Al termine dello spettacolo ho capito che della drammatica vicenda di
Fausto e Iaio non sapevo quasi niente. Forse non tanto per colpa mia
(nel marzo 1978 avevo 14 anni), quanto per quel particolare modo di
"fare informazione" (leggi insabbiamento) e "condurre
indagini" (leggi depistaggio) tanto in uso nel nostro paese. Metodologie
che rendono tutto o troppo semplice o troppo complesso tanto da far
perdere ogni filo logico alle ricostruzioni dei fatti. Questo "metodo"
che in pratica non porta quasi mai all'accertamento di precise responsabilità,
vale per la maggioranza dei fatti delittuosi a sfondo politico avvenuti
in Italia dagli anni '60 in poi. La storia di Fausto e Iaio, raccontata
con dovizia di particolari e con notevole trasporto emotivo, l'ho conosciuta
ieri sera, 25 anni dopo, sotto un caldo tendone in zona San Siro a Milano
(ora si chiama Mazda Palace), insieme ad un altro centinaio di persone
(poche, troppo poche per uno spettacolo di questo genere, fra l'altro
gratuito). La certamente non entusiasmante affluenza di pubblico alla
prima opera rock di teatro civile nel nostro paese (nella città
in cui si sono svolti i fatti), mi ha fatto riflettere per l'ennesima
volta su quanto sia difficile oggi (vale anche per me s'intende) dedicarsi
alla difficile arte dell' "ascolto", cioè la capacità
di prestare attenzione per un lungo periodo allo svolgimento argomentato
di un tema specifico. Senza spot, jingle ed immagini veloci ad effetto
sonoro e cromatico, non si riesce a stare. Perdiamo la concentrazione
se la discussione supera i dieci minuti e se la stessa non è
costellata da pensieri in libera uscita, insulti e denigrazioni varie.
Insomma nell'era del "Grande Fratello" stanno riducendo a
poltiglia il nostro cervello (la rima è involontaria). Per difenderci
dovremmo abituarci ad oliarlo almeno ogni tanto il nostro caro cervellino.
E occasioni come queste non dovrebbero essere perse.
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Dopo
la commovente testimonianza delle madri di Carlo Giuliani e Dax, entrano
sul palco i Gang ed attaccano con "Oltre". La scena è
catturata dal bravissimo attore Stefano Paiusco, voce narrante della
storia. I fatti precisi e circostanziati (tratti dagli archivi giudiziari)
delineano subito la situazione : due giovani ragazzi (19enni) pieni
di vita e speranze, frequentatori del Centro Sociale Leoncavallo vengono
spietatamente assassinati la sera del 18 marzo in Via Mancinelli (Casoretto)
da tre killer. Una vera e propria esecuzione non spiegabile semplicemente
con il fatto che i due si sarebbero avvicinati troppo (minacciando di
denunciarlo) ad un traffico di droga gestito dall'estrema destra. In
questo caso sarebbe potuto bastare un duro avvertimento, di quelli che
ti lasciano "morto dentro". No, un omicidio di questo genere
non si può spiegare così.
Perché dunque Fausto e Iaio? Perché due ragazzi di diciannove
anni ? Lo spettacolo ruota tutto intorno a questo quesito, ricostruendo,
incalzando, stupendo con brandelli di verità emersi in tutti
questi anni. Viene ricordato il sacrificio di Mauro Brutto, il giornalista
dell'Unità "investito ed ucciso da un'auto pirata"
mentre si stava probabilmente avvicinando alla soluzione del caso. Vengono
ricordate le clamorose "inadempienze" della macchina investigativa,
l'assenza di indagini sul bossolo ritrovato, il tentativo di chiusura
rapida della vicenda come fatto di cronaca e non politico. Le musiche
dei Gang accompagnano il susseguirsi degli avvenimenti, attraverso brani
come "Vorrei", "Danza nella luce", "Sesto San
Giovanni", "Socialdemocrazia", "Eurialo e Niso".
I versi delle canzoni si uniscono alle parole di Paiusco, ed il racconto
arriva ,attraversando gli anni, alla pista piu credibile che porta ai
romani della Banda della Magliana ed ai N.A.R. (formazione dell'estrema
destra molto attiva in quel periodo). Gente che si muove a comando da
Roma per assassinare i due ragazzi "rossi" del Casoretto.
Si affaccia così l'ipotesi di un delitto a sfondo politico, la
cui particolare violenza avrebbe potuto "incendiare" gli animi
della sinistra anche non estrema, facendola scendere in piazza animata
da desideri di vendetta. In questo caso sarebbe scattata la repressione,
la richiesta di leggi più severe ed il totale controllo della
situazione attraverso uomini vicini alla P2 ed ai servizi segreti. La
famosa "strategia della tensione". E' qui che la magistratura
milanese si è impantanata, archiviando alla fine l'inchiesta.
Ma allora perché sono morti Fausto e Iaio ? Perché a Milano
sono stati assassinati due ragazzi di 19 anni ? Lo spettacolo a questo
punto propone una nuova pista investigativa, che appare alternativa
a quella più specificatamente politica,e su questa tesi richiede
a gran voce la riapertura del caso. Forse Fausto e Iaio avevano visto
qualcosa che non avrebbero dovuto vedere. Fausto abitava in via Montenevoso,
ad un passo dal famoso covo milanese delle B.R., "scoperto"
dalla polizia nell'ottobre 1978 (è il covo in cui venne ritrovato
il memoriale di Aldo Moro, seppur in forma parziale). C'erano strani
movimenti in quei giorni vicino al rifugio B.R. (marzo '78), ed i servizi
segreti si erano forzatamente introdotti in un appartamento in via Montenevoso
per "controllare" i movimenti dei brigatisti. "Controllare"
o fare altro, magari pilotando gli avvenimenti clamorosi che da lì
a poco avrebbero fatto tremare l'intero paese ? Fausto avrebbe potuto
intuire qualcosa, confidando tutto a Jaio. Avrebbe potuto captare qualche
frase importante fra le mezze parole pronunciate dai vicini di casa
che avevano notato qualcosa di strano in quelle settimane. Il rapimento
Moro avviene il 16 marzo, l'omicidio di Fausto e Iaio il 18 marzo. Forse
la chiave di tutto sta in questa coincidenza di date. Niente dietrologia,
nessuna speculazione, solo voglia di giustizia per quanto accaduto.
Recentemente il tema del legame fra servizi segreti e Brigate Rosse
è tornato alla ribalta sulle prime pagine dei giornali (mi pare
che anche l'ex BR Franceschini ne abbia più volte parlato).
Qualcuno diceva che "a pensare male si fa peccato, ma ogni tanto
ci si azzecca pure". Forse dovremmo imparare a farci guidare da
persone così esperte in materia.
Le note di "Perché Fausto e Iaio" (canzone scritta
appositamente per l'occasione dai Gang) chiudono uno spettacolo veramente
ben realizzato, per gente che ha ancora "il vizio della memoria".
Mauro
Zaccuri
PS
: Ovviamente per motivi di spazio abbiamo dovuto raccontare la vicenda
per sommi capi. Se qualcuno fosse interessato a saperne di più,
vi consigliamo vivamente di andare alla pagina :
http://www.faustoeiaio.org/html/librobiacchessi.htm
GANG
Live a Cassano D'Adda (MI) - 5 luglio 2003 - Festa dei Popoli
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Altra
tappa per i fratelli Severini in questa lunga serie di concerti che
li sta portando a girare in lungo ed in largo la penisola. La festa
è piena di gente : famiglie (anche la mia al completo), giovani,
ed anziani frequentatori di quelle che una volta erano le "feste
dell'Unità" di paese, frequentate da tutti aldilà
del colore politico. I Gang salgono sul palco intorno alle 22,30 nella
formazione usuale che ormai "fa quadrato" dai tempi dell'ultimo
album "Controverso" (2000), e l'apertura è per "Socialdemocrazia"
dal testo intramontabile. Seguono "Fino alla fine" e "La
Corte dei Miracoli", salutata con calore dalla gente. Superata
qualche difficoltà evidente con i suoni sul palco, i Gang si
lanciano in una brillante esecuzione reggae di "Johnny lo zingaro".
La gente sotto il palco si fa più numerosa quando Marino dedica
"Bandito senza Tempo" a Joe Strummer che "un tempo fu
un bandito, bandito senza tempo". Impossibile restare fermi, impossibile
dimenticare il vecchio Joe.
Il concerto scivola via in una sequenza di belle canzoni : "La
pianura dei 7 fratelli", "Le Radici e Le Ali", "Oltre",
"Prima della guerra". Marino annuncia "Fermiamoli"
dichiarando il proprio assoluto dissenso nei confronti del governo americano,
ma non colpevolizza per questo tutto il popolo americano. Seguono l'intensità
di "Oltre" e "Comandante", cantata da tutti.
E' sempre un piacere poter seguire i Severini nelle loro esibizioni.
Il fatto che ancora oggi possano vivere della loro musica ad oltre tre
anni dalla rescissione del contratto con la Wea è motivo di soddisfazione
per tutti coloro che li seguono. E' come se anche la "loro gente"
si fosse appropriata di un pezzo di libertà espressiva a molti
negata.
MZ