Dopo
6 album, successi planetari e momenti di crisi artistica e personale,
ecco , come da copione commerciale, il Greatest Hits dei Green Day.
Più che dell'album, sulla cui utilità artistica nutriamo
forti dubbi, vorremmo spendere due parole sui Green Day intesi come gruppo
e sul loro posizionamente nel punk anni 90.
Scordiamoci intanto accostamenti improponibili ai Clash . Semmai qualche
similitudine la possiamo trovare con i Ramones, almeno per quanto riguarda
l'indubbia capacità di inventare ritornelli e melodie micidiali
con un massimo di tre-quattro accordi, e per l'atteggiamento scanzonato,
provocatore ed irriverente dei primi dischi.
Quello che ci sentiamo invece di affermare in tutta onestà è
che a nostro parere i Green Day sono una band di buon livello e di grande
resa live. Il resto sono solo "trovate" dei media per "creare
contesto" dove "contesto" non c'è.
Il gruppo dell'area di San Francisco si è "divertito"
a suonare un punk veloce e scalmanato immerso nel pop, senza grandi contenuti
socio-politici ma descrivendo attraverso i testi la quotidianità
urbana ed adolescenziale, da loro vissuta in modo turbolento in prima
persona. Quindi, pur ammettendo la nostra predilezione per un altro tipo
di punk-band , non vogliamo farci influenzare da discorsi massimalisti
ed integralisti sul "vero punk" (forse il punk inglese del 76
era tutto coscienza e politica?).
Anche
perché è indiscutibile l'influenza che i Green Day,
dopo il successo mondiale di Dookie (1994) con oltre 9 milioni di copie
vendute (lo si ascolta sempre volentieri) , hanno avuto sul fenomeno del
rilancio su scala planetaria del nuovo-punk, insieme a gruppi come Offspring
("Smash" - 1994).
La label punk Epitaph venderà moltissimo e salirà sul podio
a livello internazionale (assolutamente un fatto mai visto prima). Le
giovani generazioni hanno riscoperto il punk quando il grunge entrava
nella sua parabola discendente, ed i Green Day , piaccia o no, sono fra
gli alfieri della svolta. Di questo dobbiamo certamente dare merito al
gruppo americano.
Come sempre accade, il nuovo punk verrà presto metabolizzato dalle
majors, ma nasceranno altre etichette antagoniste come la "Fat Wreck"
di Fat Mike dei NOFX , i quali pubblicheranno "Punk in Druplic"con
Epitaph nel 1994. A ruota arriveranno anche i successi di gruppi come
Rancid e Pennywise.
Non
ci dilungheremo molto su "International Superhits!".
E' una raccolta degli migliori pezzi scritti dai Green Day dalla firma
con la major Reprise (1994 - 2000).
Sono invece esclusi dal greatest hits i primi due album pubblicati da
Lookout, vale a dire "39-Smooth" (1990) e "Kerplunk"
(1992).
I pezzi sono suddivisi equamente fra i vari lavori, con una naturale predilezione
verso i brani dell'ottimo "Dookie" (1994) rappresentato da "Basket
Case" (successo assoluto), "Welcome to Paradise", "She",
"When I Come around" e "Longview". Il deludente "Insomniac"
(1995) vede anch'esso la presenza di cinque canzoni (da citare "Stuck
with me"), mentre il sottovalutato "Nimrod" (1997) propone
brani di livello come "Good Riddance" e "Hitchin' A Ride".
Dall'ultimo lavoro "Warning" (con aperture molto evidenti al
rock e testi più convincenti) vengono pescate la bella "Minority",
"Warning", "Waiting" e "Macy's Day Parade".
Vengono poi concessi ai fan due inediti di cui francamente non si sentiva
la mancanza : "Maria" e "Poprocks & Coke".
In sostanza un album che ci sentiamo di consigliare a chi conosce poco
o nulla dei Green Day.
Quì potrà trovare una valida rappresentazione del lavoro
svolto dalla band californiana, che ha fortemente contribuito a rilanciare
la musica punk. Per la precisione : il punk melodico targato anni 90.
Mauro
Zaccuri
Voto
: 7 (Alla carriera)
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