THE MOVEMENT
“ Revolutionary Sympathies ”
(Destiny Records – Maggio 2005)


Lars Schaedler – Basso e Cori
Stefan Andersen – Batteria
Lukas Scherfig- Chitarra e Voce

Se avete voglia di ascoltare qualcosa che abbia un suono dalla base vintage, e che risulti nello stesso tempo moderno, brillante ed energico, muovetevi con decisione verso “Revolutionary Sympathies” dei Movement. Il titolo, di per sé già un programma rafforzato dal brano d’apertura intitolato “Karl Marx”, non deve però far pensare ad un disco fatto di slogan retorici fine a se stessi. Il trio danese guidato da Lukas Scherfig a noi pare desideroso di riaffermare soprattutto questo concetto : ragazzi ci siamo, abbiamo le nostre radici, la nostra storia, prendiamone coscienza, alziamo la testa, usiamola, e proviamo a cambiare qualcosa di questo mondo, e nel rapporto fra noi stessi, mandando in culo i nostri piccoli egoismi. Unità ed un po’di verità fra le persone risolverebbero tanti guai e tanti immobilismi, non credete ?

Dal punto di vista delle tematiche (sociali e personali) questo nuovo disco segue quindi la scia del gran bel debutto di “Move!” (2003, già recensito su queste pagine), mentre le cose nel sound della band sono un po’ cambiate.
Gli spunti ska sono scomparsi, molto spazio al r’n’r ed al beat suonato in chiaro mod-style , presenza del suono Motown, e solo qualche richiamo all’asprezza punk, come vedremo. Risultato : un impatto magari meno immediato rispetto all’esordio, ma una maggiore propensione alla costruzione di brani melodicamente più strutturati, nel segno di un processo di maturazione che li porterà probabilmente ad abbracciare definitivamente nel prossimo futuro la propria anima mod. Se gli Style Council di Paul Weller vengono citati nel booklet come maggiore fonte di ispirazione, si capisce abbastanza bene dove potrà tirare il vento. Ma anche qui bisogna fare chiarezza e ribadire una cosa : per i Movement la vera missione è quella di tenere insieme tradizione e modernità, riferimenti culturali del passato e nuove esigenze espressive senza perdere mai contatto con le proprie radici. Questo deve essere “The Modern World”, che evita l’appiattimento sui padri putativi, ma prova a conservarne l’essenza e lo spirito. E’ per questo che li sentiamo così vicini e ne parliamo sempre volentieri. In effetti poi il richiamo all’esperienza di Paul Weller e dei suoi Style Council significa anche impegno politico oltrechè stile. A tal proposito ricordiamo velocemente l’esperienza del mod-father nel Red Wedge insieme a Jerry Dammers e Billy Bragg che mirava ad affiancare il Labour Party nelle elezioni del 1987, ed in precedenza le royalties del 45 giri “Money Go Round” girate a favore delle marce antinucleari del Cnd ed ancora la devoluzione del ricavato dal singolo “Soul Deep” a favore delle organizzazioni sindacali dei minatori inglesi. Insomma un bel punto di riferimento ed una ragione forte per proseguire nel cammino.

“Revolutionary Sympathies” inizia con l’intro alla Who di “Karl Marx” preludio ad un rock d’assalto, fatto di cambi, stacchi, riff. Un ottimo pezzo che invita alla ribellione come stile di vita. Ancora un’invito a “scoprire altri e nuovi prodotti sui quali investire, come la libertà, la solidarietà e la cultura” viene dal beat veloce potente di “More Products”, mentre con le successive “No Regrets” e la title track “Revolutionary Sympathies” si impone un pop fresco ed immediato. A questo punto il disco si inoltra (senza grande efficacia per la verità) in una ballata elettrica in stile country, “My Street”, seguita da un brano in chiaro stile Style Council (o Motown se volete, che poi è quasi la stessa cosa), “A little rain”, molto godibile, con una voce femminile a far da richiamo a quella roca di Schaedler.
“Is that love ?” è una cover ben riuscita di un brano degli Squeeze, formazione del pop britannico fine anni ’70, che introduce il “sentimental beat” di “Me and You”, zeppo di stacchi alla Who, ma soprattutto “Something ‘Bout Reality”, un brano veloce dal tiro punkeggiante ottimamente costruito. Il beat di “If you’re turning to go” e “Watching all trains leave the station”, quest’ultima con un attacco alla Small Faces, chiudono un album ancora una volta di ottimo livello che servirà ai Movement per trovare uno spazio sacrosanto e più vasto nella scena indipendente.
Walls Come Tumbling Down, avanti così Movement.


Mauro Zaccuri

Voto : 8

Web : www.themovement.dk