Death
or Glory, il libro di Pat Gilbert |
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Premessa: non ho vissuto la vicenda Clash mentre esplodeva, nel' 77 andavo all'asilo, classe dei grandi, giostra sulla ghiaietta e ginocchia sbucciate. Lo dico a f. che mi ha visto con questo libro in mano e mi ha fatto capire che insomma, quella era roba loro, e dopo ampia e liberatoria discussione sono partiti cordiali fuck off di saluto. "Now
I know words are only tools" E così eccomi qui con questo librone in mano (502 pag.) dalla magnifica copertina rossissima che mostra una delle immagini più famose della storia del rock: il bassista Paul Simonon che sta per distruggere il suo strumento, un momento di furia iconoclasta che verrà interpretato in molti modi. Paul si romperà anche l'orologio, nello sbattere a terra il basso elettrico, e quell'orologio segnerà per sempre le 21.50, ora che diventerà il titolo di questo scatto, peraltro leggermente sfuocato, e la copertina del doppio, imprescindibile "London Calling". Pat Gilbert parte a razzo con le 4 biografie, lunga apertura su Joe Strummer, poi Mick Jones, qualche pagina su Paul Simonon e massicci tocchi per Topper Headon, una specie di presentazione di personaggi & interpreti che rivela la Londra operaia, la Londra dei sobborghi, i locali, la rabbia montante, l'urgenza e le sirene della polizia, tutto il milieu che produrrà quella rivoluzione punk della quale i clash saranno considerati alfieri e becchini, in parti uguali. L'autore, redattore di "mojo" e collaboratore di varie testate internazionali, segue i quattro con passo da storico, pare deciso a sistemare le cose, a mettere i puntini su tutte quelle i sparse lungo il cammino della band. Il lavoro è estremamente compresso, non ci vengono risparmiati passaggi tediosi, ogni nodo della vicenda clash viene spiegato dall'interno e da più punti di vista con la proposta di centinaia di stralci da interviste, recensioni, spifferi da retrobottega che vengono passati al fuoco dello storico, quasi stessimo parlando della rivoluzione d'ottobre e non delle vicende di una rock band che suono' 16 facciate di LP tra il 77 e l'82. Insomma , proprio quello che ci voleva! "Questo
è un servizio di pubblica informazione \ con chitarra \ Alla fine di questo lungo tuffo nel cuore di un fenomeno politico, musicale, di costume, storico, qualche fan acritico potrebbe avere delle disillusioni. Anche se la mitologia rock vorrebbe i propri eroi scolpiti nel monte Rushmore, i clash fans da anni hanno mandato a memoria le mitiche zuffe all'interno della band, e lo stato tensivo continuo, di ribellione e poi accettazione obtorto collo delle regole discografiche, e qui li rivediamo, ragazzi scoglionati sul pullmann, che guardano il mondo in tralce, allacciati a ridicole prese di posizione (joe) , tormentati dal talento ed in bilico su atteggiamenti divistici e opportunisti (mick), strafatti dalla droga più temibile (topper), distanti e lunari, come asceti sbroccati e sensibili (paul). Eppure la vicenda clash ci viene riconsegnata croccante, fresca di bucato, attualissima perché, si sa, la ribellione è giovane e sana ma poi il ravvedimento è operoso, e le facce dure firmano contratti ("il punk è morto il giorno che i clash firmarono per CBS") e imparano a suonare il basso, e hanno uno dei migliori batteristi della scena, e mescolano il reggae a tutto, e i loro set di 90 minuti sono passione rovente, joe compone con dylan in testa, insomma l'affresco è vivo e partecipe, London's burning with boredom now / London's burning dial 99999... Alcune conferme. Anzitutto su Joe Strummer. Adoro quell'uomo, il giorno che è morto, a soli 50 anni per una malformazione cardiaca, ho bevuto più di un grappino. Adoro le sue debolezze, le prese di posizione inconsulte, la sua concezione naif della battaglia politica, gli errori di valutazione (basti la tshirt con stella a 5 punte e -brigate rosse-) che il tempo inquadra e fa capire, il ghigno con cui canta strofe che sembrano buttate lì, la sua capacità ottenebrata di farsi veicolo inconsapevole, menestrello moderno dal cuore gigantesco e dalla sconfinata anima blues, cavaliere d'altri tempi senza macchia e con tante paure, figlio di un diplomatico inglese (mmmh, qualcuno disse che era una spia…) che cerca una ricostruzione proletaria dickensiana, e dorme nei peggio alberghi, e fa entrare i fan nella camera finchè c'è posto, e parla con loro, e ha sempre la risposta pronta, semplice, diretta, non mediata, poeta del suo tempo veloce, capace d'inchiodare gli states ai loro crimini amandoli in modo viscerale, e di trasmettere soprattutto una tale carica di energia positiva che oggi mi è di grande aiuto, in certe mattine nebbiose, bassa padana, fari gialli, ecc. "Nell'ultimo tour i miei amici non potevano entrare / Io aprivo la porta sul retro ma venivano ricacciati fuori" (Complete Control) Poi conferme su Mick Jones, cervellino limpido e solitario, venuto su con la nonna in un lurido sobborgo e catapultato sul tetto del mondo, in qualche modo più consapevole dell'importanza che i Clash andavano assumendo a livello planetario, ottimo chitarrista e gran manipolatore di generi musicali, personalità defilata e tagliente, dal fascino strafottente (e che dalla frizione tra questi due sia scaturito il frastuono, il fragore, il clash, beh, nessuno può dubitarlo veramente), meticoloso in sala d'incisione, musicista e non megafono, attento ai denari, arso dalla voglia di restarci, sul tetto del mondo. Naturalmente il libro dice tutto anche dell'imprescindibile ruolo di Paul Simonon, attualmente apprezzato pittore, ed ai tempi capace di costruire il -oh, gesù passatemi il termine,- look dei clash contribuendo soprattutto a determinarne la linea artistico-politica, così come del fantasioso batterista Topper Headon, emulo di Billy Cobham e dentro fino al collo nella creazione degli hit più di successo, e poi ancora del manager Bernie Rodhes, perno nascosto della vicenda, e di tutto il microcosmo pazzo e scellerato che accompagnava il gruppo. Forzando un po' potremmo osservare che la storia dei Clash si sviluppa come un romanzo militare classico, ascesa vertiginosa, conquista dei propri obiettivi anche mediante l'accettazione di numerosi compromessi, consolidamento e irrimediabili fratture interne, decadimento, consunzione, con sciacallaggio. La loro avventura musicale si è arricchita strada facendo, allontanadosi dal puro punk, che resterà sempre una condizione dello spirito, e raccogliendo invece elementi raggae, dub, rythm 'n blues, incursioni in territori swing, hip hop, ballate asfissianti, this is radio clash, un patchwork non sempre riuscito, ma sempre onesto e anticipatore. Sotto
il profilo politico l'impatto dei Clash è stato sismico. "siamo
una band antifascista" ecco una dichiarazione d'intenti che brilla
dall'inizio come una stella rossa. In definitiva consiglio l'acquisto di questo tomo -che ha l'aria di essere la biografia definitiva dei Clash- non solo a chi ha già i loro dischi e li ha consumati ma anche a chi ama i Kinks, Dylan, Jimi Hendrix, Bo Diddley, Who, Them, Stones, -perchè da lì arrivano - e ancora Green Day, U2, Billy Bragg, Pogues, Linea, Gang ecc. -perchè lì continuano a vivere. e se vi capita di leggere di messaggio nichilista del punk, o cose simili, provate a pescare un testo, uno a caso, di Joe Strummer lo Strimpellatore. Le sue liriche vi gireranno in mano come preziosi lavori di altissimo artigianato, e difficilmente troverete un sognatore coi piedi più piantati nel proprio tempo (so long, joe).
discografia selezionata ma obbligatoria: |
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