Da
Londra a Manchester.
Mattina post-concerto. Venerdì 12 luglio. Saluto i ragazzi dei
RadioBrixton e , fresco come una rosa, da King's Cross mi dirigo in metropolitana
verso Elephant and Castle, dove ho l'appuntamento con Rob, uno dei gestori
del sito ufficiale www.strummersite.com e Giuseppe.
Nell'attesa del loro arrivo mi bevo un caffè al baracchino gestito
da un indiano e la sensazione che ne consegue (alla bevuta) è sgradevolissima.
Una vera schifezza! Aveva ragione Agata Christie quando diceva "In
Inghilterra il caffè ha sempre il gusto di un esperimento chimico".
Riparo in un chiosco poco più avanti e mi rifaccio con un cappuccino
"italian style".
Arrivano i due "companeros" in macchina e con mia sorpresa si
ritorna da dove sono partito, e cioè King's Cross Station (con
Rob non è stato semplice prendere accordi la sera prima!) dove
ci aspetta Michael, un simpatico austriaco che parla perfettamente l'inglese
, vecchio fan di Joe + Clash .
Un paio di tramezzini per il pranzo e via, si parte per Manchester, circa
300 Km a nord. L'autostrada si rivela subito molto trafficata, ma non
sarà niente rispetto a quello che ci attende.
Dopo una sosta a casa di Ant, l'altro gestore del sito di Joe, riprendiamo
la strada per Manchester e dopo una mezzora, zona Birmingham , iniziano
le prime code. Siamo bloccati.
L'autostrada diventa una specie di Salerno-Reggio Calabria in versione
anglosassone (Rob mi dice che è sempre così!), piena di
lavori in corso, corsie inagibili ed interruzioni, il tutto condito dal
weekend inglese. Sono ormai le 16,00 (a causa di un mio mezzo casino con
le prenotazioni dei biglietti abbiamo perso altro tempo) ed il concerto
di Joe è fissato per le 18,00 !
Ore di panico in macchina, telefonate frenetiche fra Rob, Ant e l'entourage
di Strummer per sapere per bene i tempi dello show. Finalmente, dopo un
lungo tratto di strada effettuato a passo d'uomo in mezzo alla piatta
campagna inglese, arriviamo alle porte di Manchester, sono le 17,30 e,
grazie alle indicazioni via telefono di un amico di Rob residente in città,
ci avviciniamo veloci al luogo del concerto tramite strade secondarie.
Old
Trafford Cricket Ground
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Il Concerto
Entriamo nello stadio cinque minuti prima delle 18,00. L'Old Trafford
Cricket Ground (niente a che vedere con il mitico Old Trafford calcistico)
è una piccola arena sportiva all'aperto che da subito non mi pare
adatta al sound dei Mescaleros. Ci saranno intorno alle 5-6 mila persone
accorse in particolare per vedere Ian Brown(ex Stone Roses ed idolo di
casa) e soprattutto Paul Weller ancora amatissimo in England. I fan di
Strummer, abbastanza numerosi, sono già sotto il palco, mediamente
più giovani di quelli incontrati a Londra la sera precedente. Parecchie
magliette (nuove) dei Clash, qualche capello punkeggiante in mezzo a diversi
capelli bianchi. Ma quando, alle 18,15 dopo l'annuncio dello speaker,
entra Joe con i Mescaleros, le differenze si annullano in un grande applauso
che è più di un tributo alla carriera, ma è principalmente
affetto, gratitudine, voglia di ascoltare ancora quella voce roca ed inconfondibile.
Joe si presenta pimpante, con fazzoletto rosso combattente. Si vede che
vuole conquistare tutto il pubblico, non solo il "suo" pubblico.
L'attacco un po' in sordina è per Shaktar Donetsk, ma tutto si
rimette a posto con la sempre splendida ed immortale "Rudie Can't
Fail" cantata in coro dal pubblico. Il palco è ampio e permette
a Joe di muoversi senza problemi. Purtroppo la qualità del suono
inizialmente non è perfetta, e ribadisco, queste tipo di arene
estive non mi sembrano particolarmente adatte a valorizzare la proposta
musicale di Joe, che avrebbe bisogno di luoghi più raccolti (in
effetti l'atmosfera è lontana dal pathos creato a Londra la sera
precedente). In ogni caso Strummer prende il tutto molto seriamente, incrociando
gli sguardi con la band alla ricerca della piena collaborazione. Oneste
le versioni di "Bindhi Bhagee" e "Tony Adams", mentre
di livello superiore sono le esecuzioni di "X-Ray Style" e "Get
Down Moses" il nuovo reggae che coinvolge subito la platea.
Joe diffonde grinta e positività , ma devo ribadire la sensazione
(assolutamente personale ed espressa anche nel racconto dello show londinese)
che non tutti i componenti dei Mescaleros rispondano allo stesso modo
alle sollecitazioni di Joe. Sarà un discorso caratteriale, potrebbe
anche essere una mia errata valutazione, ma qualche occhiata non troppo
tenera di Strummer diretta ad alcuni membri dei Mescaleros durante il
live lascia effettivamente perplessi. Non vorrei passare per un intransigente
legato al passato, ma quando sul palco abbondano i sorrisetti distratti,
l'atmosfera complessiva, il feeling che la band trasmette, non è
dei migliori. Ciò detto il concerto si mantiene certamente a discreti
livelli, senza però toccare gli apici di intensità londinesi.
Ovviamente Londra non è Manchester, il gruppo viene da una serie
di date americane che non hanno permesso grande riposo, non tutta la platea
è lì per Strummer, ma in ogni caso i Mescaleros hanno l'obbligo
di dare sempre il massimo in ogni occasione perché suonano insieme
al miglior combat-singer che la storia del rock abbia prodotto (massimo
rispetto, che cazzo!!). Ci fosse uno di noi al loro posto sfascerebbe
la chitarra o il basso ogni sera. O no ??
Proseguo il resoconto per dire che "Johnny Appleseed" e "White
Man in Hammersmith Palais" sono ben eseguite e salutate dal pubblico
con ovazioni ripetute, ed è anche buono il finale in crescendo
di "Police On My Back" con il solito importante lavoro alla
chitarra di Martin Slattery.
Tutto finito. 45 minuti ed una dozzina di pezzi volati via. Joe saluta
con il pugno chiuso e la mano sul cuore la gente sotto il palco che avrebbe
voglia, ovviamente, di altra musica. Ma l'organizzazione inflessibile
(lo scopriremo anche dopo) ha la sua ferrea programmazione da rispettare.
Tocca a
., divertitevi giovani inglesi !
Post-Concerto
Con Giuseppe ed Ant mi dirigo verso la parte "nobile" dello
stadio (tribune numerate, bar, belle ragazze alle informazioni, fiori
ecc..) dalla quale si accede ai camerini. Incontriamo Rob e superiamo
il primo servizio di sicurezza. Siamo in zona riservata "agli amici",
ma di entrare nei camerini non se ne parla. L'atmosfera è ben diversa
rispetto a Londra, e si capisce subito che non sarà facile avvicinarsi
alla band. Dicono che Joe sia impegnato in una lunga conversazione con
Paul Weller (ok, è finita). Escono con una pinta di Guinness in
mano sia Tymon Dogg (sempre molto cordiale ed affabile), sia il giovane
batterista Luke Bullen.
Con vero piacere riesco a conoscere altra gente che segue Joe con una
passione sfrenata. Ad esempio l'effervescente Johnny The Glove del sito
Joe Strummer Database http://clashuk.tripod.com
, ed anche il simpatico Manchester Kev (parla talmente veloce che non
neppure capito se parlava inglese o altro), organizzatore dei servizi
necessari ad ogni live show.
Mi metto a parlare anche con l'amico di Rob residente a Manchester. E'
un ex dipendente della Olivetti UK che ha chiuso i battenti in Inghilterra
circa un anno fa. Si parla di musica, della scena di Manchester e Birmingham
(il mio inglese dignitoso grazie a Dio mi sorregge) e del fatto che lui,
essendo disoccupato, superati i 40 anni ha coraggiosamente scelto di iscriversi
all'università di informatica di Manchester per completare gli
esami e laurearsi.
Sottofondo delle nostre conversazioni è la musica noiosa e ripetiva
di Ian Brown. Molta gente è qui per lui, per ascoltare l'ex ribelle
degli Stone Roses . Sono qui per lui anche una nonna giovanile e la nipotina
di 8-9 anni che ballano insieme mano per mano le pallose (per me) canzoni
proposte. L'immagine della nonnina mi cattura e mi fa riflettere su quanto
siano ancora distanti le culture musicali inglesi ed italiana. Quando
mai riusciremo a vedere una scena simile in Italia?
Svanite le speranze di poter avvicinare Joe ed il resto del gruppo, con
Giuseppe decidiamo di ritornare verso la calca per assistere allo show
di Paul Weller.
Il mod-father si presenta tirato a lucido e con uno stile unico che gli
si deve riconoscere. Gran personaggio ed ottimo musicista, Weller ormai
è un mostro sacro del brit-rock, ammirato dalle giovani band inglesi,
osannato dal pubblico, rispettato dalla critica. Ci vediamo tre-quattro
pezzi e poi a, malincuore, decidiamo insieme ad Ant di rientrare verso
Londra anche perché il viaggio sarà piuttosto lungo. Non
prima però di aver ascoltato la versione di "Magic Bus"
degli Who che Weller ripropone in ogni concerto.
Lungo il viaggio l'immancabile pioggia accompagna i nostri discorsi che
ruotano intorno a Strummer, alla politica, agli scozzesi, agli immigrati.
Michael, l'austriaco, dovrà raggiungere in treno Londra stanotte
stessa, mentre io e Giuseppe lo faremo la mattina dopo.
Ore 11,00. Londra ci attende con una mattinata fantastica. Cielo terso,
brezza leggera, sole pieno. Qualcosa di veramente raro a queste latitudini.
Ci regaliamo così una giornata nel quartiere di Clapham, fra parchi
vestiti a festa e birre al pub. Il commiato non avrebbe potuto essere
più dolce.
Indimenticabile. Ancora grazie a tutti.
Mauro
Zaccuri
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