Aspettando gli Afterhours.........il Cantiere 21 di Perugia si è
popolato e riempito piano piano, con il passare dei minuti e con l'accomularsi
dell'attesa, mentre la birra e il fumo ( di sigaretta ) hanno cominciato
a circolare in maniera copiosa e massiccia tra coloro che hanno deciso
di anticipare di brutto l'ingresso nel locale, mettendosi al riparo
da eventuali file al botteghino, che puntualmente si sono invece verificate.
Ma l'attesa è stata sicuramente e pienamente ripagata da un concerto
tanto bello quanto intenso, duro e triste, quasi disperato, per niente
ironico; canzoni e schitarrate puntate e sputate in faccia al niente,
in una serata veramente magica, difficle da dimenticare per coloro che
hanno preferito un po' di bellezza alla routine pre-festiva di sempre.
Forse a vedere i concerti al Cantiere dei Timoria e dei Negrita c'era
più gente vista anche la maggiore popolarità dei due gruppi
sopra citati, stavolta forse il pubblico era solo migliore, di culto,
come si dice. Meglio così, di meno
(ma non così tanto) ma buoni.
Beh la band di Manuel Agnelli ha spalancato i cancelli d'ingresso al
proprio mondo alle 23 e 30 richiudendoli dopo due ore di pure emozioni
e di stilettate al cuore, lasciando l'intero pubblico soddisfatto e
appagato nei sensi. Suoni meno aggressivi dei tour scorsi, ma più
notturni e avvolgenti, accompagnati da un linguaggio esplicito come
mai in passato ( "e come può il mio amore essere limpido
se è la mia nazione che l'inquina" è la frase che
è stata posta come sfondo dell'insert book del loro ultimo album).
Gli Afterhours hanno aperto il loro set con "Bye bye Bombay",
canzone scritta dal cantante e fondatore del gruppo Manuel Agnelli dopo
un viaggio in India effettuato insieme ad Emidio Clementi dei Massimo
Volume (vi dice niente "La notte del Pratello"? ), e niente
poteva essere di più azzeccato come apripista di una serata veramente
elettrica e pulsante di caro e vecchio rock 'n' roll).
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"Quello che non c'è" ( che dà il titolo al loro
ultimo album ) e "Varanasy baby" hanno proseguito sulla falsariga
della prima song e quando Manuel ha intonato "La verità
che ricordavo" tutti hanno cominciato a pogare e a cantare a squarciagola
mentre il microfono ha iniziato a roteare per aria, come una volta faceva
Roger Daltrey degli Who. Altre storie, altra musica, ma mica tanto.
Tutte le canzoni del nuovo cd sono state suonate durante la serata (
"La gente sta male" uno dei migliori episodi, del resto un
titolo così parla da solo ), compresa anche la recitata e conclusiva
della prima parte della spettacolo, "Ritorno a casa" che molto
deve ai precedentemente citati Massimo Volume, peraltro scioltisi poche
mesi fa, tra il dolore e il dispacere dei loro fans. Ma mica si vince
sempre nella vita.
I classiconi "Male di miele" e "Non è per sempre"
sono stati proposti a metà concerto, tanto per mostrare a tutti
che le radici del gruppo sono rimaste ben solide, nonostante i soliti
nostalgici parlassero di un passato che mai potrà ritornare per
la band milanese, soprattutto dopo l'abbandono del chitarrista Xadier
Iriondo.
Ma mica è vero. Gli Afterhours sono in gran salute e lo hanno
pienamente dimostrato anche nella tappa perugina del loro tour. E quando
"Voglio una pelle splendida" ha chiuso la serata te ne puoi
tornare a casa appagato, convinto di aver visto e sentito suonare una
delle rock band ( non boy band, per carità!!!!!!! ) più
in forma e vive del momento. Non è poco di questi tempi, godersi
un concerto come questo.
Lunga vita a Manuel e soci. Lunga vita alla gente che "sta male",
come questa.
ANDREA MICHE