INTERVISTA A JOE STRUMMER - "I Sopravvissuti"
(Da Rumore del 1999 - Intervista realizzata da Alioscia Bisceglia, cantante dei Casino Royale)

Ringrazio con il cuore, e spero sia sufficiente, Rumore per la concessione del testo.

Autostrada Milano-Bologna, sabato 4 settembre 1999: sto andando a prendere il regalo di compleanno fattomi da Marco (intervistare Joe Strummer) e nel viaggio in macchina con lo stesso ritardo e la stessa tempestività di quando andavo a scuola, scrivo domande sintetizzate su un blocco che ho raccattato mentre uscivo di casa.

Così è arrivato il giorno e i compagni di trasferta cercano di avanzare qualche richiesta per le domande : "che fine ha fatto Topper? Vogliamo saperlo", oppure " Altre band culto del rock come gli Stones non hanno mai smesso di suonare, le loro sono state solo operazioni commerciali, vero?". Faglielo dire, faglielo dire che i Clash No, non sono così! "Cosa lo ha spinto a tornare sul palco?…E se pensa che sia cambiata l'arte e il linguaggio della ribellione, poi che cazzo hanno avuto i Clash più di altre band dello stesso periodo che avevano suoni ed influenze simili e poi chiedigli se è vero che Paul Simonon è uno dei 50 artisti inglesi più quotati, chiedigli di Mick Jones !" Chiedigli quello, questo, chiedigli tutto!

La verità è che dopo avere letto l'intervista sul numero di agosto di Uncut ed essermi fatto un viaggio a Londra in macchina in cui la colonna sonora manco a dirlo (complice il mio socio Lobo) sono stati i Clash, sono solo curioso di sapere e di vedere come sta il mio generale.

Bologna: Yalla!Yalla!Yalla! Al momento sembra voler dire Pioggia!Pioggia!Pioggia! Il Generale già si aggira nel back-stage (pass is a fashion) ed elargisce saluti in automatico a chiunque incroci il suo sguardo. Fuori 15.000 persone, in prevalenza molto giovani si sparano una via l'altra le band sul palco: Hepcat, Sick of It All e via dicendo. Arriva l'ora e mi procuro una scaletta del set di Joe: 7 pezzi dei Clash e 6 del nuovo disco "Rock Art & X-Ray Style". Una cover band? Chi se ne fotte , questa è la nostra festa, siamo venuti a salutare un nostro amico e sotto il palco c'è una bella ressa, tutti venuti apposta per lui. Clash veterans, red skins, icone del punk 77 con boots, moicano, union jack sulla schiena e borchie svitabili; un padre veneto sui 40 che si fa largo quasi a cazzotti urlando " ero a Bologna, in piazza Maggiore, devo passare, sono un nostalgico e allora? Questa è mia figlia allora?".

Allora inizia, il Generale è teso manco fosse il concerto Rock Against Nazis del '79, si batte la mano sul petto, bacia il palco e viene subito davanti per testare se il pubblico è dalla sua , la band è giovane, un bell'assortimento di ghigne scassate e facce d'angelo. Con l'immagine Clash non c'entra nulla, per fortuna. Parte con "Yalla,Yalla" e le parole chiave cominciano ad arrivare, sento il groove, e me lo immagino diverso, più cattivo, più aggressivo. Nella mia testa è già remix. Non piove, diluvia e lui attacca "Rock the Casbah", la dedica a Topper, senti subito che l'impatto live comparato alla band originale è da calcolarsi alla radice quadrata : poco male. La gente salta, si schiaccia, frana, ondeggia e si incontra, vedo facce che conosco, gente che suonava una vita fa seguendo la strada indicata dai Clash e riabbraccio proprio sotto il palco Rata, che non vedo da mesi e a cui in questi due anni ho trasmesso questo cromosoma nel DNA.

E' un bel momento e sicuramente lo sto guardando in "X-Ray Style", sento, leggo, e da Joe "Public" arrivano parole : "Old school - New school, Skatalites, Maximum destination, Free-style nation, è un random di citazioni, parallelismi, emozioni come bombe, nodi in gola, dai tieni duro Joe, tranquillo! La pioggia continua,vestiti pesanti, un'ora vola e si chiude con la scarica voluta da Topper per "Tommy Gun".

Nel camerino guardando la band ti accorgi di quanto siano contenti per come è andata , aria di vittoria e soddisfazione: alcool, Red-Bull e poi joint per bilanciare. Mi coinvolgono, il giro è antiorario e mi adeguo, il chitarrista-tastierista mi fa accomodare e mi dice che si sono levati un peso: "eravamo terrorizzati prima dell'inizio,dita incrociate perché ieri in Germania è andata da schifo, il pubblico non ne voleva un cazzo, non erano li per Joe, e per lui è stata dura".

A.B.: Sul palco dopo l'inizio vi ho visto tranquilli.
M.: Oggi si è andata bene, non capisco perché ieri no, a Monaco…poi un festival, era dura, di solito nei club va meglio.
A.B.: In Germania gira molto musica e velocemente, i giovani che vanno a vedere gli Offspring non sanno chi era Joe Strummer, mentre in Italia le cose cambiano lentamente e il legame con i Clash è ancora forte.
M. : Per noi suonare con lui è grande e ora come puoi vedere è molto felice.
A.B.: Non vi sembra un po' di girare con vostro zio ?
M.: No, lui è come se fosse l'amico più grande. E' lui che ha in mano la radio vedi? E' lui che sceglie le cassette. E' come se fosse il nostro dj, anche per me era un mito e all'inizio ne ero spaventato, poi con il disco abbiamo lavorato bene e…l'hai sentito il disco?
A.B.: Rispondo che l'ho ascoltato velocemente e solo una volta. Non credo sia facile da proporre in situazioni tipo questo festival. Poi mi chiede come lavora la Mercury in Italia e gli rispondo che non sono la persona più indicata per un commento visto che ho appena chiuso un contratto con loro, tento di spiegargli in breve come funzionano le cose in Italia e loro si scambiano sguardi preoccupati. Questo mi fa capire quanto si sentano coinvolti nel progetto e non si sentano solo strumentisti di Joe Strummer…

Ma arriva il momento: i tre moschettieri della Mercury chiedono a Joe se è pronto per l'intervista. Ci presentano e mi rendo conto che lui è totalmente in crociera, "drena" da dopo concerto, vino rosso e tutto il resto. Ci spostiamo in un altro camerino e tiro fuori il registratore : ovviamente le domande sul bloc-notes le ho dimenticate in macchina ma chissenefotte, nella testa ho librerie di quesiti. Inizia Marco, chiedendogli del pezzo su Tony Adams , calciatore dell'Arsenal. E qui si apre il vero show. Il santo uscito dal santino sembra delirare in modo bizzarro. Io comunque ne subisco il fascino. Neanche stesse raccontando di miracoli e battaglie. A questo punto il free-style è mio, gli ricordo di quella volta che l'ho incontrato a Milano, nel 1989, ai tempi di "Earthquake Weather": l'avevo visto malaccio. Ora mi sembra stia molto meglio.

A.B.: Ti avevo incontrato in un posto di merda, nel privè di un locale di milanesi,avevi suonato per della gente di merda ed era la prima volta che incontravo a quattr'occhi il mio Generale. Sai non ci potevo credere. Ti senti meno aggressivo come front-man e più comunicatore ora ?
J.S.: Sai, in questi otto anni mi sono chiesto se tutto quello che avevo fatto mi avesse portato saggezza. E la risposta è no. Continuo a cercarla ed acquisirla. Cio ho pensato per dieci anni.E non sono ancora certo di nulla. L'unica cosa di cui mi importa è che Tony Adams diventi il capitano.
A.B.: So che hai tre figli.
J.S.: Si, tre femmine. La più grande ha sette anni.
A.B.: In questi anni ti sei dedicato a loro, alla tua famiglia?
J.S.: Si.
A.B.: Quindi quale è la tua priorità ora : musica o famiglia ?
J.S.: E' una domanda che mi faccio ogni giorno e non c'è mai una risposta. E' un gran casino. Quando segui una strada non puoi lasciarla. Quando sono in tour mi piacerebbe portare la mia famiglia con me, ma è faticoso per una bambina di sette anni viaggiare e dormire su un bus. Lo abbiamo fatto nel tour americano, ma loro adesso sono tornate in Inghilterra e si sono prese una pausa.

Di una pausa sembra averne bisogno anche lui, E' stanco dal concerto, non ha più voce e forse ci vuole troppa concentrazione per cercare di capire il mio inglese. Quello di cui avrei bisogno io invece è una dose di Pentotal da somministrargli per fargli dire tutte le verità sui miracoli compiuti anche a sua insaputa sul mio pianeta. Ma …niente Pentotal e quindi fine dell'intervista.