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Visto
il forte legame con Pete Doherty verrebbe da pensare ad una band clone
dei Libertines o dei Babyshamble . Non è esattamente così,
anche se il brodo di cottura (o cultura) è il medesimo dei disciolti
libertini. I party etilici, il codazzo di modelle, gli sconvolgimenti
in abiti firmati Christian Dior, l’interesse del NME, la Poptones
di Alan McGee, tutto sembra costruito per farne una band destinata a bagni
mediatici in crescita esponenziale. Esaurite
però le considerazioni di origine sospettosa che oggi potrebbero
riguardare molti altri gruppi scapestrati e dalle sembianze bohemienne,
rimane l’ascolto di un album d’esordio, “First Comes
First”, che non esitiamo a definire di ottimo livello per questo
genere. Chi ha sempre apprezzato un sound diretto, elettrico, efficace
nelle melodie, che riesca ad abbinare la verve energica e rabbiosa del
punk rock con la perenne freschezza del r’n’r, non potrà
esimersi dall’approfondire la conoscenza dei Paddingtons e non ne
rimarra deluso. La band inglese da Hull, è infatti , in attesa
di verifiche live, absolutely rock’n’roll. Non tanto per le
dichiarazioni rese alla stampa specializzata (“amiamo Pistols, Ramones,
Clash, Saints e of course …Libertines”), o per aver suonato
insieme a Glen Matlock per il trentennale del primo concerto dei Sex Pistols,
ma soprattutto dopo aver ascoltato le 11 tracce del loro disco. Difficile
infatti trovare momenti di stasi nell’inquietudine riottosa che
pervade la loro musica, guidata dalla punk-attitude del bravo vocalist
Tom Atkins (sentite “Sorry” e vi ricorderete un po’
di John Lydon). Un sound che come detto si rifà alla genuina irruenza
del punk targato ’77, senza disdegnare incursioni nella new wave
anni ’80, come nel pezzo di apertura “Some Old Girl”
(le tastiere ricordano i Modern English o i Magazine di Howard Devoto),
e nella reggae music, come in “Alright in The Morning”. Mauro Zaccuri
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