Combat rock italico rappresentato ai massimi livelli. La notte al Leonka 
          , dedicata a Silvia Baraldini ed ai detenuti politici , vede la contemporanea 
          presenza di due band storiche che meritano il massimo rispetto. In effetti 
          la serietà dell'impegno sociale e politico dei Gang e della Banda 
          Bassotti è fuori discussione. La gente lo sa e si "attacca" 
          a questi gruppi con un amore difficilmente spiegabile se non si possiede 
          il giusto feeling.
          Arriviamo sul posto intorno alle 22,30, con buon anticipo sull'inizio 
          del concerto; abbiamo quindi il tempo di vedere il palco con relativa 
          amplificazione (invidia per due ampli valvolari dal suono caldo e pastoso), 
          di visitare il chioschetto con la crew ed il materiale della Banda Bassotti 
          , e di trafficare fra le bancarelle al coperto.
        I 
          Gang entrano intorno alle 23,30, ed è subito un piacere 
          vedere Marino e Sandro Severini in ottima forma , con il piglio e la 
          serenità giusta di chi sa come governare la situazione. Mi sono 
          sempre piaciuti i Gang. Dagli esordi in inglese simil-Clash alla svolta 
          italiana del bellissimo "Le Radici e le Ali", proseguendo 
          con il folk-rock di "Storie D'Italia". Non sono invece stato 
          convinto dal successivo "Una volta per sempre", un album piuttosto 
          sottotono.
          Il ritorno al rock dell'ultimo "Controverso", rappresenta 
          quindi un passaggio importante e decisivo per il gruppo marchigiano. 
          Un ritorno che saluto positivamente e che mi pare essere in perfetta 
          sintonia con le migliori caratteristiche espresse dai Gang nel loro 
          percorso musicale. 
          
          
        
           
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        Il 
          Leonka nel frattempo si è riempito (oltre il migliaio le presenze) 
          e sotto il palco ci sono i fan che all'attacco di " Socialdemocrazia" 
          cominciano le danze.
          Classicamente rock la formazione dei Gang : due chitarre, tastiere (usate 
          per capirci alla Mickey Gallagher con i Clash anni 80), basso, batteria, 
          tutto senza fronzoli ma con sostanza. 
          Seguono "La Corte dei Miracoli" con il pubblico che grida 
          forte "che il vento tristo se la porti via (la nuova borghesia)", 
          "Bandito senza Tempo" una song molto intensa cantata dai Gang 
          insieme alla loro gente che conosce a memoria le parole, e "La 
          pianura dei Sette Fratelli", ispirata e commovente.
          Grande dinamismo in "Prima della guerra" con Marino che scorazza 
          sul palco con la sua chitarra , segue "Comandante" e si sprecano 
          i cori su "hasta siempre, hasta la vista comandante zapatista", 
          poi la ballata da pelle d'oca "Sesto San Giovanni", efficace 
          nella costruzione e nel testo
"è la fabbrica che ruba 
          e ci divora i nostri anni migliori" (applausi).
          
          
        
          
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          "La Lotta Continua" irresistibile come sempre, chiude il francamente 
          troppo breve gigs ( 45 minuti ) per questi Gang così tirati a 
          lucido. In ogni caso ritorneranno a Milano e dintorni nei prossimi mesi 
          e ci sarà occasione per rivederli in una esibizione più 
          completa.
          Le Magnum Les Paul sparano ancora canzoni che fanno male. Grazie al 
          cielo, ma soprattutto grazie ai Gang.
          
          
        
        Circa 
          venti minuti di cambio palco ed ecco la Banda Bassotti, che riprende 
          le proprie esibizioni live su scala nazionale, investire il pubblico 
          con tutta la sua proverbiale carica umana e musicale. Però , 
          a differenza di quanto accaduto con l'esibizione dei Gang, il suono 
          si è fatto un po' più impastato (la Banda dispone anche 
          di una sezione fiati) e questo non aiuta certo ad apprezzare pienamente 
          tutti i brani eseguiti.
          
        
          
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        Il 
          pubblico dimostra comunque da subito il proprio grande amore cantando 
          parola per parola i pezzi storici della Banda, a cominciare da "Ska 
          Against The Racism" per proseguire con "Giunti Tubi Palanche 
          Ska" e "Viva Zapata!". La bella miscela di ska-core, 
          Oi!, punk si alterna a divagazioni latine ed a tributi di solidarietà 
          verso l'amato Pais Vasco con "Un altro giorno d'Amore".
          Seguono la potente "L'altra faccia dell'Impero" (tratta dal 
          nuovo, omonimo disco) ed altri classici del gruppo : "Andrò 
          dove mi porteranno i miei scarponi" e "Figli della Stessa 
          Rabbia" dove la musica si perde nella passione. I bis riprendono 
          con una acclamata ed invocata versione di "Bella Ciao" con 
          i Gang.
          Tutto bene, vero ossigeno per i nostri tempi svuotati di contenuti.
         
        Mauro 
        Zaccuri