MARLON
BRANDO MITO RIBELLE DEL CINEMA
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L'inattualità grandiosa, ostinatamente nuda, di questo grandissimo del cinema americano, troneggiava sulle parole spese ieri per commemorarlo, e su chi, di fronte alle sue tragedie famigliari e alla sua filmografia degli ultimi vent'anni anni ne traeva il quadro di un talento immenso, ma forse "un po' sprecato". Il moralismo faceva venire in mente quello spesso usato nei confronti di Orson Welles. Un paio di commentatori sono arrivati a concludere che Brando stesso, probabilmente, non era soddisfatto della sua carriera - per non parlare della sua vita privata! Dopo la rivoluzione kazaniana, Il padrino e Ultimo tango a Parigi, entrambi del 1972, i film degli ultimi anni sono stati giudicati "minori" in blocco. Può darsi che non fossero film miliari (anche se miliare è la sua apparizione in Apocalypse Now e miliare fu il suo cachet per pochi minuti di recitazione in Superman di Richard Donner). Però andrebbe ricordata la grazia del balletto tra Brando e Johnny Depp in Don Juan De Marco maestro d'amore (1995), il fatto che, per Depp, Brando ha recitato in Il coraggioso ("The Brave", 1997, mai distribuito in Usa) o la stranezza di film come Missouri ("Missouri Breaks", 1976) e La caccia ("The Chase", 1966) diretti da Arthur Penn. L'isola perduta ("The Island of Dr Moreau", 1997, di John Frankenheimer) in cui Brando interpretava, dopo Burt Lancaster, lo scienziato da H. G. Wells è un film che va visto per la sua follia e The Score (2001), di Frank Oz, perché vi recitano insieme Marlon Brando, Robert De Niro e Edward Norton (secondo, i reportage del tempo, il regista fu virtualmente bandito dal set nelle scene più importanti di Brando, che chiamava Oz "Ms. Piggy", e preferiva essere diretto dai suoi colleghi). Se Brando non ha preso sul serio la sua carriera come i commentatori avrebbero voluto facesse è perché non ha mai preso sul serio l'industria e il suo protocollo. Nessuno, però ieri, ha ricordato la sua generosa partecipazione all'anti-apartheid Un'arida stagione bianca ("The White Dry Season", 1989) di Euzan Palcy o I due volti della vendetta ("One-Eyed Jacks", 1961) il suo unico film da regista, un western mezzo messicano e con il mare, in cui Brando è un ex bandito timido tradito dal suo migliore amico. E questi sono due progetti a cui lui, ovviamente, teneva moltissimo. "Recluso" è stata una parola usata molto nel ricordarlo. Ma solo perché Brando non faceva parte della scena di Hollywood, non si è mai avuta l'impressione che fosse distante o disinteressato dall'attualità. Leggende metropolitane vogliono che amasse molto la radio a onde corte, e che passasse ore a chiacchierare con sconosciuti "live" - quella sua voce meravigliosa, nella notte losangelina, su frequenza gracchianti. Altri sostengono che frequantasse molto Internet e, all'insaputa di tutti, contribuisse ai blog del suo website. Nel 2002 una lezione di recitazione che tenne a Los Angeles (per un progetto mai realizzato con il filmmaker inglese Tony Kaye) fu seguita da "tutti" - Robin Williams, Sean Penn e Michael Jackson compresi. Con gli attori giovani come Johnny Depp, Brando aveva un rapporto regolare e, insieme a Sean Penn, discusse solo un paio di anni fa la possibilità di portare al cinema L'Autunno del patriarca, di Garcia Marquez. EDITORIALE
Brando veniva dal Nebraska, e sarebbe finito a Tahiti, via Mullholland Drive e New York. Proprio come Robert Taylor. Ma che differenza tra il bel maritino coi baffi in tweed, che si dovette scusare di fronte al comitato per le attività antiamericane per avere magnificato la civiltà stalinista in Mission to Moscow e l'attore amico e finanziatore dei Black Panthers, incontenibile, irreggimentabile, "cesarista" mai repubblicano, che utilizzò un premio Oscar per ricordare all'America la base e l'essenza della sua civiltà: lo sterminio dei nativi, e la loro sostituzione come braccia da sfruttare con gli schiavi africani. Brando era il "tipico ordinario ragazzo americano", ma nel senso che il tipico ordinario ragazzo americano non è quello che si pensa. Bisessuale, politicizzato, non ipocrita, amò davvero (ma sempre per poche ore) centinaia di ragazze (soprattutto extraoccidentali) e Christian Marquand, e poche altre e altri, di più. Nelle sue lezioni di filosofia della storia Hegel avrebbe spiegato il "dramma Brando" - raccondandoci la sua diffidenza per l'America: il nuovo mondo non è il futuro dello Spirito, cioè dell'autocoscienza umana, ma un ritorno alla preistoria, al noioso "stato di natura" dell'uomo, perché la stessa geografia dell'America impedisce la vicinanza conflittuale e creativa che fa una civiltà compiuta. Gli emigranti europei laggiù verranno disintegrati dalla "teoria della frontiera"... Brando incorporò questo conflitto, nei ruoli di Marc'Antonio e del colonnello Kurtz fino a farci venire i brividi. Nell'autobiografia Says my mother tought me racconta della sua rabbia contro il padre, contro il mondo, contro una civiltà incubatrice di violenza psicologica che nella seconda parte della carriera, quando è pallido grasso gentile fragile e bianco vestito emerge a tratti, quando è donna con l'accento del sud di Misuri Breaks e quando è italo americano ferocissimo nel Padrino. È
probabile che dopo Fronte del porto non si sia mai più occupao
di cinema e superato quanto a intensità, presenza, forza autonoma,
macchina recitativa inebriante... Marlon Brando sapeva imitare ogni
uomo e ogni donna che lo meritasse o che lo divertisse (Vivien Leigh,
per esempio). Amava molto Queimada di Gillo Pontecorvo, nel quale esibì
una performance virtuosa, da tipico imperialista inglese totale e spietato,
e che merita un posto d'onore nelle biografie prestigiose che gli sono
state dedicate dagli studiosi americani, a partire da quella del 1991
di Richard Schickel, a quella di Manso, del `94, fino a quella della
Bosworth del 2001. Ma il segreto del suo sguardo e del suo comportamente
sexy qual era? "Sembrava Stanley Kowalski, anzi era proprio Stanley
Kowalski, eppure era anche Blanche Dubois".
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