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Moltissima acqua è passata sotto i ponti, ma non sufficiente a cancellare tutti i ricordi. Quello che rappresentarono gli Specials fra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80 è difficile da dimenticare. Furono semplicemente fondamentali, rilevanti oltre che per l’aspetto musicale (il revival ska “di massa” nasce con loro), anche per quanto concerne il loro messaggio politico ed antirazzista. Un gruppo di giovani bianchi e neri da Coventry, cresciuti con il punk addosso che si ritrovarono a suonare insieme sul palco la musica ska, il sound giamaicano delle origini. Scelta mica scontata e facile per l’inghilterra di quel periodo, che assisteva impassibile alla crescita dei consensi per la destra estrema rappresentata dal National Front. Furono anni di grandi riconoscimenti per la band, che trascinò nel movimento da lei stessa creato migliaia di giovani inglesi che potevano ballare sfrenatamente e contemporaneamente riflettere sul messaggio politico antirazzista trasmesso dal gruppo di Coventry. Successi inaspettati anche per l’etichetta creata dal loro leader Jerry Dammers , la 2 Tone, dalla grafica volutamente bicolore : bianca e nera. Il
Sig.Neville Staple entrò a far parte quasi subito del primo nucleo
della band (della quale era inizialmente il roadie), denominata al tempo
“The Automatics”. L’ingresso ufficiale (voce e percussioni)
avvenne durante i concerti dal vivo che il gruppo fece di supporto nientemeno
che ai Clash (On Parole Tour, giugno-luglio 1978), ed il battesimo fu
benedetto anche da Joe Strummer, fervente ammiratore di questi ragazzi
con i “pork pie hats”. Ricambiando la cortesia Neville Staple
dichiarerà da lì in poi il proprio amore assoluto per
i Clash (non a caso Neville Staple ha partecipato alla prima edizione
dello Strummercamp di Manchester). Quella degli Specials è una storia che merita l’approfondimento di tutti i giovani che si ritroveranno a leggere questa recensione, perché è una storia nata dalla strada e fatta di coraggio, intelligenza, passione, creatività. Ed è una storia di successo : sociale, culturale ed anche, in definitiva, economico. A
circa 30 anni di distanza riecco dunque Neville Staple al cospetto di
(soli) un centinaio di milanesi per una serata purtroppo poco pubblicizzata
ma che ha saputo regalare comunque positive vibrazioni. Arriva
il momento del rudeboy da Coventry : band rodata ed efficace, approccio
meno classico ma più punk nell’attitudine, ritmo sostenuto.
Staple è in buona forma fisica e fa il gigione con la prima fila,
si muove da veterano alternando brani propri (tratti dall’album
uscito nel 2004 “The Rude Boy Returns”, in cui ha collaborato
anche Mick Jones) come “Why so Rude” e “What I can
do” ad anthem degli Specials oppure a cover coinvolgenti. E allora
ecco servite ai presenti in rapida sequenza “Too Hot”, “Rat
Race”, “Monkey Man”, “Guns Of Navarone”,
“Rudi A Message to You”, “Too Much too Young”,
la splendida “Pressure Drop” urlata a gran voce insieme
ai presenti, “Ghost Town”. Un’ ora di concerto ed
un po’ di cedimento della voce nelle canzoni finali, ma, come
detto, l’intensità della performance ha toccato livelli
alti, soprattutto attraverso le canzoni degli Specials che hanno segnato
un’ epoca.
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