AFTERHOURS
"Quello che non c'è" (Mescal - Aprile 2002)

Manuel Agnelli - Voce, Chitarre, Piano
Giorgio Prette - Batteria
Andrea Viti - Basso
Dario Ciffo - Violino, Synth, Organo Hammond


Parliamo di rock. E lasciamo stare tutte le etichette. Non ci sono adesivi da appiccicare sulla pelle di "Quello che non c'è", l'ultimo lavoro degli Afterhours di Manuel Agnelli.
Certamente meno beffardo ed ironico rispetto ai precedenti , e dalla forma canzone più dilatata e meno pop, questo disco rappresenta a nostro avviso il miglior lavoro di sempre della band milanese, mai così coesa. (nessun loro album realizzato finora ci ha convinto come in questo caso).
Agnelli e soci escono alla scoperto e scavano profondamente dentro e fuori, buttandosi nelle pieghe dell'anima e nelle crude e spietatamente dolorose realtà dei nostri tempi.
In questo percorso incontrano il privato ("Ritorno a casa", "Bye Bye Bombay") ed il pubblico ("Sulle Labbra").

Lasciamo stare anche discorsi tipo "l'album politico degli Afterhours…". Quello di cui stiamo parlando è l'essenza del rock nudo e crudo dove convivono rabbia, impotenza, dolcezza, estasi. Un rock di grande livello che si manifesta da subito nella splendida ballata elettrica "Quello che non c'è", lucida e spietata analisi dei nostri tempi, la perdita dell'anima e forse della speranza. A chi dobbiamo credere, a cosa dobbiamo credere ? Sia "maledetta" la sensibilità.
Dopo l'abbandono di Xabier Iriondo il lavoro delle chitarre è tutto sulle spalle di Agnelli, che gestisce bene le atmosfere elettriche a tratti irregolari, come nella intensa "Bye Bye Bombay".
Arriva il superbo singolo "Sulle Labbra", che con la sua atmosfera post-punk ci racconta della sofferenza nel vedere il degrado del proprio paese, nel quale "disobbedire acquista un senso in più".
Seguono "Varanasy Baby" dall'incedere vagamente psichedelico ed il rock deciso di "Non sono Immaginario".

L'intensa ballad "La gente sta male" mette in risalto l'intensità della interpretazione vocale di Agnelli, e mette il dito nella piaga. Una piaga chiamata normalità ed omologazione (da TG4 aggiungiamo noi per capirci); "inseguendo ogni giorno la normalità, che ci ucciderà" recita il testo.
L'energia di "Bungee Jumping", introduce l'ottima "Ritorno a casa", dove i ricordi dell'infanzia raccontano che "la luce era diversa negli anni sessanta" (proprio vero Manuel..), mentre l'attualità vede il riappropriarsi , dopo molto girovagare, di pezzi importanti delle radici familiari : "è solo una stupida villetta con uno sputo di giardino, ma sarà la prima cosa che comprerò, quando sarò ricco".



Dalla cassa della Jungle Sound di Milano alla ribalta nazionale. Gli Afterhours meritano questo successo. Se avete a cuore le sorti del rock italiano comprate questo disco.

Mauro Zaccuri

Voto : 8,5