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In sei fissi sul palco (due chitarre, basso, batteria, fisarmonica e violino) ai quali vanno aggiunte le due coriste che irrompono sul palco come folletti, apportando un po’ di cabaret ed ulteriore vivacità e fisicità alla scena. L’attempato (ma mobilissimo) violinista Sergey Ryabtzev zompa da una parte all’altra del palco, sparando note in faccia ai fan più coinvolti, mentre il baffuto vocalist ucraino Hutz si cimenta con l’acustica e con tutto il bagaglio di contorsioni folli in cui pare essere davvero a proprio agio (gran lavoro dei roadies, fra corde da cambiare, microfoni da recuperare, cavi da sciogliere). La band è tosta, con un ottima sezione ritmica (Rea Mochiach ed Eliot Ferguson) sulla quale vengono costruite le fortune melodiche dei Gogol Bordello. La sfrenata danza gitana parte con “Immigrant Punk” uno spaccato di vita reale, seguita dall’incalzante “Sally” e “60 Revolutions”, tutte tratte dall’ultimo album. I Gogol Bordello usano spesso, ed abilmente, un “ponte” dub che far scendere e salire la temperatura del concerto, che infatti riparte a perdifiato con “I would never wanna be young again” con le frizzanti e coloratissime Pamela Racine ed Elizabeth Sun che creano scompiglio fra le linee acustiche e ritmiche della band. “Not a Crime” è una goduria di puro ritmo reso melodia dal violino di Sergey, mentre la fisarmonica di Yuri Lemeshev governa i ritmi compassati di “Avenue B”, prima dell’atmosfera caciarona ed intrigante di “Purple”. A questo punto il pubblico si accalca sotto il palco completamente coinvolto (già pochi minuti dopo l’inizio del concerto è andato perso, giustamente, ogni ordine precostituito riguardo posti a sedere numerati, settori ecc…) La band conquista tutti i presenti, siano essi giovanissimi attirati dal teatrale ed anticonformista front-man versione gitana, siano maturi ultra-trentenni figli della patchanka di Manu Chao. “Illumination”, brano di sola chitarra e voce, è solo una breve parentesi acustica prima di “Underdog World Strike”, dalla sintetica saggezza del manifesto “Think Locally Fuck Globally”, della ballata sghemba “Santa Marinella” (perfetto Hutz nella pronuncia delle parolacce in italiano), dell’anthem “Undestructable”, di “Dogs Were Barking” e della lunga versione finale di “Mishto”, un susseguirsi di alti e bassi di ipnotiche atmosfere tzigane difficili da far terminare. Concerto pienamente riuscito, i Gogol Bordello entusiasmano e convincono. Scopriteli e vedeteli adesso ( 31 Agosto, Bologna, Festa de l’Unità – 3 Settembre, Milano, Rock In Idro) prima che sia troppo tardi. Mauro Zaccuri |
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