RACHID TAHA
“ Tekitoi ” (Time Bomb Recordin – Ottobre 2004)

Track List : Tekitoi – Rock El Casbah – Lli Fat Mat ! – H’Asbu-Hum – Safi – Meftuh’ – Winta – Nah’seb – Dima - Mamachi – Shuf – Stenna. Bonus Tracks : Ya Rayah – Voila Voila.

Sinceramente non lo conoscevamo. Ma ci è bastato ascoltare un passaggio radio di “Rock El Casbah” ed una segnalazione di un amico del sito per far scattare il desiderio di approfondire la conoscenza di Rachid Taha, fino ad arrivare all’acquisto del suo ultimo disco “Tekitoi”, uscito sul finire del 2004. Proseguendo sulla strada della sincerità, dobbiamo anche confessare che al cd non ci ha portato tanto l’omaggio ai Clash di “Rock The Casbah” (interessante versione, ma non indispensabile), quanto la lettura della biografia del musicista franco-algerino. Tipo interessante il 47enne rocker nato ad Orano (Algeria) ed approdato all’età di dieci anni nelle fredde lande dell’Alsazia francese, dove impara subito ha misurare, e sopportare, il duro prezzo di una lenta integrazione. Irrequieto, creativo ed innamorato della musica, Rachid forma all’inizio degli anni ‘80, e dopo aver girato la Francia come venditore di testi classici (mica male per un maghrebino vendere classici francesi ai francesi stessi), il suo primo gruppo dal nome impertinente ed emblematico “Carte de Sejour” (permesso di soggiorno) cominciando a prendere posizioni nette contro razzismo, conformismo, ogni forma d’esclusione ed a favore dell’autodeterminazione e della costruzione di un’identità da parte della prima generazione di ragazzi nati in Francia da genitori algerini (lo stesso discorso fecero in Inghilterra, a metà anni ’70, gli Steel Pulse con i caraibici nati in terra d’Albione). In sostanza si dice : non siamo la fotocopia svilita del retaggio culturale dei nostri genitori, non lottiamo per la tradizione imposta, ma per noi stessi, per la nostra vita, qui ed ora. Le radici non vengono dimenticate o ripudiate ma applicate ed inserite in una realtà nuova, ad una società diversa che ormai fa parte di loro stessi e che rappresenta il loro futuro.

Tutto il discorso per Rachid Taha si realizza attraverso la musica e relativi testi. Nel 1991 comincia la sua carriera solista e diventa, forse suo malgrado, un rappresentante sempre più autorevole della cultura meticcia francese anche se lontano dalla tradizione del rai algerino per sua stessa ammissione : “Quello che interpreto e canto non ha davvero molto da spartire con il rai classico di Bellemou Messaud, di Cheikha Rimetti o del primo Cheb Khaled, tanto per buttare lì qualche nome a caso. Io, a chi mi domanda che musica faccio, per semplificare le cose, do una risposta secca : dico che faccio rock, punto e basta. Io amo il rock, mi piace il suo feeling, il feeling duro ed immediato del punk, e tutto ciò lavora e si fonde bene con la musica del nord-africa”.

In effetti Rachid appare più ruspante e selvaggio di un Khaled. Ascoltando “Tekitoi” (slang francese per dire “Chi sei ?”) i riferimenti musicali che vengono in mente sono quelli, entrambi prestigiosi, dei Negresses Vertes (ascoltare “Tekitoi”) e dei Talking Heads di “Remain in Lights”, il loro capolavoro “world music”. Tutte le sonorità del disco vengono incastonate all’interno di melodie arabe provenienti dalla medina (si noti l’uso di una serie di strumenti tradizionali), che si fondono in un impasto molto riuscito che sa di tribale, di moderno, di vitale, di ipnotico. Eccolo forse il termine chiave : ipnotico. Salvo forse un episodio poco riuscito, “Winta”, tutto il disco proietta l’ascoltatore in una sorta di ipnosi ritmica, accentuata dal cantato in arabo. Emblematici in tal senso brani dalle sonorità profonde come “Lli Fat Mat!”, “Mamachi”, “H’Asbu-Hum” o dall’affascinante seppur minimale tappeto ritmico di “Dima”, composta insieme a Brian Eno. Le puntate decise verso funk e rock sono rappresentate da “Nah’Seb” , dal groove trascinante di “Shuf” , e dalla finale “Stenna”, mentre il ritmo martellante della techno si ritrova in una delle due bonus tracks, “Voila Voila”. Con Rachid Taha non è neppure il caso di parlare del “solito” ponte fra due mondi, quello occidentale e quello arabo. Per lui “il passato è morto, superato/non far male a nessuno, non essere geloso di nessuno/ ascolta il saggio e sii modesto/ gira pagina, dimentica la paura, sii te stesso e della vita fanne un poesia/ il passato è morto” (Lli Fat Mat). Sembra di poter dire che con il musicista franco-algerino è il mar Mediterraneo, come divisione naturale fra continenti, a scomparire. I problemi sono unici, come lo sono le ingiustizie e le violazioni dei diritti : “La nostra cultura non è democratica/a casa i bambini non possono parlare con i loro genitori/nelle pubbliche assemblee tu non puoi fare domande al ministro, non c’è libertà di parlare/nessuna legge, nessuna considerazione” (Safi). La vitalità, l’energia, la storia di Rachid sono semplicemente al servizio di un orizzonte culturale fatto di popoli, di persone, di storie comuni, di musica.

Mauro Zaccuri

Voto : 7.5

Web : www.rachidtaha.com