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Circa 150 persone nel club milanese per una band storica (sono attivi dai primi anni '80) molto influente per la sua capacità di esplorare ed innovare, passando al setaccio il dub, il reggae, e la dancehall. Al nucleo centrale della loro musica i Dub Syndicate aggiungono un tocco dark, ambient, quasi industriale, interrotto con fraseggi scorticati di una chitarra rock-blues. Originali quindi nella loro proposta, anche per la presenza nelle loro fila di Adrian Sherwood (che insieme al batterista Style Scott è una presenza fissa in un gruppo aperto a molte collaborazioni esterne), uno dei produttori più influenti e creativi nella scena dub sin dalla fine degli anni '70. Quando si parla di collaborazione esterne in casa Dub Syndicate si parla di gente come U-Roy, Aswad, Lee "Scratch" Perry. Roba tosta insomma. Anticipati
da un bel dj set a base di roots reggae e dub che mi ha permesso di
far volare via le quasi due ore di attesa, entrano in scena i Syndicate
che non ci mettono molto a scaldare l'ambiente. Vibrante e magnetico
come nelle migliori occasioni il loro dub arriva dritto allo stomaco,
basso pulsante e bel lavoro ai campionamenti ed alla batteria, mentre
la chitarra traccia linee non convenzionali fra effetti e distorsioni
. Alle spalle del gruppo si susseguono immagini di Haile Selassie insieme
a squarci di realtà metropolitane, quasi a ribadire il concetto
di fondo fatto di radici e modernità. Bella performance, esco con l'ultimo giro di basso nella testa e con poca voglia di guidare in questa Milano piovigginosa che proprio non riesce a somigliare a Londra. Se vedete in giro concerti dei Dub Syndicate non perdeteli. Mauro Zaccuri Per
i prossimi appuntamenti al Raimbow di Milano
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