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Non sono state certo le motivazioni mistico-religiose che mi hanno convinto a partire, la filosofia rasta è una cosa che non mi ha mai interessato. Abbiamo sempre pensato che per noi sarebbe stato impossibile capire le motivazioni che hanno spinto i Rastafarians giamaicani a individuare in un imperatore come Haile Selassie - un dittatore a volte sanguinario - una figura «divina» da venerare. La cosa che mi interessava di più era vedere l'Africa, capire che concezione avessero gli etiopi del reggae, dei rasta, di Marley. Decido di partire. Arrivo ad Addis alle 11 di sera del 4 febbraio: due giorni prima del concerto di commemorazione. Lungo la strada dall'aeroporto fino a casa di Stefano (l'amico che mi ospita), noto i manifesti che pubblicizzano l'evento. La faccia di Bob, contornata dai colori giallo, rosso e verde della bandiera etiope, è a ogni angolo. Si respira un'aria di attesa. Il mattino dopo, per strada, i bambini mi circondano chiedendomi dei soldi, cercano di vendermi cose come fotocopie con la faccia di Marley, braccialetti, gomme da masticare. Resto sconvolto dalla quantità di mendicanti che affollano la città, ma Stefano mi racconta che non è sempre così. Molti sono arrivati da fuori Addis, in concomitanza dell'arrivo dei turisti per il concerto. Strade trafficate che dividono case di lamiera da alberghi da sogno, bambini che masticano qat, ragazze bellissime, poliziotti. Ma chiunque tu incontri, nonostante tutto, ti sorride con una dignità disarmante. Questa è l'Etiopia. Arriviamo a Meskel Square, il giorno del concerto. Resto un po' deluso, vedendo che file di transenne tengono il pubblico a circa trenta metri dal palco, la zona più vicina è invece riservata a «persone importanti», che hanno sborsato 100 $ per il Vip Pass. Nonostante il reggae di Marley abbia sempre inneggiato all'uguaglianza, c'è discriminazione e chi paga vede il concerto. I soldi raccolti serviranno a sovvenzionare progetti in Etiopia e per le vittime somale dello tsunami, dice la voce della Marley Foundation. La mia speranza è che sia veramente così, ma non riesco a tenere lontano lo scetticismo. Tornando al concerto, la gente partecipa, si diverte. Gli artisti si susseguono sul palco in un crescendo calcolato che culmina con la performance della famiglia. Rita Ziggy e gli altri figli riconosciuti cantano le canzoni del «maestro» in modo preciso, tecnicamente identico, senza però riuscire ad esprimere quel carisma che solo Bob aveva. Finito il concerto la gente torna a casa, felice. Oggi è stato un giorno di festa, un giorno dove, chi lo aveva ha messo il vestito buono; un giorno per incontrarsi, per ricordare un uomo che non è morto e mai potrà morire. Peace!
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