. Suoni ben calibrati, affiatamento fra i componenti e uno
stile
Ricordano qualcosa degli Oasis - dai quali Johnny prende
ispirazione per la voce, non eccelsa ma competente, forse perché
anche loro sono di Manchester - e, in generale, un misto di brit-pop
blueseggiante (Charlatans, i primi a venirmi in mente). Tutte cose già
ascoltate, ma che vuol dire? Li trovo bravi e, come al solito, molto
più professional di noi italiani.
" E gli Smiths?", mi chiederete voi. Ragazzi, neanche l'ombra
- salvo per qualche giretto di Marr, il quale non può cancellare
il proprio stile a forza e quindi non far venire in mente la band citata.
Per dirla tutta, credo proprio che sia il genere di situazione in cui
l'artista, avendo rotto malamente con i partner passati, faccia di tutto
per evitare ogni genere di accostamento ai suoi trascorsi. Eppoi, gli
Smiths senza la voce di Morrissey (o la chitarra di Johnny Marr) non
possono essere riproposti in alcun modo.
The
Smiths
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Gli anni 80, per quello che mi riguarda, hanno sfornato tre meraviglie
tipicamente british: Redskins, Billy Bragg e Smiths. Il ricordo è
piacevolissimo e li ringraziamo ancora adesso per le loro canzoni; comunque
Marr - nella fattispecie - mi pare sulla buona strada per proseguire
in modo dignitoso una brillantissima carriera.
Verso il finale, Johnny parte con un pezzo arpeggiato molto dolce, il
quale si rivelerà poi un brano di Dylan: "Don't think twice
it's alright" - decisamente irriconoscibile, ma buono.
Mentre esco dal locale, mi chiedo da chi possa avere imparato a suonare
così bene il figlio di Ringo Starr.
Alessandro
Zangarini