KEN
LOACH
"Quando il cinema è libertà" |
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Ken Loach è un regista necessario. Necessario perché le istanze sociali contenute nel suo lavoro colpiscono un po' il cuore ed un po' lo stomaco. Sono una sorta di necessario shock emotivo che invita a riflettere. Il suo descrivere la realtà non è mai retorico o ideologicamente di parte. Perché l'interesse primario di Loach è costituito dalla gente, non dall'ideologia. I suoi film raccontano le crude realtà sociali dall'interno, senza essere radicate nella lotta politica. Un uomo schivo, quasi privo di ego, ma caparbio ed ostinato nella sua insistenza sulla pretesa di un modello di vita democratico, ugualitario. Uno dei più grandi registi europei degli ultimi anni. Kenneth Loach nasce a Nuneaton, nel Warwickshire, il 17 giugno del 1936. Muove i primi passi in teatro alla facoltà di giurisprudenza alla quale si è iscritto, e nel 1963 viene reclutato dalla BBC come aspirante regista televisivo. L'esordio nell'ingessato ente governativo inglese non è dei più facili. Loach , che già manifesta il proprio interesse verso le problematiche del proletariato inglese, si fa le ossa attraverso la serie poliziesca "Z Cars". Nel 1965 incontra il produttore di sinistra Tony Garnett e con il suo aiuto realizza dieci puntate delle "Wednesday Play", che, nel corso di sei anni, ridefiniscono i parametri della rappresentazione televisiva britannica, sia in termini di contenuto politico, che di potenziale drammatico. Erano gli anni del ritorno del labour party al governo con Harold Wilson (1964) ed il clima per questi mutamenti radicali era certamente favorevole. Loach dal 1965 al 1967 documenterà la vita degli abitanti di un sobborgo fra i più poveri a Londra, dove degrado sociale, disoccupazione, alcolismo la fanno da padrone, e dove la luce della "bella Londra" appare irrangiungibile. Il 1967 sancisce l'esordio cinematografico di Loach, con "Poor Cow", ma è con "Family Life" (1971) che il regista si impone all'attenzione della critica internazionale. Un film duro, asciutto, quasi documentaristico, che parla di una ragazza anticonformista , cresciuta in una famiglia piccolo borghese, che vede frustrate tutte le sue aspirazioni e che , per questo, cade in depressione. Un racconto che mette in luce un clima di alienazione e di castrazione tipico della classe media inglese e che denuncia la cecità e l'ottusità della struttura socio-assistenziale di quel paese (tema ricorrente anche in altri film di Loach ). Nei successivi 20 anni Loach continua a lavorare per la televisione con qualche intermezzo nella produzione di lungometraggi ( fra cui spicca Fatherland). |
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I
primi anni 90 vedono il ritorno di Loach al cinema .
Il 1993 è l'anno di "Piovono Pietre", mentre nel 1994 esce un altro
film che rappresenta , a giudizio di chi scrive, uno dei più grandi lavori
di Loach. Si tratta di "Ladybird, Ladybird", un ritratto toccante
della condizione del proletariato femminile, della maternità alle prese
con la burocrazia del "welfare inglese".
Il regista inglese si riprende alla grande con "My name is Joe"
(1997) un altro grande film ambientato in Scozia. Un film in un certo
senso più "leggero" rispetto ai precedenti, anche se parla di un alcolizzato
che rivendica la propria identità in modo forte e drammatico. Ma la storia
mette comunque in evidenza la storia d'amore che coinvolge Joe (un grandissimo
Peter Mullan) ed una ispettrice di sanità, anche se poi le maledette vicende
della vita li porteranno a staccarsi. Nei dialoghi del film il protagonista
ed una amica si interrogano sulle migliori canzoni mai scritte nella musica
rock inglese e lei risponde : "per me la migliore è White Man in Hammersmith
Palace dei Clash" (ottimi gusti, niente da dire !!) . Mi pare giusto chiudere questa biografia con le parole dello stesso Loach, che descrivono perfettamente il suo modo di fare cinema : "Il cinema politico non ha come alternativa che il cinema militante o il pamphlet. Il cinema deve restituire vita nella sua totalità. La politica è legata all'umano. Noi vogliamo parlare ai nostri simili con un linguaggio chiaro, e cercare con loro di prendere coscienza dei problemi del nostro tempo. Non si fa la rivoluzione con un film. Ma un film può essere la leva per sollevare l'inerzia delle cose o delle persone". Per
chi volesse approfondire il personaggio Loach, suggerisco la lettura del
libro : "Loach secondo Loach" di Graham Fuller, pag. 158, Lit. 30.000,
edito da Ubu Libri , Via Ramazzini 8, 20129 Milano. |
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