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Chiunque intuisca la tonalità assolutizzante che accompagna gli eventi significativi dell’adolescenza, potrà capire benissimo l’emozione intensa che provai il giorno in cui vidi dal finestrino della 90 (filobus che percorre la circonvallazione milanese, ndr) che i muri in cemento armato del ponte della Ghisolfa erano stati tapezzati di manifesti che annunciavano l’arrivo di Joe Strummer (sì, proprio lui!) per un concerto gratuito (!) in piazzetta Reale. Finalmente arrivò il grande giorno. Bigiata la scuola (inutilmente, dato che per avere il posto in prima fila sarebbe stato sufficiente presentarsi intorno alle 19.30 e non direttamente dalla mattina!!) e ingannate in vari modi le lunghe ore d’attesa, intorno alle 21.00 le luci dello stage aumentarono di intensità. Era il segnale: lo spettaccolo stava per cominciare e la gente si alzò in piedi. Qualche manciata di minuti ancora e finalmente Joe salì sul palco, accompagnato dalla sua nuova band e accolto dal boato del pubblico come un eroe di altri tempi. Bastò uno sguardo per capire che il personaggio era sempre lo stesso visto sulle copertine dei dischi e sulle videocassette dei Clash: camicia rossa con maniche arrotolate, pantaloni neri e stivaletti. Joe gettò un’occhiata panoramica su piazza Duomo, quasi volesse identificare ogni persona presente, quindi si avvicinò al microfono e ruppe il silenzio con la sua inconfondibile voce: «Hello Milano, it’s fuckin’ cold...». Tutto a posto insomma! Il gruppo attaccò col primo pezzo. L’adesivo “Ignore alien orders” faceva ancora bella mostra di sé sulla consumatissima Telecaster nera che Joe amava suonare con pennate estremamente energiche, di inequivocabile matrice punk (durante il concerto romperà più di una corda... mitico Strummer-Woody!). Come da copione, durante l’esibizione non mancarono le provocazioni di qualche punk oltranzista, ancora fedele all’idea crassiana che collocava i Clash alla stregua di squallidi personaggi venduti al sistema. Il fatto che il concerto fosse gratuito risultò essere addirittura un aggravante, dato che ‘gratis’ in quel caso significava effettivamente “finanziato e sponsorizzato dai socialisti di Craxi”... Verso la fine del concerto, gli esponenti dell’ala dura cominciarono anche a tirare oggetti di vario genere sul palco (a un certo punto una delle tante monetine lanciate dal pubblico colpì Joe su un braccio e egli ringraziò... in italiano!). Per quanto concerne la scaletta, oltre ai brani tratti dall’appena uscito (all’epoca) “Earthquake Weather”, furono ovviamente numerosi i pezzi provenienti dal repertorio Clash: Brand new Cadillac, What’s my name, Armagideon time, City of the dead, I fought the law... Fu una serata davvero speciale, inutile dirlo.
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