INTERVISTA A JOE STRUMMER - "Tenuta di strada zero"
(Dal Mucchio Selvaggio del Maggio 1998 - Intervista realizzata un anno prima dell'uscita di "Rock Art and the X-Ray Style")


Prefazione
:
Certo, tra i quattro membri dei Clash, Topper Headon era il musicista più completo, Paul Simonon più misterioso e più sexy, Mick Jones super fico.Tra l'altro per molti fan dei Clash, era buona norma preferire Mick, allo stesso modo in cui bisognava scegliere Keith fra gli Stones : Mick e la sua frangetta bruna, Mick ed i suoi vestiti, Mick e le sue ragazze, Mick e il suo talento di arrangiatore. Però era comunque quella piccola peste di Joe Strummer che preferivamo nel nostro intimo. Aveva certo i denti marci e emanava una certa austerità ideologica, ma insomma : è sufficiente rivedere qualche estratto del film Rude Boy, ricordarsi dei loro concerti guerriglieri o semplicemente riascoltare i dischi : l'anima dei Clash, la loro coscienza, il loro motore a scoppio, la loro dinamo, la loro fonte ardente,il sacro cuore, era sicuramente Strummer.
Lui scriveva i testi, cantava i tre quarti delle canzoni, occupava la posizione centrale in scena. Lì, nel calderone della rivolta a salve, non si guardava che lui, o quasi: inarcato sulla base del suo microfono, chitarra stretta in pugno come un vessillo, il corpo in trance, la faccia che eruttava, scossa da spasmi. Taglio mezzo Bashung mezzo Rotten rivisto Cochran, portamento altero, collo alzato, il piede che batteva il ritmo, Joe Strummer era la rabbia fatta ad uomo,tutta l'energia del mondo in carne e nervi…Un ragazzetto punk che guidava il suo gruppo come si monta sulle barricate, il cavaliere degli ormoni adolescenziali, il messaggero delle ribellioni fantasticate. Raramente,nel rock, avevamo visto una figura altrettanto fulminante.

Ma se Strummer era geniale, differenziandosi completamente dal solito bercione del rock, era perché padroneggiava il suo abbandono, addomesticava le sue budella, canalizzava il suo caos, cosa che aveva come effetto di decuplicare la sua rabbia viscerale, di renderla ancora più efficace. Joe Strummer ha carbonizzato la sua giovinezza.Dopo l'accecante luce degli anni Clash, non ha più gustato altro che l'ombra della sua campagna inglese. Lì ha potuto digerire con calma il postclash, rifarsi una nuova corazza,cominciare una nuova vita. E' un uomo tranquillo che ritroviamo anni più tardi, in pace con se stesso ed estremamente lucido sulla sua avventura,i tratti appena cambiati, la figura leggermente appesantita. Molto contento di essere stato, ma molto felice di essere e senza nessun rimpianto.
Intervista :
Mucchio: Con i Clash tu eri uno dei musicisti più esposti del mondo.Da circa 15 anni vivi nell'ombra.Come si passa così bruscamente da una luce tanto intensa ad un ritiro quasi totale?
Joe: Ho pensato un bel po' a questa domanda e sono arrivato alla seguente conclusione: ho detto quello che avevo da dire.Ho avuto il mio periodo, ho sputato quello che avevo da sputare. Ecco tutto. E' un processo che mi sembra completamente naturale. Quando bevo un bicchiere con i miei amici e le lingue si sciolgono, mi scocciano regolarmente a questo proposito: "Dai Joe,devi tornare, fare uscire un disco, risalire in scena,cosa aspetti?". Rispondo sempre molto educatamente, ma spesso ho voglia di dirgli "Chiudete il becco, lasciatemi in pace con questa storia! Che cosa ne sapete? Non siete al mio posto!". I Clash erano talmente del loro tempo, era un gruppo intimamente legato alla propria epoca. I Clash non avrebbero potuto esistere prima o dopo. Una volta passato il nostro tempo, era come ritrovarsi arenati su una spiaggia dopo che l'onda si era ritirata : sei sulla sabbia, svuotato, stremato, a secco. E il mare è lontano.


Mucchio: Nel 1988 però, hai fatto uscire un album solista, Earthquake Weather.
Joe : Ho cercato di ripartire, di trovare dei nuovi musicisti, di riformare un gruppo, di andare di nuovo in tour per il mondo e tutto il resto. Ma non lo sentivo, qualcosa stonava. Al momento di quella tournee in America, avevano fatto stampare delle magliette, la solita chincaglieria. E vedere "Joe Strummer" stampato sulle magliette mi dava terribilmente fastidio.Una cosa è vedere un nome di un gruppo, The Who, The Doors o The Clash, ma il mio nome… Non va bene: è come se il tuo nome diventasse una marca di detersivo. Mi metteva a disagio. E si torna alla mia idea iniziale: i Clash avevano avuto il loro momento della parola, avevamo detto ciò che avevamo da dire, bisognava sapersi ritirare, lasciare il posto ai seguenti, che avevano anche loro qualche cosa da dire. Non tutti possono essere Elton John o i Rolling Stones, non tutti possono continuare questa attività in eterno. In ogni caso non c'è abbastanza posto per tutti, bisogna pure che alcuni vengano periodicamente mollati per strada.Io stesso in un certo senso sono stato spinto da parte, ma è una cosa alla quale ho volontariamente contribuito. Dopo i Clash, cerco uno scopo, una direzione, un obbiettivo valido… A volte mi dico che scriverò un libro, non so…cerco quello che sarebbe più interessante , più pertinente. In attesa sopravvivo con dei piccoli progetti: una parte qui, un po' di musica là,una colonna sonora, e così via. Per esempio ho accompagnato i Pogues in tournee, cosa che mi ha occupato due o tre anni. Non so perché, ma suonare davanti a folle immense,essere un rocker famoso non mi manca per niente. A quanto pare non deve essere un atteggiamento molto normale, perché i miei amici non ci credono…(risate)

Mucchio: Di solito i musicisti nella tua situazione riformano il loro gruppo per motivi economici, oppure per questioni di ego.
Joe: E' vero che a volte l'ego ci condiziona: devo affrontare la verità ed ammettere che ho sabotato le mie possibilità, che non ho fatto le mie mosse fino in fondo, che non ho portato i Clash con tutte le mie forze verso una carriera monumentale. Ma rivolgo il pensiero ai miei figli e mi chiedo: "Sarebbero più orgogliosi di loro padre se i Clash avessero proseguito? Lo amerebbero di più?". Francamente non credo. E poi, la mia "carriera" ancora non è finita: ha soltanto preso altri sensieri, un altro ritmo. Mucchio: Sei una delle rare rockstar ad avere deliberatamente abbandonato la sua condizione ed i suoi privilegi.
Joe:
Nell'insieme, mi rimprovero di non essere abbastanza colto, di non possedere il sapere e le informazioni sufficienti per permettermi di essere un portavoce.E' molto pericoloso quando delle persone che non sanno niente parlano in continuazione a voce alta, di solito per pronunciare stronzate. Ritengo di non essere abbastanza colto ed informato per permettermi di fare il giro del mondo sbraitando "Hey,hey, datemi il microfono ed ascoltatemi!".
Sarebbe meglio avere un bagaglio considerevole prima di andare a cantare sul mondo che ci circonda. Preferisco chiudere il becco ed occupare il mio tempo proprio a coltivarmi, a recuperare un po' quello che mi manca.
Mi rende molto più felice. A un certo punto, avevo deciso di prendere esempio dal calcio.
Cosa fa un calciatore quando finisce la carriera? Alcuni diventano allenatori, altri manager di squadra, altri cronisti, e così via.
Se si applica questo principio alla musica, un musicista diventa per esempio produttore. Allora mi sono reso conto che sul piano della tecnologia ero incapace. Potevo scrivere una canzone, strimpellare la mia chitarra, ma lo studio, i microfoni e queste cose, zero. Allora ho deciso di imparare tutto questo. Ma come al solito, ho fatto tutto quello che non bisognava fare. Invece di prendere delle lezioni, ho fatto tutto per conto mio, da autodidatta.
Ho dedicato una buona parte dei miei ultimi anni a questo : ho lavorato su un quattro piste, poi su un otto piste, e adesso ho un ventiquattro piste nella mia cantina, ho preso gusto a manipolare tutte queste macchine. Il problema è che, in mezzo a questo lungo periodo di apprendistato, i computer hanno fatto un salto di qualità! Tutto quello che ho imparato non serve praticamente più a niente. La tecnologia avanza più in fretta di me.
Ma ho deciso di continuare con i miei registratori, adesso che li padroneggio. E poi, in una registrazione, mi piacciono gli errori, le imperfezioni. Quello che mi preoccupa con la tecnologia digitale, è che la musica sia omogeneizzata, che tutti i dischi suonino allo stesso modo, diventino come degli yogurt, in fondo ad una catena. Che la musica diventi troppo perfetta, è il rischio delle nuove tecnologie.

Mucchio: Non hai mai smesso di interessarti al rock. Non era frustrante, a volte, non starci più dentro, non fare uscire dischi? Senza essere per forza una star , non desideri essere semplicemente un artista che lavora regolarmente?
Joe: Ho fatto delle cose regolari: un album solista, una tournee con i Pogues, l'apprendistato della tecnologia, ma anche la musica del film "When pigs fly" di Sarah Driver, un'amica di Jim Jarmush. Soltanto quello mi ha occupato un anno intero.
Mucchio: Inconsapevolmente, pensi di avere adottato questa posizione di ritiro per essere conforme a una certa etica, che era quella dei Clash?
Joe: No… Era piuttosto che sapevo cosa valevano i Clash e…"Se non puoi fare meglio,allora non fare niente". Non sapevo come venire fuori dopo una cosa tanto enorme quanto i Clash. Quando ho fatto il mio album solista, mi sono reso conto che da solo non avrei mai fatto meglio dei Clash. Ho preferito lasciar passare del tempo, aspettare che la mia musica evolvesse perché nella genealogia musicale dei Clash,non avevo nessuno spazio di manovra: non mi si poteva che paragonare sfavorevolmente.
I Clash erano una roba troppo definitiva,insuperabile. Allora aspetto, aspetto che la mia musica si evolva, prenda una direzione decisa.
Il mondo è già pieno di album mediocri,non necessari. Preferisco essere sicuro che la mia musica arrivi ad una certa maturità, che vada in una autentica direzione, che non sia un piccolo capriccio stagionale. E fino ad ora non sono mai stato sicuro, è il motivo per cui ho preferito non fare uscito niente.
Non ci tengo a fare perdere tempo alle persone. Inoltre, se faccio una tournee e ti vendo un biglietto Joe Strummer, tu vorresti sentire London Calling. Ed è normale. Io sono come te: se andassi a vedere per esempio, i Bee Gees, reclamerei Massachusetts (ride)… Ma non ho voglia di risuonare volta per volta London Calling. Sono preso in una morsa . E qui, tornano in campo i computer: hanno cambiato l'essenza della musica.
Ci sono cose fantastiche nell'hip hop , la techno, e così via, e forse invece di rifuggirle,dovrei cominciare ad integrare i computer, interessarmi alle tecnologie digitali. Allo stesso tempo, conserverò sempre una certa dose di scetticismo di fronte all'informatica. Quando vedo che oggi, zac, si può fare un disco in qualche minuto ….E' comunque un po' veloce,no? Ma questo spirito è parente dell'etica punk, permette di strappare la musica dalle grinfie di tutte le multinazionali superpotenti,di quegli studi iper equipaggiati e molto cari. La house è una delle cose migliori che siano successe alla musica di questi ultimi tempi.

Mucchio: Prima dei Clash, quale era la tua situazione, il tuo ambiente sociale?
Joe : Ho avuto una vita strana.Mio padre era orfano, in India. I suoi genitori rappresentavano le ferrovie in India e sono morti laggiù. Quando mio padre è deceduto,ho rivisto un sacco di carte personali e ho scoperto che era diventato cittadino britannico soltanto due anni prima della mia nascita,indubbiamente a causa della morte precoce dei suoi genitori.
Questa situazione di cittadinanza tardiva ha fatto sì che mio padre fosse ancora più inglese degli inglesi. Dopo la guerra, è entrato a far parte del Foreign Office, ma al gradino più basso. Così ha vissuto un po' ovunque nel mondo. Io sono nato ad Ankara e,dopo due anni in Turchia, abbiamo vissuto due anni in Messico, poi a Bonn… Quando avevo nove anni, mio padre ci ha mandati, me e mio fratello, in un collegio in Inghilterra.
Era la prima volta che mettevo piede in Inghilterra. In quel periodo mio padre era stato mandato in servizio a Teheran per cinque anni. Era difficile, perché il governo non pagava che un solo viaggio all'anno: improvvisamente vedevo i miei genitori una sola volta l'anno.
Tutto questo ha creato uno strano rapporto fra me e loro.Io non andavo bene a scuola, ero il tipo che si perdeva in fantasticherie guardando fuori dalla finestra. Mio padre aveva studiato molto ed era abbastanza rigido su questo argomento. Non aveva alcuna pazienza con me.
Le poche volte che lo vedevo, non andava molto bene a causa dei miei cattivi voti.Mi abituavo a non vederli e quando arrivava il momento di partire, non avevo tanto voglia di andarci,era strano… Mi divertivo più a scuola , con i miei compagni.

Mucchio: Nel corso della tua adolescenza,eri abbandonato a te stesso, senza i tuoi genitori?
Joe : Si. Quando sono tornati in Inghilterra dopo un ultimo posto in Africa, io ero il figlio cattivo. La nostra separazione era stata troppo lunga.
E poi mio fratello si era suicidato all'età di 16 anni. La nozione di focolare domestico non era mai esistita per me. Non conoscevo nemmeno quella nozione essenziale che è l'appartenenza ad un quartiere. Molti ragazzini crescono in un quartiere, conoscono i vicini, hanno degli amici di lunga durata che crescono con loro, e così via. Hanno il senso della comunità. Quando i miei sono tornati hanno traslocato in un villino a Croydon: per me, era soltanto una baracca e una strada fra le altre, preferivo trascinarmi per Londra.

Mucchio: E' trascinandoti per Londra che ti sei ritrovato coinvolto in quella che sarebbe diventata la scena punk?
Joe: Tornando da Parigi, avevamo chiesto di nuovo l'elemosina a Londra. Diventava sempre più difficile perché la polizia della metropolitana ci rompeva le scatole e ci vietava di suonare. Eravamo sempre sul chi vive, sempre pronti a tagliare la corda. Allora, mi sono detto che avrei fatto meglio a mettere su un gruppo.
Mucchio: Come sopravvivevi durante quel periodo?
Joe: Avevo qualche lavoretto,ma veramente i più schifosi che ci fossero, pulire i cessi dell'Opera Nazionale per esempio. Il mio peggiore ricordo di quel lavoro,riguarda tutti i mozziconi di sigaro che si trovavano in fondo all'orinatorio. C'era un posacenere a destra , ed un posacenere a sinistra della tazza, ma no: i tizi tiravano le loro merde di sigari dentro la tazza! Non era un problema raccogliere i mozziconi; quello che era insopportabile era quell'atteggiamento, quell'aspetto "crediamo che tutto ci sia permesso perché siamo ricchi e potenti". E poi sentivo le cantanti fare i vocalizzi tutto il giorno: da allora, non sopporto più l'opera.

Mucchio : Vivevi giorno per giorno o aspettavi che succedesse qualcosa?
Joe: Durante quel periodo all'Opera, avevo un progetto : avevo deciso di mettere su il mio gruppo, i 101'ers.Avevo soltanto bisogno di una chitarra decente.Cercavo di risparmiare, ma con quei lavori sotto pagati era impossibile. Alla fine ho fatto un matrimonio fittizio,cosa che mi ha reso cento sterline.Con quei soldi ho comprato una Fender Telecaster.Da allora quella Fender non mi ha più abbandonato. Con quella chitarra, il nostro gruppo cominciava ad avere il suono giusto.

Mucchio: Scrivevi già le tue canzoni?
Joe: Dopo aver comprato la Telecaster, la mia prima canzone è stata "Keys to your heart". La prima canzone che si compone è fondamentale: è un passo immenso che si supera in un colpo solo. Dopo, le canzoni seguenti vengono più facilmente. La canzone ha funzionato ed è stato un grande sollievo, una grande soddisfazione. Abbiamo affittato il primo piano del pub del quartiere, abbiamo fotocopiato l'annuncio del nostro concerto e l'abbiamo attaccato a tutte le porte del circondario, in maggioranza degli squatt. A poco a poco abbiamo creato il nostro repertorio.All'inizio avevamo cinque spettatori, un mese più tardi il pub era strapieno.

Mucchio: Hai vissuto il movimento punk al cento per cento all'interno o avevi anche una certa prospettiva, una distanza analitica?
Joe: Non c'era niente di più punk del 101'ers, per essere più precisi noi eravamo prepunk. Sul finire del 1975 però ho visto un gruppo che si chiamava Sex Pistols. Ci facevano da gruppo spalla, li ho incontrati durante il soundcheck. Sapevo che con i 101'ers lavoravamo come scemi senza grandi risultati. Sudavamo sette camicie da due anni e non andavamo da nessuna parte. Qualcosa non andava, ma non sapevo cosa. Guardando il concerto dei Pistols prima di noi, ho capito che eravamo finiti: eravamo un gruppo da bar, una pub rock band, resa obsoleta da un minuto di Sex Pistols! Gli altri membri dei 101'ers non hanno capito o non hanno voluto capire. Io ho cominciato a girare intorno al 100 Club, lì dove germogliava la scena punk e ci ho incontrato i futuri membri dei Clash. I miei compagni dei 101'ers erano disgustati "Non sanno nemmeno mettere tre note in fila", i soliti insulti. Non avevano proprio capito niente.

Mucchio: Oggi, cosa pensi dello Joe Strummer dell'epoca?
Joe: Non penso molto a questo genere di argomenti. A volte mi dico che i Clash hanno vissuto dei momenti geniali, come quando c'era una sommossa nella sala e noi insistevamo a suonare in mezzo al caos. E a volte, in certi momenti, mi dico che avremmo dovuto fare il contrario… Nell'insieme sono molto orgoglioso dei Clash, dei nostri dischi, di quello che abbiamo rappresentato. Eravamo molto ingenui sul piano degli affari, ma nel territorio dove conta veramente,quello artistico, non ho veramente nessun rimpianto.

Mucchio: Come hai reagito all'enorme successo dei Clash?
Joe: Quando ci arrivi, non te ne rendi conto. Non mi ricordo nemmeno di essere stato colpito dal fatto che qualunque fosse la città del mondo in cui andassimo,eravamo famosi. E poi lavoravamo talmente tanto che non ci siamo visti all'apice della gloria, non ne avevamo il tempo. Non avevamo che una sola cosa in testa : quello che avremmo fatto dopo, la canzone successiva, il concerto successivo… Non c'era nessuna tregua. L'indomani stesso dal nostro rientro dalla tournee americana di London Calling, eravamo in studio per registrare Sandinista. Ci passavamo i nostri giorni e le nostre notti, non ne uscivamo mai.

Mucchio: Come siete passati da London's Burning a London Calling ed al collage straordinario di Sandinista? Da un gruppo punk elementare alla ricchezza musicale dei vostri ultimi album?
Joe: La prima ragione è il nostro batterista,Topper Headon. Topper suonava dall'età di quindici anni con dei gruppi di soul neri americani che venivano a fare il giro dei nightclub dell'Inghilterra. Con il punk, la maggior parte dei batteristi era capace soltanto del minimo indispensabile, mentre Topper aveva una tecnica molto raffinata. La seconda ragione è che avevamo tutti le orecchie bene aperte: ascoltavamo continuamente della musica. E poi Mick Jones era un arrangiatore molto brillante: un genio nel capire chi doveva suonare cosa e quando. Una gran parte della qualità dei nostri dischi è dovuta agli arrangiamenti ed al senso del suono di Mick.

Mucchio: Dicevi che non ti sentivi capace di essere un portavoce.Cosa pensi oggi dell'aspetto politico dei Clash,dei vostri testi impegnati?
Joe: Credo che qui ci sia un grosso problema. E' complicato. Lo spirito dei nostri testi era rivolto verso un ideale socialista ma il problema è che l'esperienza comunista aveva portato a Stati polizieschi, a dittature.Non avevamo risposte a questo. Noi sognavamo un marxismo umanista, di uguaglianza e di giustizia sociale. Ora il socialismo reale aveva prodotti Stalin o Mao, dei despoti.
Era il vero problema dei nostri testi. Se ci si picca di scrivere testi politici, è il caso di offrire delle soluzioni alla gente. Chiaramente eravamo giovani impetuosi, non eravamo dei grandi pensatori… Nonostante questo avremmo dovuto proporre vie di uscita al nostro pubblico, i nostri testi avrebbero dovuto portare da qualche parte.
Quando ammiravo il sistema socialdemocratico in Svezia, gli svedesi mi prendevano in giro, mostrandomi a che punto la loro vita fosse noiosa. Certo volevamo cambiare il sistema, ma per sostituirlo con cosa?
Quando si vuole distruggere un sistema, si ha interesse ad avere una soluzione di ricambio che funzioni. In fin dei conti, non devo nascondermelo: è forse a causa di questa confusione, di questa impasse ideologica che i Clash hanno finito per esplodere.Avevamo detto tutto, avevamo sputato il nostro disgusto verso quello che non andava nella nostra società, ma non potevamo andare oltre, non avevamo una soluzione costruttiva da proporre.
A meno di non ripetersi in eterno nel vuoto, era meglio fermarsi. E' forse un giudizio severo su di me e sul gruppo, ma credo che sia lucido.

Mucchio: Nonostante queste difficoltà, non credi che i vostri testi abbiano comunque risvegliato la gioventù britannica e commentato brillantemente gli anni della Thatcher?
Joe: Indubbiamente.Gli anni della Thatcher erano quelli della rapacità, dell'attrattiva del lucro. Un po' quello che è successo da voi con Craxi e Berlusconi.Ero completamente perso in quel mondo che girava intorno alla riuscita economica.
Questo carico non è troppo pesante per un artista? Tutti possiamo descrivere una situazione; ma proporre soluzioni? E' per questo che penso che il ruolo dell'artista sia quello di descrivere l'epoca, di mettere la realtà sotto il naso delle persone affinché non la dimentichino, di vegliare perché il pubblico sia sempre sveglio. Ma non sta all'artista proporre dei rimedi ai mali del mondo: è un compito troppo complesso, troppo pesante per un solo uomo.

Mucchio: Malgrado tutto, non pensi che i Clash abbiano comunque cambiato delle cose?
Joe: Sicuramente, ma non so esattamente come, o in che grado. Non posso che basarmi sulle reazioni dei nostri fan. Devo avere sentito migliaia di persone dirmi "Quando ho sentito i Clash, hanno cambiato la mia vita". Il gruppo ha avuto un effetto sulla vita di alcuni individui. Ora, non è per questo che abbiamo cambiato il mondo.

Mucchio: Che rapporti hai attualmente con gli ex membri dei Clash?
Joe : Ho perso i contatti con Topper Headon, ma vedo regolarmente Mick e Paul… Stanno tutti bene, abbiamo fatto un sacco di figli.

Mucchio:
Cosa pensi della scena musicale di oggi ? Ti manca un gruppo politicizzato come i Clash?
Joe : Ci sono molte persone interessanti. Non mi permetterei di criticare nessuno. Se debuttassi oggi, in questo mondo post cortina di ferro, non so se sarei capace di scrivere canzoni politiche. Da noi, in Inghilterra, il partito laburista è ancora più conservatore del partito conservatore! Le persone cominciano a dire: "Almeno con la Thatcher, sapevamo chi avevamo di fronte, non c'era inganno sulla merce". Oggi Blair legge un discorso scritto e riscritto da venticinque consiglieri esperti in comunicazione.Si ha la sensazione che Tony Blair sia un ologramma ! A me piacerebbe molto votare per una persona vera.

Mucchio: A cosa lavori attualmente?
Joe: Ho diversi nastri da cui cercherò di trarre un album, canzoni registrate con persone come Horace Andy o il leader dei The Grid. Ci sono delle buone cose ma molto varie, in tutti gli stili, e non ho ancora trovato una direzione forte, una coerenza per metterle insieme…Bisogna che ci lavori sopra perché sarebbe veramente peccato non farle mai uscire.Di solito non lo ammetto ma.. a volte diventa molto frustrante, tutti questi progetti che si trascinano, che si ribaltano o che rimangono in attesa: lavoro, faccio della musica, e non esce niente. Mi piacerebbe presentarlo al pubblico.