AFTERHOURS
Live in Perugia, Cantiere 21, 30 aprile 2002


Aspettando gli Afterhours.........il Cantiere 21 di Perugia si è popolato e riempito piano piano, con il passare dei minuti e con l'accomularsi dell'attesa, mentre la birra e il fumo ( di sigaretta ) hanno cominciato a circolare in maniera copiosa e massiccia tra coloro che hanno deciso di anticipare di brutto l'ingresso nel locale, mettendosi al riparo da eventuali file al botteghino, che puntualmente si sono invece verificate. Ma l'attesa è stata sicuramente e pienamente ripagata da un concerto tanto bello quanto intenso, duro e triste, quasi disperato, per niente ironico; canzoni e schitarrate puntate e sputate in faccia al niente, in una serata veramente magica, difficle da dimenticare per coloro che hanno preferito un po' di bellezza alla routine pre-festiva di sempre. Forse a vedere i concerti al Cantiere dei Timoria e dei Negrita c'era più gente vista anche la maggiore popolarità dei due gruppi sopra citati, stavolta forse il pubblico era solo migliore, di culto, come si dice. Meglio così, di meno
(ma non così tanto) ma buoni.
Beh la band di Manuel Agnelli ha spalancato i cancelli d'ingresso al proprio mondo alle 23 e 30 richiudendoli dopo due ore di pure emozioni e di stilettate al cuore, lasciando l'intero pubblico soddisfatto e appagato nei sensi. Suoni meno aggressivi dei tour scorsi, ma più notturni e avvolgenti, accompagnati da un linguaggio esplicito come mai in passato ( "e come può il mio amore essere limpido se è la mia nazione che l'inquina" è la frase che è stata posta come sfondo dell'insert book del loro ultimo album).
Gli Afterhours hanno aperto il loro set con "Bye bye Bombay", canzone scritta dal cantante e fondatore del gruppo Manuel Agnelli dopo un viaggio in India effettuato insieme ad Emidio Clementi dei Massimo Volume (vi dice niente "La notte del Pratello"? ), e niente poteva essere di più azzeccato come apripista di una serata veramente elettrica e pulsante di caro e vecchio rock 'n' roll).



"Quello che non c'è" ( che dà il titolo al loro ultimo album ) e "Varanasy baby" hanno proseguito sulla falsariga della prima song e quando Manuel ha intonato "La verità che ricordavo" tutti hanno cominciato a pogare e a cantare a squarciagola mentre il microfono ha iniziato a roteare per aria, come una volta faceva Roger Daltrey degli Who. Altre storie, altra musica, ma mica tanto.
Tutte le canzoni del nuovo cd sono state suonate durante la serata ( "La gente sta male" uno dei migliori episodi, del resto un titolo così parla da solo ), compresa anche la recitata e conclusiva della prima parte della spettacolo, "Ritorno a casa" che molto deve ai precedentemente citati Massimo Volume, peraltro scioltisi poche mesi fa, tra il dolore e il dispacere dei loro fans. Ma mica si vince sempre nella vita.
I classiconi "Male di miele" e "Non è per sempre" sono stati proposti a metà concerto, tanto per mostrare a tutti che le radici del gruppo sono rimaste ben solide, nonostante i soliti nostalgici parlassero di un passato che mai potrà ritornare per la band milanese, soprattutto dopo l'abbandono del chitarrista Xadier Iriondo.
Ma mica è vero. Gli Afterhours sono in gran salute e lo hanno pienamente dimostrato anche nella tappa perugina del loro tour. E quando "Voglio una pelle splendida" ha chiuso la serata te ne puoi tornare a casa appagato, convinto di aver visto e sentito suonare una delle rock band ( non boy band, per carità!!!!!!! ) più in forma e vive del momento. Non è poco di questi tempi, godersi un concerto come questo.
Lunga vita a Manuel e soci. Lunga vita alla gente che "sta male", come questa.


ANDREA MICHE